I Maneskin alla conquista di Cannes, in completo dorato e sognando Elvis

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di Valerio Cappelli, inviato a Cannes

Damiano e soci nella colonna sonora del film con Tom Hanks dedicato al re del rock

infiammano la Croisette con una mise decisamente luccicante

«Ecco la montee des marches più attesa della 75esima edizione» grida al microfono lo speaker. Ressa delle grandi occasioni e tappeto rosso a ritmo di rock’n’roll con i Maneskin, sullo sfondo di If i can Dream, il brano che il quartetto romano canta nella colonna sonora del film di Baz Luhrmann. E’ il loro debutto nel cinema, ed è l’anteprima del film su Elvis Presley. Caccia al biglietto, bizzarrie (un fotografo travestito dal re del rock a sua volta paparazzato) proiezione blindata e party esclusivo della Warner che lo fa uscire il 24.

Ecco Damiano, in completo dorato, dalla testa ai piedi, la voce, che si fa un selfie postando «mi fumo le Cannes». Ha detto: «Elvis ha creato l’idea della superstar nella musica, ha influenzato tutti gli artisti, ha portato la musica nera verso il pubblico bianco, ha cambiato le cose intrecciando le culture quando tutto era separato». La stessa energia, stesse origini, musicisti venuti dal nulla, e il sogno di Elvis sta diventando il sogno dei Maneskin. Un film su un eroe musicale del tutto dimenticato, parabola perfetta per raccontare l’America degli Anni ’50 e ’60, una figura epica che racconta un intero paese, e che poi al precoce crepuscolo divenne maschera deforme del sogno infranto, la perdita dell’innocenza. Il protagonista, Austin Butler, aiutato dal team prostetico, alla fine appare in sovrappeso, malandato di salute: «Elvis incarna così tante idee che sembra abbia vissuto cento anni». Ne vivrà soltanto 42, muore nel 1977.

Ma riandiamo alla scossa elettrica che ha incendiato il tappeto rosso con i Maneskin, la band al centro di un fenomeno quasi inspiegabile, che interpreta i sentimenti fluidi e liberi della generazione 0, che vince a Sanremo, Eurovision e conquista il territorio appannaggio delle band anglosassoni. Ma non rubano la scena a Tom Hanks, i capelli corti corti, nei panni del colonnello Tom Parker, manager di Presley e dice: «Non era nemmeno colonnello, era un genio e una canaglia, taccagno e businessman, ma anche un pioniere dello show business. Ha capito l’unicità di Elvis, il suo grande potenziale, capì che se non ci avesse fatto lui i soldi, li avrebbe fatti qualcun altro». «Sei pronto a volare? Tutta l’America parlerà di te», gli dice, lo prese sotto la sua ala nel 1955, Elvis aveva 20 anni. E il film racconta come sono andate le cose dal suo punto di vista.

Ecco Elvis agli esordi, uno del pubblico vedendolo con quel ciuffo brillantinato così nuovo gli gridò: «Ehi, vatti a tagliare i capelli». «In quel momento – dice Parker – ho visto un ragazzo trasformarsi in un super eroe». E il film racconta come sono andate le cose dal suo punto di vista. C’è tutto, le urla isteriche, le braccia protese del pubblico verso il palco, in cerca di un dio indemoniato con gli abiti sfrangiati o di cuoio, il bacino ondeggiante all’epoca provocatorio che accese la fantasia di Celentano, l’influenza nera del gospel, la spiritualità, la solitudine di lui che, nascosto, armeggiando al piano canta Are you lonesome tonight?, la perdita di sé. Parker-Hanks gli dice: «Siamo simili, tu ed io, siamo due bizzarri bambini solitari in cerca dell’eternità». Priscilla Presley, 77 anni, vedova del cantante, interpretata da Olivia DeJonge, entrò in quella vita caotica. Oggi commenta: «Penso che si capirà un po’ meglio il viaggio di Elvis».

25 maggio 2022 (modifica il 25 maggio 2022 | 19:14)

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, 2022-05-25 19:25:00, Damiano e soci nella colonna sonora del film con Tom Hanks dedicato al re del rock  infiammano la Croisette con una mise decisamente luccicante  , Valerio Cappelli, inviato a Cannes

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