Fratelli Bianchi, colloqui in carcere per preparare la nuova difesa

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di Fulvio Fiano

I due di Artena detenuti a Rebibbia hanno incontrato i nuovi legali in vista del possibile Appello e sono tornati fiduciosi. Allo studio tutte le testimonianze che li incastrano

Dopo la mazzata della condanna all’ergastolo ad inizio luglio, gli sfoghi verbali e gestuali nell’aula del tribunale di Frosinone contro la decisione della corte d’Assise che reputano ingiusta e influenzata dall’attenzione mediatica sul caso, Marco e Gabriele Bianchi arrivano all’ultima parte della loro seconda estate in carcere con una ritrovata fiducia di poter ribaltare o almeno smussare le accuse a proprio carico.

Prima della pausa estiva i due fratelli di Artena, ritenuti i principali responsabili dell’omicidio di Willy Monteiro Duarte il 6 settembre 2020 a Colleferro, hanno incontrato i loro nuovi legali, Ippolita Naso e Valerio Spigarelli per il 28enne Gabriele, Pasquale Ciampa per il 26 enne Marco. Il contenuto dei colloqui è ovviamente riservato, ma agli occhi di chi li ha potuti vedere i fratelli Bianchi sono apparsi rinfrancati. Massimiliano Pica, l’avvocato che li ha seguiti in questo processo e in altre vicende giudiziarie che li vedono indagati (e in un caso già condannati in secondo grado) ha rimesso tutti i mandati per «diversità di vedute» con i suoi assistiti. Un rapporto logorato anche dalle tensioni processuali che spetta ora ai colleghi del foro di Roma raccogliere.

Appena rientrati dalle ferie i nuovi difensori dei due lottatori di Mma si sono messi al lavoro per esaminare la grande mole di carte dell’inchiesta. Ci sono quasi cinquanta testimonianze da leggere e mettere a confronto in cerca di margini per incardinare la linea difensiva, ci sono filmati di videocamere da vedere e intrecciare con il racconto dei presenti, ci sono prove scientifiche da passare al vaglio. I tempi però sono stretti, perché i 90 giorni per il deposito delle motivazioni della sentenza di primo grado scadono a inizio ottobre e per quella data bisognerà aver chiaro il quadro della situazione fin nei dettagli per poter poi proporre un fondato ricorso in appello. Su quali punti insisteranno i difensori è prematuro dirlo, proprio perché mancano ancora i ragionamenti dei giudici di corte d’Assise dai quali partire. Qui proviamo a ipotizzare qualche contromossa, partendo dagli spunti emersi dal processo concluso con la condanna anche di Francesco Belleggia e Mario Pincarelli (23 e 21 anni di condanna rispettivamente).

Tutto, o molto, ruota attorno alle testimonianze dei ragazzi delle diverse comitive che hanno assistito alla prima lite tra Belleggia e i ragazzi di un’altra comitiva e al successivo irrompere dei Bianchi, che alla cieca si sono scagliati nella ressa, colpendo il 21enne di Paliano con origini capoverdiane. In 26, secondo il i pm della procura ciociara, hanno riconosciuto Gabriele come quello che ha sferrato il primo calcio al petto di Willy, per poi vederlo colpire di nuovo il ragazzo a terra assieme a suo fratello Marco. La procura, nella sua requisitoria accolta dai giudici, ha incluso nel pestaggio anche Pincarelli e Belleggia parlando di condotta di quattro contro uno, «il branco contro un soggetto che subisce la devastazione… la quantità di segni sul corpo della vittima sono la conseguenza, e danno la percezione, della furia che si è scatenata su Willy». In questo concorso in omicidio ci potrebbero essere spazi per ridefinire le singole posizioni, come hanno già provato a fare anche gli avvocati degli altri due imputati nel corso del processo. Di fatto i quattro condannati per l’omicidio si accusano a vicenda e torneranno a farlo in secondo grado.

Le altre prove che la difesa dei Bianchi potrebbe attaccare sono le tracce di dna di Willy su una scarpa di Belleggia (i due fratelli sostengono che sia stato lui a colpire al volto il 21enne) e la mancanza di immagini che raccontino la scena al di là delle testimonianze. Nei frame recuperati dalle videocamere di zona si vede arrivare il loro Suv e li si vede allontanarsi, ma la scena non viene ripresa. «Il buio e la confusione rendono inattendibili le testimonianze» è stato sostenuto in primo grado. E ancora, la difesa dei due fratelli si è concentrata a processo anche sulla esatta collocazione degli aggressori e dei testimoni sulla scena del pestaggio, ancora una volta per provare a dimostrare che le ricostruzioni offerte ai giudici sono da prendere con le molle. Dei due fratelli di Artena l’unico a prendersi qualche responsabilità è stato Marco, ammettendo di aver colpito Willy con un calcio ma su un fianco. Gabriele ha sempre negato di aver preso parte al pestaggio, che invece — secondo le perizie — è stato compiuto proprio da chi sapeva che tipo di conseguenze avrebbero avuto i colpi sferrati sulla vittima. Willy sarebbe morto indipendentemente sia per il calcio al torace che per un successivo colpo alla gola. Una aggravante per chi, come i due imputati esperti di arti marziali, quei colpi stava sferrando.

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31 agosto 2022 (modifica il 1 settembre 2022 | 06:53)

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, 2022-09-01 04:54:00, I due di Artena detenuti a Rebibbia hanno incontrato i nuovi legali in vista del possibile Appello e sono tornati fiduciosi. Allo studio tutte le testimonianze che li incastrano, Fulvio Fiano

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