I libri? «Salvano la vita». Dalla fuga da una zia severa a scrittrice di successo

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di Roberta Scorranese

Sally Baykey racconta la sua vita: dall’affido ai servizi sociali alla scrittura come rivincita, fino all’università di Oxford . E ora vive in una barca ormeggiata sul Tamigi

Oggi Sally Bayley insegna scrittura creativa all’università di Oxford, è una scrittrice di successo (sarà al Festivaletteratura di Mantova l’8 settembre), è così indipendente e forte da scegliere di abitare in una barca ormeggiata sulle rive del Tamigi. Ma nella sua vita non tutto è stato semplice, anzi. «A quattordici anni mi sono presentata spontaneamente ai servizi sociali – racconta – perché non volevo più abitare nella mia casa».

Una storia di letteratura e di vita quella di Bayley, 43 anni, che comincia molto presto, in una di quelle famiglie che la letteratura da un po’ chiama «disfunzionali». Lei stessa la racconta così: «Sono cresciuta in una famiglia dominata da una personalità carismatica: quella di mia zia, Di. Sono cresciuta con dei fratelli in una famiglia con pochi uomini. Gli uomini furono praticamente banditi da mia zia che era una specie di matriarca. La sua forte personalità ha rotto tutti i legami originari con la mia prima famiglia. Quindi mi sono presentata ai servizi sociali. Le famiglie affidatarie, e più tardi la comunità per bambini dove ho trascorso due anni, erano passaggi necessari, o limbi stravaganti (o forse campi profughi), che mi tenevano lontana da un ambiente molto controllante. L’affido è stata una risposta di emergenza al controllo coercitivo di mia zia. La mia risposta a quel controllo, piuttosto severa per la verità (ispirata da Jane Eyre), fu quella di smettere di mangiare. Quando me ne andai di casa ero talmente imbottita di fantasie legate alla letteratura vittoriana che sono arrivata a re-immaginarmi come un’orfana ribelle di Jane Eyre».

La via d’uscita

Ecco però che nella vita di Sally fa la sua comparsa una cosa molto importante: il libro. «Da bambina – continua – avevo bisogno di una via d’uscita dal mondo in cui mi trovavo a vivere. Avevo bisogno di creare una nuova famiglia, quindi sono andata a cercarne una nei libri che leggevo. Jane Eyre e Miss Marple e poi Betsey Trotwood di David Copperfield sono diventate la mia famiglia letteraria, ma erano anche le mie aiutanti investigatrici, avevano il compito di scoprire con me cosa stesse succedendo nello strano mondo degli adulti che mi circondavano». La letteratura le salva la vita, nel vero senso della parola. Soprattutto Shakespeare, che «crea mondi assurdi; il teatro in sé racconta mondi assurdi e la nostra casa, per molti versi, nella mia immaginazione era una pièce di teatro disfunzionale… Era piena di uscite e ingressi, con mia zia sempre arrabbiata, che insultava tutti a destra e a manca. Shakespeare è molto interessato alla natura disordinata del temperamento, alle sfumature della natura umana: leggendolo trovavo quasi tutte le risposte alle mie domande sull’assurdità di certi eventi e comportamenti».

Da Shakespeare ha imparato la relazione teatrale tra i ruoli maschili e femminili, quella specie di dissolvenza tra i generi dovuta alle convenzioni del suo tempo, in cui gli uomini erano culturalmente obbligati a interpretare le parti delle donne. Da bambina Sally è sempre stata attratta da personaggi che vanno oltre i confini del genere e della storia. Durante l’adolescenza, per esempio, ha adottato il personaggio di Jessica de Il mercante di Venezia perché «mi permetteva di passare da ragazza a ragazzo: in termini shakespeariani si tratta di un travestimento teatrale; nella mia storia era anche una tecnica di sopravvivenza di base». Insomma, la lettura diventa la sua uscita di sicurezza, la sua àncora in un mondo difficile e altrimenti insopportabile. E allora, come in una favola moderna, Bayley diventa la prima persona del sistema di assistenza del West Sussex County Council ad aver studiato all’università. Alla St. Andrews university, per la precisione, un istituto molto prestigioso.

La sua carriera è decollata progressivamente. È stata Royal Literary Fund Fellow (2018-2020) e si è distinta tanto nella narrativa che nella saggistica e nella critica letteraria. Ha scritto diversi libri, inclusi due titoli tradotti in Italia da Edizioni Clichy: La ragazza con la colomba (2021), un raffinato memoir che è anche un’autentica dichiarazione d’amore verso i classici, e il romanzo No Boys Play Here (2022). Ma dentro questa donna fluviale, ecco che affiorano le radici. «Quasi tutta la mia scrittura ha le sue radici nella poesia. La poesia è la mia prima passione. Scrivo da quando avevo sette o otto anni. Scrivere è un’abitudine compulsiva ma una compulsione positiva. I miei libri emergono dal suono della voce di mia madre che recita i suoi versi preferiti e poi dalla sua voce che canta. Ricordo i movimenti da sarta, come disponeva i cartamodelli dei vestiti, come marcava gli orli». Prima dei servizi sociali, prima di tutto il resto.

31 agosto 2022 (modifica il 31 agosto 2022 | 18:12)

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