Sofia Raffaelli: «Comaneci chi? Ora vado a cercare. I miei miti nella ginnastica sono altri»

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di Gaia Piccardi

La “formica atomica”ha 18 anni e nella ritmica ha già vinto tutto. Sta alla larga dai social, dal rap e preferisce Rino Gaetano, Celentano e Mia Martini. In casa, con pedana e nastro, ha combinato qualche disastro. «Sapevo che con questo sport sarei andata incontro a una vita un po’ diversa dalle mie coetanee»

C’è una teenager italiana contemporanea che sa a malapena cos’è Facebook («con tutto il rispetto: non appartiene alla mia generazione»), non conosce Twitter («mai usato»), scantona TikTok per evitare il rischio di assuefazione («se ci casco, m’incanto e non vedo nient’altro: meglio di no») e su Instagram ci va solo quando è in sospensione a un metro da terra, impegnata a lanciare una palla, un cerchio, un nastro o una clavetta e a riprenderle al volo, dopo una capovolta e due rovesciamenti, voilà, in un equilibrismo sottile chiamato ginnastica ritmica.

La bolla di Sofia Raffaeli da Chiaravalle (Ancona), classe 2004, ha la forma quadrata della pedana della disciplina sorella dell’artistica, riempita di attrezzi, rischi, sospiri di stupore e occhi bistrati: là dentro non penetrano serie tv («ne vedo pochissime, non mi ricordo l’ultima»), distrazioni futili, endecasillabi intrisi di parolacce di trapper arrabbiati col mondo («parlano troppo: il rap non mi piace»).

Nel piccolo mondo antico di Sofia, la portentosa ginnasta tascabile (160 cm per 40 kg) che quest’anno ha vinto tutto
(16 trionfi in Coppa del Mondo, due ori europei, cinque ori e un bronzo al Mondiale, prima azzurra della ritmica nella storia a conquistare un titolo iridato individuale e il prestigioso concorso all round), c’è a malapena posto per Anna Karenina («la più grande storia d’amore della letteratura») e Rino Gaetano («mamma mi ha insegnato ad ascoltare lui, Ranieri, Celentano, De Gregori, Mia Martini: forse vintage, ma che musica…»), il tablet serve solo per studiare («mi sono diplomata al Liceo delle Scienze Umane di Civitanova e sto per iscrivermi a Psicologia online»), gli oggetti superflui non sono ammessi dal regolamento (interiore): «Ho un vecchio cellulare, che non è un iPhone. I miei mi hanno insegnato che non si spendono soldi per la tecnologia inutile. E alle ricerche su Google, preferisco l’enciclopedia».

Sport di regole ferree, la ritmica: la ripetizione dei gesti come mantra con l’obiettivo dell’esercizio perfetto.
Il centro federale guidato con polso fermo da Emanuela Maccarani è a Desio, Sofia è una solista di classe, partecipa agli stage in Brianza ma si allena nelle Marche con l’ex ginnasta Julieta Cantaluppi e dorme a casa di Maila Morosin, dirigente della ginnastica Fabriano, che chiama mamma due («mamma uno è un po’ gelosa ma sa che le voglio un gran bene»). È Sofia la leader speciale di un movimento (21.263 agonisti, 3.084 tecnici, 1300 società di ginnastica tra ritmica e artistica) che sforna medaglie da vent’anni ma mai, prima di lei, nell’individuale aveva raggiunto punte di tale eccellenza. Aspettando di tornare in gara il 26 novembre nel Grand Prix di Busto Arsizio, questa è la storia di Sofia Raffaeli.

Cinque ori al Mondiale cambiano la vita?

«Ricevo più inviti a Roma e Milano, mi chiedono di fare presenza per la Federazione o la Polizia. Mi fa piacere: la ritmica in Italia è ancora uno sport visto poco. Però mi dispiace saltare l’allenamento: nella mia disciplina devi essere molto costante. E allora mi porto dietro gli attrezzi e mi esercito negli hotel, nelle sale d’aspetto, negli aeroporti».

Impossibile scalzare la religione del calcio in Italia.

«Tutti gli italiani conoscono le regole del pallone, quelle della ritmica invece andrebbero spiegate come a scuola ai bambini. Le serie e i reality sulla ginnastica vanno bene, però non bastano». Perché nel 2022, 46 anni dopo Montreal ‘76, la ginnasta (in generale) più famosa dell’orbe terracqueo è ancora Nadia Comaneci? «Chi?».

Nadia Comaneci.

«Adesso che me l’ha nominata, la vado a cercare. I miei idoli appartengono alla ritmica: Jana Kudrjavceva argento a Rio 2016, elegantissima e pulita, e Linoy Ashram, israeliana, oro a Tokyo 2020. L’anno scorso, sua ultima stagione, ho gareggiato contro di lei: ero senza parole per l’emozione».

Kudrjavceva è moscovita e quest’anno la Russia è stata bandita dalle gare per la guerra. Avrebbe vinto tanto lo stesso, Sofia?

«Non lo so, è mancato il confronto purtroppo: ignoro come sarebbe andata con le russe però sono talmente cambiata che mi sento di dire che sarei stata comunque competitiva. Se penso ai Giochi di Parigi 2024 immagino qualcosa di bello. Se ci saranno le russe, lavorerò ancora di più».

Julieta Cantaluppi, la sua allenatrice, dice che lei ha una maturità non da fresca diciottenne.

«Nella ritmica racconti una storia alla giuria: sono stata Crudelia nelle clavette, Xena nel nastro, un’atleta del Cirque du Soleil nel cerchio. L’espressività è una cosa tua, ci nasci. Poi, crescendo, la migliori. A 7 anni, quando ho incontrato Julieta, ero già coordinata ed espressiva».

La cattiveria della perfida Crudelia con le sue facce truci, però, le ha fatto cadere la clavetta al Mondiale.

«Crudelia parte cattiva ma poi prova a fare del bene. Mi piace la sua doppia anima».

Nel soprannome “formica atomica” si ritrova?

«Se lo inventò Fabrizia D’Ottavio nel 2018, al mio primo Europeo. Ero minuscola ma in pedana esplodevo: una bomba. Ce l’ho sempre nel cuore però sento di non essere più una formichina. Mi piace di più pensarmi come un vulcano: l’ho fatto dipingere sul nastro».

È costretta a una dieta perenne?

«Non è un obbligo e nemmeno una dieta rigida: carboidrati a pranzo, proteine la sera. Quando devo scendere di peso diminuisco le porzioni. E quando voglio gratificarmi scelgo il gelato».

La leggenda narra che con la pedana in salotto, durante la pandemia, ha combinato disastri.

«È un po’ vero: l’ho posata nella casa dei miei, a Chiaravalle, tra tavolo e divano. Allenandomi, ho rotto vari oggetti ma il danno più grave l’ho fatto da bambina, avrò avuto dieci anni: con la bacchetta del nastro ho mandato in mille pezzi il lampadario».

Chi si è arrabbiato di più, papà Gianni (architetto) o mamma Milena (ingegnere)?

«Non ricordo drammi particolari. A mio padre piacciono le piante, ha riempito casa: quando ci lancio dentro le palle, i cerchi o le clavette lui non c’è, mia madre e mio fratello Pietro, che ha 16 anni e tira di scherma a Jesi, mi coprono. Lo scoprirà leggendo questo articolo…».

Nella sua geografia degli affetti ha un ruolo centrale nonno Nello.

«Il papà di mamma, sì. Sono anni che fa il taxista da Chiaravalle a Fabriano per portarmi agli allenamenti: la differenza tra gli attrezzi ormai la conosce, lui è un tifoso sfegatato, è come se stesse recuperando con me il tempo perduto dopo aver impedito a mamma di continuare con la danza perché voleva che studiasse. Ha 75 anni, è un eterno giovanotto: siamo legatissimi, le prime spaccate e i primi ponti li ho fatti a casa sua. Quando sbagli mi fai venire un colpo, mi dice. Ma nonno, non sono infallibile, rispondo. La mia passione è diventata la sua».

Quanta vita reale riesce a penetrare dentro la rigorosa routine quotidiana da ginnasta?

«I libri di scuola la sera, prima di cena. E le passeggiate della domenica: vivo dentro i palazzetti, l’aria fresca mi manca. Sapevo dall’inizio che con la ritmica sarei andata incontro a una vita un po’ diversa dalle mie coetanee. Già alle elementari e alle medie saltavo spesso la scuola per le gare e le compagne mi aiutavano mandandomi gli appunti delle lezioni. La sera esco poco, certo. Però sono sempre riuscita a fare ciò che volevo, non mi lamento. In palestra non mi sono mai ritrovata a pensare: vorrei essere fuori di qui. Magari mi sento stanca fisicamente o mentalmente, ma non sono mai insofferente. Anzi, Julieta dice che sono proprio i momenti in cui ci si sente a disagio quelli in cui si cresce di più».

L’amore, a 18 anni, è tra le priorità?

«Noooo, ancora no! Non ci penso proprio. Per ora è escluso. Magari più avanti. Il mio amore è la ginnastica».

Sembra avere le idee chiarissime, così giovane, Sofia.

«E so già cosa farò dopo la ginnastica: allenerò».

I 18 anni hanno portato con sé grandi novità. Il voto e la patente. Ne parliamo?

«Nonno mi sta dando lezioni di guida e le sue discussioni di politica con papà (uno è di destra e l’altro di sinistra, sembrano cane e gatto) mi hanno aiutata a chiarirmi le idee. Al seggio ero un po’ nervosa, più che alle gare: non sapevo come fare. Poi mi sono sentita utile per l’Italia e l’emozione è passata. Sono entrata nella cabina elettorale con idee precise: mi hanno insegnato che votare è un diritto e un dovere. Tutti in famiglia mi hanno dato la loro opinione, poi io ho fatto una mia sintesi».

Qual è il suo più grande talento, Sofia?

«La coordinazione».

Un difetto?

«Sono molto perfezionista. Quando è troppo, diventa controproducente, me lo dice anche Julieta».

Nella famiglia della ginnastica, la ritmica si sente figlia di un dio minore rispetto all’artistica?

«Servirebbero palestre più nuove e moderne, pedane da distribuire in tutta Italia ma non direi che mi sento penalizzata, tutt’altro. Io con cerchi e nastri mi sono subito divertita, alle ragazzine che iniziano consiglierei di cercare dentro la varietà della ritmica un nuovo mondo in cui immergersi e di scegliere sempre lo sport che piace a loro, non ai genitori, mi raccomando. La ginnastica è una disciplina che fa crescere molto a livello umano. I bambini spesso fanno i capricci, la legge della ginnastica è la legge dell’esistenza: per ottenere qualcosa, si deve lavorare sodo. E io di certo sto facendo la vita che sognavo da piccola».

Come è saggia, Sofia, anche se non sa chi è Nadia Comaneci.

«La saggezza me la passano ogni giorno in pedana le mie allenatrici. Poi toccherà a me insegnarla alle generazioni future. Non è un sacrificio, è una scelta».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

27 ottobre 2022 (modifica il 28 ottobre 2022 | 12:42)

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, 2022-10-28 09:56:00, La “formica atomica”ha 18 anni e nella ritmica ha già vinto tutto. Sta alla larga dai social, dal rap e preferisce Rino Gaetano, Celentano e Mia Martini. In casa, con pedana e nastro, ha combinato qualche disastro. «Sapevo che con questo sport sarei andata incontro a una vita un po’ diversa dalle mie coetanee» , Gaia Piccardi

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