Severodonetsk, il sindaco: «Siamo in ginocchio, ma sapremo rialzarci»

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di Greta Privitera

Il primo cittadino del centro che è diventato il fronte più caldo: «Impossibile evacuare chi è rimasto. Mancano cibo e acqua, rischiamo di morire di fame. Saremo la nuova Mariupol»

Cambia espressione solo una volta, quando lo chiamiamo «sindaco». Accenna un sorriso, ma forse definirlo sorriso è troppo. Dal suo nascondiglio non lontano da Severodonetsk, Oleksandr Struk sembra imperturbabile anche quando parla delle migliaia di morti e del 90 per cento degli edifici danneggiati dai bombardamenti russi. Solo quella parola incrina leggermente l’aria da duro che tiene per tutta la conversazione. Lo rende orgoglioso essere definito così, anche se lui non è esattamente il primo cittadino di Severodonetsk, la città dell’Ucraina orientale nella regione di Lugansk, in Donbass, negli ultimi giorni bersaglio principale dell’offensiva moscovita. «Ufficialmente sono il capo dell’amministrazione cittadina, dal 2020 il Comune non c’è più perché la città si trova ai confini con i territori occupati da Putin ed era diventato troppo difficile amministrarla».

Quando è andato via?

«Domenica scorsa. Vivevo da settimane in un rifugio, negli ultimi giorni è diventato impossibile lavorare in quelle condizioni. Da una settimana i russi bombardano senza sosta e ora si combatte nelle strade, nelle case. Sono entrati in città e l’hanno trasformata in una trappola».

Ieri, Mosca ha dichiarato di aver conquistato quasi tutta Severodonetsk.

«Mentono. I soldati ucraini stanno difendendo con orgoglio ogni angolo, ma rischia di finire male. C’è un dispiegamento di forze russe che non ci immaginavamo, speriamo che i nostri resistano».

Si dice che Severodonetsk può diventare la prossima Mariupol.

«Se passiamo un’altra settimana come questa, sì, saremo la prossima Mariupol: raderanno tutto al suolo».

Quante persone sono rimaste in città?

«Ci risulta 12 o 13 mila. Sono gli ultimi degli ultimi».

In che senso?

«Sono quelli che non sanno dove andare, che non hanno alternative o abbastanza soldi per partire. Quelli che non hanno scelta».

State pensando di evacuarli in qualche modo?

«Sto lavorando per organizzare l’evacuazione dei civili rimasti. Ma per ora è praticamente impossibile, ci sono combattimenti ovunque, è troppo pericoloso. Anche le ong non sanno come muoversi, sono tutti bloccati nei bunker, nella zona industriale. Mi raccontano di persone che escono per andare a prendere l’acqua o un pezzo di pane e vengono uccisi dai soldati russi».

Quanti sono i civili morti?

«Migliaia, ma non sappiamo il numero esatto. Ci sono molti cadaveri rimasti sotto le macerie dei palazzi. Temo che quando tutto questo finirà avremo terribili sorprese».

È morto un reporter francese.

«Sì, è stato ucciso durante le operazioni di evacuazione. Stava coprendo la guerra, ci dispiace molto. Ma non posso dare altre informazioni su di lui».

Com’è la situazione in città?

«Non c’è elettricità da tre settimane, manca l’acqua e le scorte di cibo stanno per finire, dureranno due o tre giorni. Se va avanti così e i russi non ci daranno una tregua la gente morirà non solo per i bombardamenti ma anche per la fame e la sete».

Mosca tenta la conquista totale della regione, Severodonetsk è l’ultimo grande centro abitato rimasto nell’oblast di Lugansk. Che cosa significa una sconfitta?

«Dal punto di vista tattico in realtà non cambierebbe molto. Ma per il morale del popolo ucraino sarebbe gravissimo. Abbiamo bisogno di resistere. Se i russi vincono si sentiranno più forti e non si fermeranno».

Come sono stati gli ultimi otto anni?

«Non facili. C’è la guerra dal 2014 e noi viviamo al confine con i territori occupati. Nel 2020 era iniziata la nostra ricostruzione e ora siamo di nuovo in ginocchio. La mia gente vuole vivere in pace, lavorare, andare a scuola. Sono persone forti, passerà anche questa e ricostruiremo Severodonetsk».

31 maggio 2022 (modifica il 31 maggio 2022 | 22:52)

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, 2022-05-31 22:06:00, Il primo cittadino del centro che è diventato il fronte più caldo: «Impossibile evacuare chi è rimasto. Mancano cibo e acqua, rischiamo di morire di fame. Saremo la nuova Mariupol» , Greta Privitera

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