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Ma i bambini lo guardano?

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Dopo l’indigestione di Macedonia e la seconda bocciatura consecutiva, ho pensato: stiamo allevando la prima generazione che crescerà senza avere mai visto l’Italia ai Mondiali. Poi mi sono chiesto: ma gliene importerà qualcosa?

L’altra sera avevo tre ragazzini a cena e appena ho detto «sta per cominciare la partita» mi hanno risposto all’unisono: «Quale partita?».

Alla loro età, per me la Nazionale era una festa, come il dolce della domenica. Ricordo quando mi nascosi dietro la porta dello studiolo di papà per spiare Italia-Germania 4 a 3, che un fuso balordo aveva collocato a mezzanotte, orario tabù per un bambino.

Allora si andava allo stadio almeno due volte al mese e si giocava a pallone tutti i giorni: nei prati con quello di cuoio e nei cortili con quello di plastica per non ammaccare le auto parcheggiate, ma tanto i proprietari si arrabbiavano lo stesso. Gli allenatori potevano pescare su una base immensa di praticanti destinati a rimanere comunque nel giro, in veste di tifosi.

Ma come può un bambino di oggi appassionarsi a un gioco a cui non gioca per strada e che vede ormai quasi solo in tv, per giunta liofilizzato negli «highlights»? Si dirà: è così ovunque. Di sicuro è così qui. I fuoriclasse non sono programmabili, ma i buoni giocatori e i tifosi del futuro sì: sono il frutto di un movimento di massa che non esiste più.

Il calcio di oggi è una bolla di denaro poggiata sul nulla. Dopo di che, se Berardi non la mette dentro neanche a porta vuota…

Il Caffè di Gramellini vi aspetta qui, da martedì a sabato. Chi è abbonato al Corriere ha a disposizione anche «PrimaOra», la newsletter che permette di iniziare al meglio la giornata. La si può leggere qui.

Chi non è ancora abbonato può trovare qui le modalità per farlo, e avere accesso a tutti i contenuti del sito, tutte le newsletter e i podcast, e all’archivio storico del giornale.

26 marzo 2022, 06:34 – modifica il 26 marzo 2022 | 06:34

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-03-26 05:35:00,

Dopo l’indigestione di Macedonia e la seconda bocciatura consecutiva, ho pensato: stiamo allevando la prima generazione che crescerà senza avere mai visto l’Italia ai Mondiali. Poi mi sono chiesto: ma gliene importerà qualcosa?

L’altra sera avevo tre ragazzini a cena e appena ho detto «sta per cominciare la partita» mi hanno risposto all’unisono: «Quale partita?».

Alla loro età, per me la Nazionale era una festa, come il dolce della domenica. Ricordo quando mi nascosi dietro la porta dello studiolo di papà per spiare Italia-Germania 4 a 3, che un fuso balordo aveva collocato a mezzanotte, orario tabù per un bambino.

Allora si andava allo stadio almeno due volte al mese e si giocava a pallone tutti i giorni: nei prati con quello di cuoio e nei cortili con quello di plastica per non ammaccare le auto parcheggiate, ma tanto i proprietari si arrabbiavano lo stesso. Gli allenatori potevano pescare su una base immensa di praticanti destinati a rimanere comunque nel giro, in veste di tifosi.

Ma come può un bambino di oggi appassionarsi a un gioco a cui non gioca per strada e che vede ormai quasi solo in tv, per giunta liofilizzato negli «highlights»? Si dirà: è così ovunque. Di sicuro è così qui. I fuoriclasse non sono programmabili, ma i buoni giocatori e i tifosi del futuro sì: sono il frutto di un movimento di massa che non esiste più.

Il calcio di oggi è una bolla di denaro poggiata sul nulla. Dopo di che, se Berardi non la mette dentro neanche a porta vuota…

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26 marzo 2022, 06:34 – modifica il 26 marzo 2022 | 06:34

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, Massimo Gramellini

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