Il chirurgo diventato profeta del terrore. Dalle Torri gemelle agli appelli sanguinari

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di Giuseppe Sarcina

Cerebrale e sanguinario. Ideologo cavilloso e organizzatore pragmatico. Ayman al-Zawahiri è stato uno degli uomini più pericolosi nel mondo per almeno vent’anni

Cerebrale e sanguinario. Ideologo cavilloso e organizzatore pragmatico. Ayman al-Zawahiri è stato uno degli uomini più pericolosi nel mondo per almeno vent’anni: tra l’inizio degli anni Novanta e la morte del suo boss e fraterno amico, Osama Bin Laden, ucciso il 2 maggio del 2011. Ha contribuito in modo forse decisivo alla pianificazione del più tremendo attentato terroristico dell’epoca moderna: l’attacco alle Torri gemelle e al Pentagono dell’11 settembre 2001. Ed è stato lui a teorizzare la «guerra globale» all’Occidente. Prima a Israele e agli Stati Uniti. Poi a «tutti i nemici dell’Islam». Come scriveva in quello che è considerato il suo «manifesto» nel 1998: «Uccidere gli americani e i loro alleati, civili o militari che siano, è un dovere individuale per ogni musulmano, in qualunque Paese si trovi».

La parabola di al-Zawahiri forse era già vicina alla sua naturale conclusione. Secondo i servizi segreti americani era malato e da tempo confinato in una posizione laterale nella galassia del terrorismo di matrice islamica. I leader, i nuovi centri propulsori, nel frattempo, si erano spostati dall’Afghanistan e dal Pakistan alla Siria, all’Iraq, alla Libia. Tuttavia il «dottore» restava il leader di al-Qaeda e, di tanto in tanto, riaffiorava con qualche video o qualche scritto, incitando sempre alla violenza. È stato il tratto costante della sua vita, fin dalla sua giovinezza al Cairo, dove era nato 71 anni fa. Figlio di un professore di farmacologia e nipote della presidente dell’Università del Cairo, Zawahiri si laurea con profitto in medicina (qui, la sua fotostoria). Ma nello stesso tempo viene affascinato dall’islamismo radicale, predicato dallo zio Mafhouz Azzam, un critico severo dei governi laici alla guida dell’Egitto negli anni Settanta. Il giovane medico comincia a frequentare le riunioni carbonare dei «Fratelli musulmani» e poi fonda la sua prima organizzazione sovversiva, Jamaat al-Jihad. Obiettivo: rovesciare i leader «infedeli» e instaurare la teocrazia islamica. Oltre ai libri e agli scritti, studia anche le tecniche di guerriglia e le azioni armate.

È coinvolto nell’attentato che costa la vita al presidente Anwar Sadat, il 6 ottobre del 1981. Viene arrestato e passa tre anni nelle galere egiziane. Racconterà poi di essere stato torturato. Quando esce comincia la sua peregrinazione in cerca di un luogo da dove ripartire, ormai immerso nella logica della «guerra santa». Si avvicina ai mujahiddin afghani. Lì, al confine con il Pakistan incrocia un infuocato giovane proveniente dall’aristocrazia saudita. I due si fiutano, si riconoscono. Nasce il ticket più micidiale del terrorismo mondiale. Osama bin-Laden numero 1; Al Zawahiri, numero 2. L’egiziano decide di fondere la sua organizzazione in quella ideata da Osama: Al-Qaeda, la Base. Ricca, ambiziosa, visionaria, terrificante. I ruoli sono chiari. Bin-Laden è la figura carismatica, il catalizzatore dei consensi, il reclutatore di giovani disposti a morire per la causa. Il medico egiziano mette a punto le strategie: serve un salto di qualità. Non è più sufficiente colpire i regimi corrotti dei Paesi arabi. Bisogna spezzare l’impalcatura che li regge, bisogna annichilire gli Stati Uniti, il «nemico lontano».

Così matura l’11 settembre. E, stando alle ricostruzioni della Cia, Al-Zawahiri immaginava quella catastrofe semplicemente come il punto di partenza di una campagna di terrore mai vista. La guerra condotta dagli americani e dagli alleati in Afghanistan avrebbe interrotto il suo piano di procurarsi armi chimiche e biologiche.In realtà è proprio in quel momento che inizia il suo declino. Si rifugia con la moglie e i sei figli in Pakistan. Sfugge ad almeno un paio di blitz. In uno di questi la sua sposa resta intrappolata tra le macerie e poco dopo morirà. La coppia Obama- Al-Zawahiri comincia a perdere influenza. Emergono altri protagonisti, altri progetti. Su tutti il Califfato islamico, inseguito da Al Zarqawi. Nel frattempo la Cia continua la caccia: cade Bin-Laden. È il colpo letale per Al-Qaeda. Il numero due si ritrova al vertice, sopravvive per undici anni. Ma non c’è più spazio per un’altra controffensiva. Il «nemico lontano» lo raggiunge con un drone, lo spirito dei nuovi tempi.

2 agosto 2022 (modifica il 2 agosto 2022 | 02:44)

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