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Tumori ereditari in famiglia: ancora troppe differenze in Italia per il test per i geni BRCA (utile a maschi e femmine)

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di Vera Martinella

Conoscere se si è portatori della mutazione serve a chi ha una diagnosi di cancro a seno, ovaio, prostata e pancreas per stabilire le terapie più efficaci. E ai familiari sani, che sono più a rischio di ammalarsi, per la prevenzione

La mutazione dei geni BRCA (quelli divenuti «famosi» per aver spinto l’attrice Angelina Jolie a sottoporsi a una mastectomia e alla rimozione di tube e ovaie per non ammalarsi di cancro) non è soltanto una «questione femminile» perché è stata collegata a una maggior probabilità di sviluppare cancro a seno, ovaio, prostata e pancreas. E non interessa soltanto i malati, ma anche i loro familiari sani: i test disponibili per verificare la presenza o meno dell’alterazione dei geni BRCA1 e BRCA2 sono infatti preziosi sia per individuare le terapie personalizzate più appropriate ed efficaci nei pazienti che già hanno una diagnosi di tumore, sia per far adottare le opportune misure di prevenzione nelle persone sane che risultassero portatrici dei geni BRCA mutati.

Test e diritti dei malati: troppe differenze fra Regioni

Di prevenzione, cure e diritti di malati e familiari si è parlato nei giorni scorsi al Policlinico Gemelli a Roma durante il convegno «BRCA e oltre: nuovi bersagli, vecchi confini» promosso dall’associazione aBRCAdabra, la prima nata per i portatori delle mutazioni oncogenetiche BRCA. «Sono circa 150mila in Italia le persone di entrambi i sessi portatrici della mutazione, più o meno una su 400 — dice la presidente di aBRCAdabra, Ornella Campanella —. Molte sono ignare, inconsapevoli dell’esistenza dei geni e del test e, anche quando sarebbe indicato, non vi si sono sottoposte perché scoraggiate o non adeguatamente indirizzate. Non esiste poi un registro italiano delle persone portatrici della mutazione, il che ci impedisce di avere un’idea chiara della portata dei loro problemi. E  a complicare le cose ci sono poi molte differenze regionali nell’esecuzione di questo esame, che non viene rimborsato in modo uniforme sul territorio nazionale». Nel nostro Paese, infatti, il Sistema sanitario nazionale (Ssn) garantisce l’esame gratuitamente a tutte le persone nelle quali è indicato, femmine o maschi, sani o già malati di tumore. Ma per farlo ci dev’essere una chiara utilità, stabilita secondo precisi criteri che sono uguali su tutto il territorio nazionale. Il test BRCA può però essere effettuato all’interno del Ssn con criteri di accesso diversi a seconda della regione di residenza: in pratica il regime di rimborsabilità varia in base ai territori.

Cosa cambia per chi ha la mutazione

Intercettare un «portatore sano» (ovvero una persona positiva al test BRCA, ma non malata di tumore) permette di offrirgli due strategie di prevenzione: la prima, un programma di sorveglianza «stretta» con alcuni esami diagnostici da eseguire anche ogni sei mesi, diversi da quelli di screening ai quali si sottopone la popolazione generale che permette in alcuni casi (per esempio nel tumore al seno) di identificare l’eventuale insorgenza di un tumore in una fase molto precoce, che può cambiare moltissimo la prognosi della malattia. L’altra strada è offrire la chirurgia preventiva al seno (mastectomia) ed eventualmente anche di tube e ovaie (annessiectomia), ovvero rimuovere quegli organi nei quali potrebbe nascere con elevate probabilità una neoplasia. «Le opzioni chirurgiche richiedono un approccio multidisciplinare che è possibile in molti centri di cura in Italia (come le Breast Unit e i centri specializzati per la chirurgia dell’ovaio) — dice Alberta Ferrari, chirurga senologa del San Matteo di Pavia —. La decisione della donna deve naturalmente tenere conto delle sue scelte di vita, della sua progettualità personale e familiare, del desiderio di maternità, degli esiti della menopausa precoce e di aspetti estetici e naturalmente psicologici. L’interessata deve ricevere tutte le informazioni corrette affinché possa scegliere liberamente quando e se sottoporsi alla chirurgia di riduzione del rischio, sapendo che è al momento l’unica strategia in grado di ridurre in modo significativo il rischio di sviluppare un tumore in questi due organi e in modo particolare nell’ovaio dove, ad oggi, non c’è nemmeno l’opzione della diagnosi precoce su cui puntare».

Consulenza genetica oncologica

«Prima di fare il test, la persona deve eseguire una consulenza genetico-oncologica con uno specialista — sottolinea Domenica Lorusso, ginecologa oncologa del Policlinico Gemelli —. Dopo avere ricostruito la sua storia personale e familiare, sarà proprio lo specialista all’interno di un counselling specifico che, seguendo i criteri elencati nelle linee guida di riferimento, spiegherà alla persona se sia indicato procedere con l’indagine, dove, quale sia il suo significato e cosa si può fare qualora l’esito fosse positivo». Il test oggi ha anche un valore predittivo, cioè indica la possibilità per i pazienti di rispondere a terapie mirate e idonee per la loro patologia: «Esistono infatti farmaci che sono particolarmente efficaci nei pazienti con mutazione del gene BRCA — aggiunge Lorusso —. Le terapie cosiddette target non si decidono in base al singolo organo, ma proprio sulla base del “bersaglio” da colpire. Oggi oltre il 30% dei pazienti oncologici (affetti da tumore ovarico, per esempio) potrebbe ricevere una terapia mirata partendo da analisi genomiche che riscontrano la presenza di alterazioni del Dna». «La premura con donne che hanno il tumore del seno è avere il test genetico in tempo per scegliere la chirurgia migliore e non dover re-intervenire magari dopo una radioterapia con maggior rischio di complicanze — prosegue Ferrari —. Per le donne con carcinoma mammario BRCA mutato la comunità scientifica è abbastanza concorde nel riconoscere che la mastectomia bilaterale sia l’opzione di prima scelta soprattutto se la paziente è giovane ed è al primo evento oncologico, visto che il rischio di sviluppare tumore controlaterale è dell’80%. Per le donne sane, invece, bisogna usare la cautela di capire e selezionare quelle che hanno elaborato la scelta con motivazione forte».

Quali sono i problemi ancora da risolvere

Allo stato attuale solo 7 Regioni hanno approvato il «PDTA (Percorso diagnostico terapeutico assistenziale) alto rischio», ovvero quel documento che definisce chiaramente chi deve fare cosa, come, in che modo e in quanto tempo. «Senza questo le persone sono prive di punti di riferimento clinici, si muovono tra le strutture sanitarie in cerca di risposte, sprecano denaro magari effettuando prestazioni aggiuntive, si spostano in altre Regioni perché non sanno che potrebbero essere curate in modo adeguato nella propria Regione — evidenzia Campanella —. In sole 9 Regioni è stata poi approvata la delibera che ha il codice D97 o D99 che consente la gratuità delle prestazioni diagnostiche previste dal protocollo di sorveglianza. Il costo annuo di queste prestazioni varia da 500 a 1.000 euro a persona per ogni anno. E se in una famiglia ci sono più persone portatrici? E se le persone non possono permetterselo? Il rischio è che il tumore non sia intercettato nella sua fase più precoce con conseguenze a volte fatali». L’associazione aBRCAdabra è anche andata ad approfondire le 9 delibere e sono risultate tutte diverse: cambia il tipo di esame diagnostico, a che età iniziare e per quanto tempo proseguire i controlli. Alcune coprono solo le prestazioni nelle donne, altre si sono aggiornate e includono anche gli uomini. Tutte poi tralasciano la copertura di molte prestazioni, come visite con psiconcologo, gonfiaggio di espansori dopo chirurgia preventiva, disturbi e conseguenze della menopausa. E ancora: la chirurgia di riduzione del rischio non è inclusa nei Lea (Livelli essenziali assistenza), quindi in pratica l’ospedale la effettua a sue spese perché il Ssn non prevede che venga rimborsata. È così remunerata molto poco, come semplice intervento senologico, mentre costa tanto e l’iter ricostruttivo richiede ben oltre i 15 giorni previsti di controlli.

15 marzo 2022 (modifica il 15 marzo 2022 | 19:27)

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, 2022-03-15 18:43:00, Conoscere se si è portatori della mutazione serve a chi ha una diagnosi di cancro a seno, ovaio, prostata e pancreas per stabilire le terapie più efficaci. E ai familiari sani, che sono più a rischio di ammalarsi, per la prevenzione, Vera Martinella

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