Un tetto di cristallo nel Pd

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Mezzogiorno, 15 ottobre 2022 – 09:26 di Luisa Cavaliere Il tetto di cristallo è una figura retorica abusata che allude alla esclusione. Un modo sintetico per dire quanto sia difficile per le donne contrastare le discriminazioni che ne impediscono il cammino. Spesso il tono della protesta ha la fisionomia di un lamento e perde inesorabilmente di forza. La recente vicenda elettorale, che porterà Giorgia Meloni a presiedere il Consiglio dei Ministri, è la prova di quanto inefficace sia insistere su un deficit che si è sensibilmente ridotto. Anche e soprattutto sul piano simbolico. Smentito, continuamente, da varie cariche istituzionali di primo piano e ruoli importantissimi affidati alle donne: basterebbe pensare a Samantha Cristoforetti che volteggia leggera nella sua astronave e testimonia con straordinaria semplicità come la strada capace di infrangere quel tetto sia stata finalmente trovata. A meno che il desiderio paritario, fiammeggiante ad esempio in gran parte delle donne del Pd, non nasconda (malamente) l’esigenza di proteggersi e riprodursi dei gruppi dirigenti femminili. Delle donne che, più o meno consapevolmente, hanno indossato la tuta mimetica e hanno giurato fedeltà al modello maschile facendolo diventare universale. Falsamente universale. E trasformandosi così, senza scampo, in complici dell’accreditamento di un «ordine» che, fra le sue norme costitutive, ha la discriminazione di genere e che tenta incessantemente di far affermare una cultura misogina. La formazione delle liste dell’ultima tornata elettorale è stata una prova crudele di questa complicità. E ancor più ne è prova il lamento post risultato della scarsità delle elette. Ovviamente vanno conosciute e contrastate tutte le discriminazioni, sapendo che la parità non può certamente rispondere agli squilibri. Tocca a tutti e a tutte affrontare questo nodo. Se però si rimane imprigionati nell’ordine rivendicativo, senza avere la forza di passare a quello che assume la differenza come punto di partenza per cambiare alla radice tutto il funzionamento del sistema democratico, si lascerà sguarnita una postazione essenziale per il cambiamento. Bisognerebbe trovare e usare per esempio parole utili agli uomini e alle donne, pratiche che siano testimoni di incontri nei quali far circolare la fecondità del riconoscimento reciproco. Letta invoca e auspica un periodo di opposizione. Salutare perché inedita per un gruppo dirigente che ha governato senza antagonismo e senza richiami alle grandi correnti ideali della sinistra che li ha preceduti. Credo che, pur nello sconforto che la vittoria della destra ha provocato, l’autenticità della scelta oppositiva si vedrà proprio dalla capacità di trasformare la distanza dalla politica istituzionale delle donne. Confesso di nutrire seri dubbi non soltanto sugli uomini ma anche sulle donne che si sono garantite la rielezione in collegi sicuri, salvo poi denunciare ipocritamente l’ispessimento del tetto di cristallo. Ho l’impressione (e lo dico non per assecondare la mia propensione al conflitto) che, al pari di tante altre parole, il Pd cercherà una ricollocazione sedativa anche per questa formula verbale. La verità, ci piaccia o meno, è che questo partito, se eviterà ancora una volta di mettere in gioco la propria identità e di assumersi la responsabilità di quanto è avvenuto, non farà molta strada. Sulla questione femminile come su tutto il resto. 15 ottobre 2022 | 09:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-10-15 07:27:00, Mezzogiorno, 15 ottobre 2022 – 09:26 di Luisa Cavaliere Il tetto di cristallo è una figura retorica abusata che allude alla esclusione. Un modo sintetico per dire quanto sia difficile per le donne contrastare le discriminazioni che ne impediscono il cammino. Spesso il tono della protesta ha la fisionomia di un lamento e perde inesorabilmente di forza. La recente vicenda elettorale, che porterà Giorgia Meloni a presiedere il Consiglio dei Ministri, è la prova di quanto inefficace sia insistere su un deficit che si è sensibilmente ridotto. Anche e soprattutto sul piano simbolico. Smentito, continuamente, da varie cariche istituzionali di primo piano e ruoli importantissimi affidati alle donne: basterebbe pensare a Samantha Cristoforetti che volteggia leggera nella sua astronave e testimonia con straordinaria semplicità come la strada capace di infrangere quel tetto sia stata finalmente trovata. A meno che il desiderio paritario, fiammeggiante ad esempio in gran parte delle donne del Pd, non nasconda (malamente) l’esigenza di proteggersi e riprodursi dei gruppi dirigenti femminili. Delle donne che, più o meno consapevolmente, hanno indossato la tuta mimetica e hanno giurato fedeltà al modello maschile facendolo diventare universale. Falsamente universale. E trasformandosi così, senza scampo, in complici dell’accreditamento di un «ordine» che, fra le sue norme costitutive, ha la discriminazione di genere e che tenta incessantemente di far affermare una cultura misogina. La formazione delle liste dell’ultima tornata elettorale è stata una prova crudele di questa complicità. E ancor più ne è prova il lamento post risultato della scarsità delle elette. Ovviamente vanno conosciute e contrastate tutte le discriminazioni, sapendo che la parità non può certamente rispondere agli squilibri. Tocca a tutti e a tutte affrontare questo nodo. Se però si rimane imprigionati nell’ordine rivendicativo, senza avere la forza di passare a quello che assume la differenza come punto di partenza per cambiare alla radice tutto il funzionamento del sistema democratico, si lascerà sguarnita una postazione essenziale per il cambiamento. Bisognerebbe trovare e usare per esempio parole utili agli uomini e alle donne, pratiche che siano testimoni di incontri nei quali far circolare la fecondità del riconoscimento reciproco. Letta invoca e auspica un periodo di opposizione. Salutare perché inedita per un gruppo dirigente che ha governato senza antagonismo e senza richiami alle grandi correnti ideali della sinistra che li ha preceduti. Credo che, pur nello sconforto che la vittoria della destra ha provocato, l’autenticità della scelta oppositiva si vedrà proprio dalla capacità di trasformare la distanza dalla politica istituzionale delle donne. Confesso di nutrire seri dubbi non soltanto sugli uomini ma anche sulle donne che si sono garantite la rielezione in collegi sicuri, salvo poi denunciare ipocritamente l’ispessimento del tetto di cristallo. Ho l’impressione (e lo dico non per assecondare la mia propensione al conflitto) che, al pari di tante altre parole, il Pd cercherà una ricollocazione sedativa anche per questa formula verbale. La verità, ci piaccia o meno, è che questo partito, se eviterà ancora una volta di mettere in gioco la propria identità e di assumersi la responsabilità di quanto è avvenuto, non farà molta strada. Sulla questione femminile come su tutto il resto. 15 ottobre 2022 | 09:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA ,

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