Samantha e le altre  privilegiate o eccellenze?

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Caro Aldo,

sono una casalinga e aiuto di circa dieci famiglie con bambini e genitori che lavorano. Ho letto più articoli su Samantha Cristoforetti, partita per lo spazio lasciando i bambini al padre, sottolineando con quanta facilità abbia preso questa grande decisione, e facendo sembrare altri milioni di donne madri lavoratrici, delle incapaci. Io posso anche ammirarla o pensare a una svolta generazionale… Ma non ci credo che non abbiano supporti come non li hanno la maggior parte delle famiglie. Avranno tata e colf e governante e cuoca giorno e notte, per non dire un nido privato in casa. Vincono facile, dai. E poi se la mamma è nello spazio, questo papà forse può stare a casa. Mica tutti possono. Quindi, grande donna certamente. L’ammiro e la stimo. Ma modello, proprio no.

Emanuela Basile

Cara Emanuela,

E’ chiaro che Samantha Cristoforetti non è un’italiana media. Storie come quella di Samantha Cristoforetti, però, sono significative dei grandi passi avanti che hanno fatto le donne italiane. Sino a non molto tempo fa, si credeva che esistessero mestieri da uomo e mestieri da donna. Nella mentalità comunque, ad esempio, un «mestiere da donna» era insegnare lettere nei licei. Lei lo sa, gentile signora Basile, che il regime fascista — oggi molto rimpianto — vietò alle donne italiane di insegnare lettere nei licei? Non solo: proibì alle aziende con meno di dieci dipendenti di far lavorare le donne, e fissò nelle altre aziende e nell’amministrazione pubblica un tetto del 10%, riservando il 90% dei posti agli uomini. Le confesso che non lo sapevo, l’ho scoperto da poco. E comunque ancora nei primi anni dell’Italia democratica e repubblicana c’erano mestieri vietati alle donne, ad esempio il magistrato; oggi la maggioranza dei giovani magistrati sono donne. Nel 1946 finalmente le donne poterono votare ed essere elette; ma soltanto nel 1976 venne affidato un ministero a una donna, Tina Anselmi; per trent’anni la democrazia italiana credette di poter fare a meno delle donne. Mi è capitato di discutere con Laura Boldrini sull’opportunità di coniugare al femminile tutti i nomi dei mestieri: mi pareva un po’ una forzatura linguistica che rischia di essere controproducente, forse era meglio far decidere alla singola donna se essere chiamata avvocata o avvocato, ministra o ministro, sindaca o sindaco. Ma forse ha ragione Laura Boldrini, quando sostiene che nessuno si stupisce nel dire «operaia» o «contadina»: mestieri nobilissimi; non si vede quindi perché stupirsi nel dire «ministra» o «sindaca». Astronauta poi suona già femminile. Samantha Cristoforetti è una privilegiata? O è un’eccellenza che ha ben meritato nella vita? Di sicuro aiuta la causa delle donne. Il maschilismo è insegnato ai figli maschi dalle madri; e far litigare le donne tra loro è un’arte, o un trucco, che gli uomini esercitano da decenni per mantenere il potere.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

Storia

«Proponete i referendum per alleviare le sofferenze»

Dopo cinquant’anni e solo in tempi recenti, ho dato un nome alla morte mia madre: sedazione profonda. La sua durò più di dieci giorni. Niente cibo né liquidi, solo morfina e delle gocce scure da passarle sulle labbra che resero mostruoso il suo viso già scavato dalla malattia. In quei giorni tutto era sospeso, tranne la sofferenza: attendevamo che il cuore si fermasse e che arrivasse quell’ultimo respiro che trasforma una persona in «niente» (ero una ragazzina e questo pensai quando arrivò il silenzio «eterno»). Quando mia zia stava per morire, lucida e sofferente, chiesi al medico di turno di darle qualcosa che le alleviasse i dolori. «Signora — mi disse — lei mi sta chiedendo di fare un’eutanasia». «Io le sto chiedendo solo di rendere più lievi le sue ultime ore di vita» — gli risposi, furente per quell’ipocrisia. Poi è toccato a me «pagare pegno» al male non più incurabile, con una lobectomia polmonare. Dopo l’intervento, trascorsi ore che non dimenticherò mai. Insensibile alla morfina, ero in preda a dolori atroci. Ogni millimetrico movimento del torace mi causava fitte lancinanti e a mala pena riuscivo a sospirare. Il dolore fisico è lacerante e inaccettabile. Se invece di indire demenziali referendum sulla giustizia avessero proposto, invece di cassarli, quelli sulla legalizzazione di eutanasia e cannabis, si sarebbe superato abbondantemente il quorum. E, molto probabilmente, vivremmo in un Paese più civile e con meno sofferenze inutili.

Alessandra Pohlers

INVIATECI LE VOSTRE LETTERE

Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

Invia il CV

MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO

Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai. 

Invia l’offerta

GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA

Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

Segnala il caso

VENERDI -L’AMORE

Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

Racconta la storia

SABATO -L’ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

Invia la lettera

DOMENICA – LA STORIA

Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

Invia il racconto

LA FOTO DEL LETTORE

Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

Inviateci le vostre foto su Instagram all’account @corriere

, 2022-06-17 21:42:00,

Caro Aldo,

sono una casalinga e aiuto di circa dieci famiglie con bambini e genitori che lavorano. Ho letto più articoli su Samantha Cristoforetti, partita per lo spazio lasciando i bambini al padre, sottolineando con quanta facilità abbia preso questa grande decisione, e facendo sembrare altri milioni di donne madri lavoratrici, delle incapaci. Io posso anche ammirarla o pensare a una svolta generazionale… Ma non ci credo che non abbiano supporti come non li hanno la maggior parte delle famiglie. Avranno tata e colf e governante e cuoca giorno e notte, per non dire un nido privato in casa. Vincono facile, dai. E poi se la mamma è nello spazio, questo papà forse può stare a casa. Mica tutti possono. Quindi, grande donna certamente. L’ammiro e la stimo. Ma modello, proprio no.

Emanuela Basile

Cara Emanuela,

E’ chiaro che Samantha Cristoforetti non è un’italiana media. Storie come quella di Samantha Cristoforetti, però, sono significative dei grandi passi avanti che hanno fatto le donne italiane. Sino a non molto tempo fa, si credeva che esistessero mestieri da uomo e mestieri da donna. Nella mentalità comunque, ad esempio, un «mestiere da donna» era insegnare lettere nei licei. Lei lo sa, gentile signora Basile, che il regime fascista — oggi molto rimpianto — vietò alle donne italiane di insegnare lettere nei licei? Non solo: proibì alle aziende con meno di dieci dipendenti di far lavorare le donne, e fissò nelle altre aziende e nell’amministrazione pubblica un tetto del 10%, riservando il 90% dei posti agli uomini. Le confesso che non lo sapevo, l’ho scoperto da poco. E comunque ancora nei primi anni dell’Italia democratica e repubblicana c’erano mestieri vietati alle donne, ad esempio il magistrato; oggi la maggioranza dei giovani magistrati sono donne. Nel 1946 finalmente le donne poterono votare ed essere elette; ma soltanto nel 1976 venne affidato un ministero a una donna, Tina Anselmi; per trent’anni la democrazia italiana credette di poter fare a meno delle donne. Mi è capitato di discutere con Laura Boldrini sull’opportunità di coniugare al femminile tutti i nomi dei mestieri: mi pareva un po’ una forzatura linguistica che rischia di essere controproducente, forse era meglio far decidere alla singola donna se essere chiamata avvocata o avvocato, ministra o ministro, sindaca o sindaco. Ma forse ha ragione Laura Boldrini, quando sostiene che nessuno si stupisce nel dire «operaia» o «contadina»: mestieri nobilissimi; non si vede quindi perché stupirsi nel dire «ministra» o «sindaca». Astronauta poi suona già femminile. Samantha Cristoforetti è una privilegiata? O è un’eccellenza che ha ben meritato nella vita? Di sicuro aiuta la causa delle donne. Il maschilismo è insegnato ai figli maschi dalle madri; e far litigare le donne tra loro è un’arte, o un trucco, che gli uomini esercitano da decenni per mantenere il potere.

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Storia

«Proponete i referendum per alleviare le sofferenze»

Dopo cinquant’anni e solo in tempi recenti, ho dato un nome alla morte mia madre: sedazione profonda. La sua durò più di dieci giorni. Niente cibo né liquidi, solo morfina e delle gocce scure da passarle sulle labbra che resero mostruoso il suo viso già scavato dalla malattia. In quei giorni tutto era sospeso, tranne la sofferenza: attendevamo che il cuore si fermasse e che arrivasse quell’ultimo respiro che trasforma una persona in «niente» (ero una ragazzina e questo pensai quando arrivò il silenzio «eterno»). Quando mia zia stava per morire, lucida e sofferente, chiesi al medico di turno di darle qualcosa che le alleviasse i dolori. «Signora — mi disse — lei mi sta chiedendo di fare un’eutanasia». «Io le sto chiedendo solo di rendere più lievi le sue ultime ore di vita» — gli risposi, furente per quell’ipocrisia. Poi è toccato a me «pagare pegno» al male non più incurabile, con una lobectomia polmonare. Dopo l’intervento, trascorsi ore che non dimenticherò mai. Insensibile alla morfina, ero in preda a dolori atroci. Ogni millimetrico movimento del torace mi causava fitte lancinanti e a mala pena riuscivo a sospirare. Il dolore fisico è lacerante e inaccettabile. Se invece di indire demenziali referendum sulla giustizia avessero proposto, invece di cassarli, quelli sulla legalizzazione di eutanasia e cannabis, si sarebbe superato abbondantemente il quorum. E, molto probabilmente, vivremmo in un Paese più civile e con meno sofferenze inutili.

Alessandra Pohlers

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Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

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Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

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Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

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, Aldo Cazzullo

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