Parkinson, quali sono le nuove cure per i tremori (utilizzate anche per controllare quelli «essenziali»)

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di Cesare Peccarisi

La stimolazione cerebrale profonda può affiancare i farmaci nel controllo della malattia. E si affinano le tecniche per le diagnosi precoci

Negli ultimi anni sono stati compiuti progressi significativi per la cura del Parkinson (qui il forum di Corriere Salute). «Un salto in avanti, per esempio, è rappresentato dalla possibilità che ha mostrato la stimolazione cerebrale profonda nota con l’acronimo Dbs dall’inglese Deep brain stimulation — spiega Alfredo Berardelli, ordinario di Neurologia all’Università La Sapienza, di Roma —. Nel 1997 la Food & Drug Administration americana l’ha approvata per il controllo del tremore nel Parkinson e nel tremore essenziale».

Tremore essenziale e Dbs

Che differenza c’è fra il tremore dovuto al Parkinson e quello «essenziale»? «Il tremore essenziale — chiarisce Berardelli, che è anche presidente della Società italiana di neurologia — provoca tremolio durante il movimento e non è accompagnato da altri sintomi del Parkinson, come rallentamento, rigidità muscolare e turbe d’equilibrio. A chi ha il tremore essenziale capita di non poter bere un caffè senza rovesciarlo, mentre il parkinsoniano può farlo perché le sue mani tremano a riposo, quando afferra una tazzina si calmano»

La Dbs è un’alternativa alle medicine? «Nel 2002 si è scoperto che stimolando con la Dbs determinate aree cerebrali si potevano controllare i sintomi del Parkinson su cui i farmaci non riuscivano più ad agire e l’anno dopo è stata approvata anche per la distonia , condizione in cui i muscoli si contraggono disordinatamente e il paziente pare attorcigliarsi su sé stesso» precisa l’esperto. «Molti la consideravano l’ultima spiaggia. Il 2016 è stato l’anno della svolta con la sua approvazione in associazione ai farmaci in chi ha persistenti complicanze motorie anche solo da quattro anni. Col tempo la Dbs è diventata sempre più accurata e, potendosi trattare soggetti sempre più giovani e senza complicanze legate all’età, è diventata una soluzione sicura e al passo coi tempi.

La telemedicina

Grazie alla telehealth ora può essere guidata anche da remoto e c’è pure una versione italiana del professor Alberto Priori dell’Università di Milano che si adatta alle necessità motorie del momento. Con una buona selezione dei pazienti e in Centri all’avanguardia se associata ai farmaci è più efficace dei soli farmaci. L’evoluzione del trattamento è comunque quella verso centri multidisciplinari dove lo stesso giorno si può essere visti dal neurologo, dal neurochirurgo, dallo psichiatra o dall’internista. Spesso i parenti dei malati chiedono se il Parkinson è ereditario.

Le cause e la prevenzione

Si può prevedere in anticipo se ci si ammalerà? «La malattia ha sia cause genetiche, sia ambientali e soprattutto soggettive— specifica Berardelli —. Occorre puntare sempre più sulle caratteristiche di ogni singolo perché in teoria questo ci consente di predire l’evoluzione della malattia e della risposta ai farmaci. Abbiamo individuato la verosimile causa finale della malattia, cioè il cambiamento strutturale di una proteina che tutti abbiamo nel cervello per la memoria. Si chiama sinucleina e può trasformarsi: cambia struttura, si accumula e soffoca i neuroni dopaminergici (quelli che “soffrono” nel Parkinson, ndr), scatenando la malattia. Perché cambi non s’è ancora capito, ma trovare sinucleina alfa (diversa da quella normale) indica se qualcuno si ammalerà e sappiamo già come individuarla, ad esempio nella saliva».

«Intanto sono in corso sperimentazioni per quello che potremmo chiamare “vaccino” per il Parkinson, un anticorpo monoclonale diretto contro questa proteina mutata, simile a quello creato per il coronavirus. Questa può essere la migliore terapia e, con le accelerazioni di produzione farmaceutica indotte dalla pandemia, potrà arrivare entro un anno».

Le novità nei farmaci

Ci sono novità per i farmaci? «A scatenare la malattia è la carenza del neurotrasmettitore dopamina prodotta dai neuroni di alcune aree cerebrali. Sono stati messi a punto trattamenti di soccorso iniettivi, sublinguali o in spray nasale per i pazienti che si bloccano improvvisamente per il cosiddetto freezing, ma il farmaco di riferimento resta la levodopa che è un sostituto della dopamina creato in laboratorio. La prima volta che il paziente la prende sta benissimo, tanto che si parla di “luna di miele terapeutica”».

«Dopo qualche anno l’effetto cala. Vent’anni fa avevamo l’infondato timore che provocasse danni ai neuroni e si pensava che le discinesie, gli strani movimenti involontari che a un certo punto compaiono soprattutto a carico di lingua, bocca e viso ne fossero una conseguenza. Oggi sappiamo che la levodopa non è neurotossica e usarla precocemente e alle giuste dosi non peggiora il decorso della malattia».

La levodopa e i suoi effetti

La durata dell’effetto della levodopa dipende dal dosaggio al quale la si usa? «Per ritardare il ricorso alla levodopa sono stati creati persino farmaci che spremono fino all’ultima goccia i neuroni che producono dopamina, i dopaminoagonisti — illustra Gianni Pezzoli, già direttore del Centro Parkinson degli Istituiti di Perfezionamento di Milano, che è stato uno dei primi a verificare sul campo l’infondatezza dei falsi pregiudizi sulla levodopa andando a curare in Africa subsahariana pazienti che in Occidente sono scomparsi da tempo —. Lì la levodopa non c’era, ma c’erano i cosiddetti pazienti de novo o naïve con lunghi anni di malattia e mai trattati che ci hanno aperto gli occhi. Abbiamo capito che qui cercavamo di ritardare l’uso della levodopa perché ne davamo troppa, mentre alle giuste dosi è il farmaco migliore».

«Facevamo errori anche con i dopamino-agonisti — aggiunge il professor Berardelli —. Se sospesi bruscamente provocano discontrollo degli impulsi trasformando i pazienti in incolpevoli giocatori d’azzardo o in compratori seriali da shopping compulsivo per un’irrefrenabile pulsione al compenso psicologico da troppa dopamina. Vincere al gioco d’azzardo o riempire gli armadi fa aumentare la dopamina e il parkinsoniano trovava così un modo per placare questa sete dopaminergica che noi gli avevamo procurato».

4 maggio 2022 (modifica il 4 maggio 2022 | 21:24)

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, 2022-05-04 19:03:00, La Stimolazione cerebrale profonda può affiancare i farmaci, che si usano sempre meglio, nel controllo della malattia. E si affinano le tecniche per le diagnosi precoci , Cesare Peccarisi

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