Non saranno espulsioni e slogan  a risolvere i problemi del M5S

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Caro direttore,

All’interno del Movimento 5 Stelle siamo alla resa dei conti. L’idillio tra l’ex premier Giuseppe Conte e il ministro Luigi Di Maio, ammesso che ci sia mai stato, è ai titoli di coda. Il dissolvimento del partito fondato da Grillo e Casaleggio è prossimo. Ma ce ne faremo una ragione.

Gabriele Salini

Caro signor Salini,

Credo che il problema non sia farsene una ragione ma capire come è avvenuta la deflagrazione di un movimento che appena 4 anni fa aveva conquistato il voto di un italiano su tre. E che ora non riesce nemmeno a presentare candidati in tante elezioni amministrative e quando li presenta ottiene percentuali risibili. Il Movimento è figlio di una grande illusione, quella che bastasse indirizzare un vaffa a tutta la vecchia classe dirigente per risolvere i problemi del Paese. Un pezzo della vecchia classe dirigente meritava di essere messo da parte ma i nuovi rappresentanti del popolo si sono rivelati presto per quello che erano: un misto di improvvisazione e demagogia con l’aggravante della sicurezza che con i soldi pubblici si potesse dare a tutti un reddito senza creare lavoro, che la crescita non fosse figlia delle capacità di innovazione, competenza e competitività. La realtà è stata rapidamente più forte delle illusioni. La reazione allora è stata diversa: c’è stato chi di fronte agli ostacoli ha raddoppiato la dose di propaganda e di inutile estremismo, coltivando il mito del ritorno alla purezza originaria, e chi invece ha cercato di fare tesoro della lezione accettando la prova del pragmatismo, delle compatibilità, della complessità. Capendo che il nostro mondo è europeo e occidentale e non quello degli autocrati o dei caudilli sudamericani. Purtroppo anche Giuseppe Conte (che pure aveva affrontato la pandemia con il tono del «premier-buon padre di famiglia») diventato leader del partito ha cominciato a utilizzare quei toni estremisti che di solito si sfoderano quando non si riesce ad affrontare i problemi. Ora il movimento Cinque Stelle è sull’orlo dell’ennesima scissione di questa legislatura. Il rischio che si trasformi in un circolo autoreferenziale mentre i loro sostenitori sono scappati diventa sempre più concreto. Non sarà qualche nuova espulsione a far trovare la via d’uscita. Sarebbe meglio che Conte e il suo gruppo dirigente si attrezzassero a dare qualche risposta agli italiani che ai grillini avevano dato fiducia. Ma temo sia già troppo tardi.

, 2022-06-19 21:18:00,

Caro direttore,

All’interno del Movimento 5 Stelle siamo alla resa dei conti. L’idillio tra l’ex premier Giuseppe Conte e il ministro Luigi Di Maio, ammesso che ci sia mai stato, è ai titoli di coda. Il dissolvimento del partito fondato da Grillo e Casaleggio è prossimo. Ma ce ne faremo una ragione.

Gabriele Salini

Caro signor Salini,

Credo che il problema non sia farsene una ragione ma capire come è avvenuta la deflagrazione di un movimento che appena 4 anni fa aveva conquistato il voto di un italiano su tre. E che ora non riesce nemmeno a presentare candidati in tante elezioni amministrative e quando li presenta ottiene percentuali risibili. Il Movimento è figlio di una grande illusione, quella che bastasse indirizzare un vaffa a tutta la vecchia classe dirigente per risolvere i problemi del Paese. Un pezzo della vecchia classe dirigente meritava di essere messo da parte ma i nuovi rappresentanti del popolo si sono rivelati presto per quello che erano: un misto di improvvisazione e demagogia con l’aggravante della sicurezza che con i soldi pubblici si potesse dare a tutti un reddito senza creare lavoro, che la crescita non fosse figlia delle capacità di innovazione, competenza e competitività. La realtà è stata rapidamente più forte delle illusioni. La reazione allora è stata diversa: c’è stato chi di fronte agli ostacoli ha raddoppiato la dose di propaganda e di inutile estremismo, coltivando il mito del ritorno alla purezza originaria, e chi invece ha cercato di fare tesoro della lezione accettando la prova del pragmatismo, delle compatibilità, della complessità. Capendo che il nostro mondo è europeo e occidentale e non quello degli autocrati o dei caudilli sudamericani. Purtroppo anche Giuseppe Conte (che pure aveva affrontato la pandemia con il tono del «premier-buon padre di famiglia») diventato leader del partito ha cominciato a utilizzare quei toni estremisti che di solito si sfoderano quando non si riesce ad affrontare i problemi. Ora il movimento Cinque Stelle è sull’orlo dell’ennesima scissione di questa legislatura. Il rischio che si trasformi in un circolo autoreferenziale mentre i loro sostenitori sono scappati diventa sempre più concreto. Non sarà qualche nuova espulsione a far trovare la via d’uscita. Sarebbe meglio che Conte e il suo gruppo dirigente si attrezzassero a dare qualche risposta agli italiani che ai grillini avevano dato fiducia. Ma temo sia già troppo tardi.

, Luciano Fontana

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