Il modello vesuviano e il diktat di Emiliano

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politeia Mezzogiorno, 11 dicembre 2022 – 09:30 Centrosinistra o sinistra. Questo il dilemma di fronte al quale si trova il Pd di Antonio Polito Sullo stesso numero del Corriere del Mezzogiorno di ieri, anzi sulla stessa pagina, si condensava in poche righe quale sia il vero contenuto politico dello psicodramma del Pd, e quale sia la scelta che quel partito deve fare se vuole continuare ad esistere. Da un lato un articolo di Pier Paolo Baretta, oggi assessore al bilancio di Manfredi e da tempo esponente riformista a 24 carati. Vi si sosteneva che il modello Napoli esportabile, in risposta a una mia Politeia di domenica scorsa, in cui scrivevo che non era esportabile. Sembrerebbe un contrasto, ma in realt Paolo e io siamo in sostanziale accordo. Lui dice infatti che l’alleanza larga che ha portato Manfredi a un ampio successo nelle recenti elezioni comunali pu e anzi dovrebbe essere esportato a tutti gli altri enti locali in cui si elegge direttamente il sindaco con il sistema elettorale del doppio turno. E aggiunge che forse un giorno si potrebbe tentare la stessa strada anche a livello nazionale se, e solo se, si rispettano le condizioni che hanno consentito la vittoria a Napoli. E cio la trasversalit della proposta politica di Manfredi, la cui coalizione comprendeva sinistra e centro, moderati e radicali, ma soprattutto si rivolgeva a tutta la societ napoletana, dagli strati pi deboli alla borghesia professionale, dalle periferie al centro della citt. Solo cos si vince con il 65%, dice Baretta. Egli stesso precisa che la sua analisi, che a noi pare realistica, ben diversa da quella che Goffredo Bettini ha proposto proprio qui, presentando il libro di Fassina da cui nato il nostro dibattito, secondo la quale a vincere a Napoli sarebbe stata un’alleanza delle sinistre, tra Pd e 5Stelle. In pratica, Baretta riporta all’onor del mondo una parola oggi dimenticata e vituperata, e ci centrosinistra; che pure stata la ragion d’essere del Pd, il partito che si candidava a rappresentarlo tutto, e che ha rappresentato la chiave dei suoi successi elettorali, quasi tutti avvenuti nei comuni proprio grazie al sistema elettorale a due turni, l’habitat migliore per far vivere un’alleanza tra diversi. Io penso che Baretta abbia ragione: solo il centrosinistra pu battere le destre, come ogni viene chiamato l’ex centrodestra. E solo il centrosinistra ha dimostrato nel tempo di avere la capacit progettuale, l’ambizione progressista, il respiro riformista che serve per ampliare i propri consensi a una porzione maggioritaria della societ. Non a caso Baretta si sofferma sulla qualit e l’innovazione del programma che ha gonfiato le vele di Manfredi, dopo tanti anni di cattivo governo, e l’ha portato alla vittoria. Nella stessa pagina, invece, un’intervista a Michele Emiliano proponeva una visione delle alleanze politiche e un’idea del messaggio che il Pd dovrebbe mandare all’elettorato diametralmente opposte. Il governatore pugliese, che insieme con De Luca sembra prepararsi a sostenere, come sempre, il candidato favorito alla segretaria del Pd, e cio Bonaccini, approfitta delle primarie per alzare il prezzo dell’aiuto meridionale al vincitore. E gli pone due condizioni: mai, dico mai, allearsi con Calenda e Renzi, praticamente con il centro o con i riformisti al di fuori del Pd, perch con queste persone non possiamo avere nulla a che fare n ora n mai; e sempre, dico sempre, allearsi con i Cinquestelle, perch sono gli unici alleati possibili, perch il fronte del progresso in Italia fatto da Pd e M5S. A parte il fatto che una novit sentire dalla bocca di Emiliano, uno che per vincere le elezioni in Puglia si alleato anche con gli ex missini, tanta intransigenza morale sulle alleanze con Calenda e Renzi, comunque significativo e quasi emblematico il contrasto delle due linee espresse nella stessa pagina da due esponenti dello stesso partito. Centrosinistra o sinistra. Questo il dilemma di fronte al quale si trova il Pd. Vale solo la pena di ricordare, en passant, che la sinistra da sola stata, , e probabilmente sempre sar minoritaria in questo paese, e anzi capace di spaventare cos tanto i ceti moderati da riuscire a coalizzare contro di s un fronte abbastanza ampio da poterla battere agevolmente. Ancora oggi, alle ultime elezioni, i voti di Pd e Cinquestelle insieme arrivano a stento a un terzo dell’elettorato. Insufficienti a vincere. Mentre invece il centrosinistra, che non consiste solo in una somma di pi soggetti diversi, ma anche una proposta politica pi aperta, pi inclusiva, pi costruita su programmi di governo realistici e riformisti, si dimostrato pi volte capace di vincere, nelle grandi citt e anche in alcune regioni, con o senza i Cinquestelle. Manfredi l’espressione di questa seconda ipotesi, come correttamente scrive Baretta. Per trasversalit di proposta e anche di alleanze ( bene ricordare che anche Renzi lo sosteneva alle elezioni). Per questo il suo modello esportabile, come scrive Baretta, l dove l’elezione diretta a doppio turno lo consente (ed ecco perch anche il Pd dovrebbe battersi per l’elezione diretta del capo del governo, che per me si chiama presidenzialismo). Ma non esportabile, come ho scritto io, a livello nazionale, almeno finch il Pd non torna alla vocazione maggioritaria per cui nato quindici anni fa, respingendo le sirene che lo spingono oggi a inseguire le minoranze, nella speranza o nell’illusione che prima o poi, sommate, facciano una maggioranza. 11 dicembre 2022 | 09:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-12-11 08:31:00, Centrosinistra o sinistra. Questo è il dilemma di fronte al quale si trova il Pd,

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