Marta Russo: venticinque anni dopo, i misteri del caso. Dalla pistola mai trovata al movente che non c’è

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di Ilaria Sacchettoni

Era il 9 maggio 1997 quando un colpo partì dalla finestra al primo piano della palazzina di Giurisprudenza. Le condanne per omicidio colposo e favoreggiamento di Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro. Il libro della sorella di Marta.

Venticinque anni dopo arma e movente sono ancora un mistero. La prima, la pistola che fece fuoco dalla finestra dell’aula di giurisprudenza non è mai stata ritrovata. Il secondo, il motivo per il quale si sparò quel colpo, è tuttora avvolto dai dubbi: esercizio di due menti fascinate dal superomismo nietzchiano? Basta per capire che il caso Marta Russo, la morte della studentessa di legge a passeggio per i vialetti dell’Università La Sapienza, il 9 maggio del 1997, è lontano dal dirsi concluso.

Quella mattina, sono le undici e quaranta, la ventiduenne attraversa la cittadella universitaria in compagnia di Iolanda Ricci, una sua compagna di studi. La ragazza cade a terra, colpita e subito scattano i soccorsi. Ma nulla da fare, Marta morirà cinque giorni dopo all’ospedale. L’inchiesta della Procura di Roma si annuncia in salita. Pochi (e spaventati) testimoni, tra i quali la dipendente dell’Università Gabriella Alletto, ricostruiscono, in modo parziale, i fatti. Il tramestio fra due giovani assistenti universitari Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro nell’aula 6 al primo piano della facoltà di Gurisprudenza, il fulmineo passaggio di un’arma dalle mani dell’uno (Ferraro) in quelle dell’altro (Scattone). Perfino il gesto di disperazione o disappunto di Scattone, a tragedia avvenuta.

Manca tuttavia il movente. Si congettura sulla possibilità che quel tiro al bersaglio fosse una messa in scena frequente, destinata a non fare danno ma solo ad accendere l’adrenalina di due giovani discepoli di teorie nietzchiane. Un gioco finito male, insomma. I due finiscono agli arresti. Il magistrato dell’epoca Carlo Lasperanza punta ad accreditare l’ipotesi di omicidio volontario, sostenendo che i due, con il loro comportamento, hanno accettato la possibilità del dolo eventuale, il rischio di una morte accidentale (poi effettivamente avvenuta) e chiede condanne esemplari. Scattone e Ferraro si dichiarano tuttavia innocenti.

Alla fine di un complesso iter giudiziario i due sconteranno condanne lievi rispetto alla gravità dei fatti. Cinque anni e quattro mesi per omicidio colposo sono andati a Scattone, mentre quattro anni e due mesi per favoreggiamento a Ferraro. «La premessa conclusiva della Corte del disposto rinvio è che al termine del processo si sa che Giovanni Scattone ha sparato ma non si sa né perché né come» si legge nella sentenza. Un libro di Tiziana Russo, sorella di Marta, tenterà di provocare qualche effetto attraverso un appello rivolto a chi portò l’arma dalla quale fu esploso il proiettile calibro 22 che uccise la studentessa. Ma finora ha prevalso il silenzio.

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12 giugno 2022 (modifica il 12 giugno 2022 | 13:28)

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, 2022-06-12 12:03:00, Era il 9 maggio 1997 quando un colpo partì dalla finestra al primo piano della palazzina di Giurisprudenza. Le condanne per omicidio colposo e favoreggiamento di Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro. Il libro della sorella di Marta. , Ilaria Sacchettoni

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