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«L’omicidio? Decidano i sauditi». A rischio il processo Khashoggi

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di Monica Ricci Sargentinil pm turco: caso all’Arabia. La fidanzata del giornalista: i killer non indagano su loro stessi. La corte prima di decidere chiederà il parere del ministero della Giustizia diretto da Mevlut Cavusoglu Il processo sull’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi potrebbe essere al capolinea. Ieri il pubblico ministero ha chiesto ai giudici del tribunale di Istanbul di trasferire il caso in Arabia Saudita. La corte prima di decidere chiederà il parere del ministero della Giustizia diretto da Mevlut Cavusoglu che, nel 2021, si era recato in visita ufficiale a Riad per la prima volta in quasi 4 anni proprio per rafforzare le relazioni tra i due Paesi. Giornalista saudita di fama internazionale e critico del principe ereditario Mohammed Bin Salman (Mbs), Khashoggi è stato ucciso nel consolato di Riad a Istanbul il 2 ottobre 2018. La sua morte provocò forti tensioni tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che era amico del giornalista, e Mbs che è stato considerato tra i mandanti dell’omicidio da varie inchieste portate avanti dall’Onu e dalla Cia. All’epoca la Turchia diede un grande contributo alle indagini fornendo registrazioni, video di sorveglianza e altri materiali che dimostrarono come una squadra di agenti sauditi si era recata a Istanbul e aveva aspettato nel consolato saudita Khashoggi per poi ucciderlo, smembrare il corpo e farlo sparire. L’indignazione turca e le accuse che ne seguirono misero a dura prova le relazioni tra i due Paesi e portarono a un boicottaggio saudita non dichiarato dei beni turchi tanto che le esportazioni verso Riad diminuirono del 90%. Oggi, però, la situazione è cambiata. Erdogan, a causa della dura crisi economica, ha cercato di recuperare i rapporti sia con il Regno saudita che con altri Paesi mediorentali. E Ankara ha perso interesse nel processo, che era considerato simbolico perché gli imputati, ventisei sauditi, tra cui due persone molto vicine a Mbs, sono latitanti. Recentemente la corte aveva rifiutato di accogliere come prova un rapporto dell’intelligence americana in cui si sosteneva che il principe ereditario Mbs aveva approvato l’omicidio. Nel 2019 l’Arabia Saudita aveva processato 19 persone per il delitto. Nel 2020 si era arrivati alla condanna per otto di loro mentre altri tre, che erano funzionari per la sicurezza di alto livello, erano stati assolti. Le identità degli imputati giudicati colpevoli non erano però state rivelate, a quel punto i giudici turchi avevano chiesto di acquisire la sentenza per evitare di processare le stesse persone due volte ma le autorità saudite avevano risposto chiedendo il trasferimento del caso a Riad in modo da poter valutare loro le accuse contro i 26 imputati. Agnes Callamard, che nel 2020 era la relatrice speciale delle Nazioni Unite autrice del rapporto che accusa Mbs, parlò di un processo farsa «i cui ideatori non solo rimangono liberi ma non sono mai stati nemmeno indagati». L’attivista francese ora è la segretaria generale di Amnesty International e ieri ha accusato Ankara di «tradire» Khashoggi e la giustizia. «Nulla di sorprendente — ha commentato su Twitter — Dopotutto la Turchia ha un numero record di giornalisti in carcere». Giovedì all’udienza era presente anche Hatice Cengiz, la fidanzata del giornalista, che si è dichiarata affranta: «Sappiamo tutti che le autorità saudite non faranno nulla. Come faccio ad aspettarmi che gli assassini indaghino su se stessi?». Mentre il rappresentante di Reporter senza frontiere in Turchia Erol Onderoglu ha parlato di «morte della giustizia» . 31 marzo 2022 (modifica il 31 marzo 2022 | 21:39) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-03-31 19:40:00, l pm turco: caso all’Arabia. La fidanzata del giornalista: i killer non indagano su loro stessi. La corte prima di decidere chiederà il parere del ministero della Giustizia diretto da Mevlut Cavusoglu, Monica Ricci Sargentini

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