Il «Credo» per rilanciarsi: la campagna del leader esalta la Lega di governo

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di Cesare ZapperiNell’«atto di fede laica» citati governatori e sindaci. Centrale l’immigrazione, come ai tempi del Viminale Lo slogan «Credo» che scandirà la campagna elettorale leghista è come un abito di sartoria fatto su misura, malgrado la sua tendenza all’informalità e al casual, per Matteo Salvini. Il leader volitivo e assertivo, che dalle tribune proclama spesso che «volere è potere», si appresta a vivere i prossimi quaranta giorni lasciando da parte l’anima di lotta per far leva su quella di governo. Implicitamente anche per marcare la differenza da Fratelli d’Italia, che rispetto alla Lega può vantare pochissimi amministratori (governatori e sindaci) e sparute esperienze di governo. «“Credo” è un atto di fede laica nella bella politica e nel bello della democrazia — spiega Salvini lanciando la campagna sui social in contemporanea al deposito del programma elettorale— . È un messaggio che appare rivoluzionario in un’epoca di sfiducia e di perdita di sicurezze. “Credo” che il nostro programma sia chiaro, concreto e di buonsenso, soprattutto perché riparte da promesse già mantenute, da riforme già fatte, da soluzioni già trovate e sperimentate». Non a caso ricorda i presidenti di Regione (con il veneto Luca Zaia, per esempio, è protagonista di manifesti ad hoc incentrati sull’Autonomia), gli 800 sindaci e gli oltre seimila amministratori del Carroccio. Il segretario leghista intende ripartire dalla sua esperienza al Viminale. Forse perché allora toccò vette mai più raggiunte nei seggi (alle Europee del 2019) e nei sondaggi, Salvini è convinto che quella fu una sorta di mini «età dell’oro» per la sua figura di ministro e, conseguentemente per la sua parte politica. E allora ecco che da qualche settimana, senza che si sia mai abbassata la soglia di attenzione, il tema della lotta all’immigrazione è tornato prepotentemente ad occupare uno spazio di primo piano nella arrembante campagna che la «Bestia» (la macchina della propaganda del Carroccio) conduce sui social. «Credo che il contrasto ai trafficanti di esseri umani e lo stop agli sbarchi clandestini siano una priorità — recita ancora il manifesto salviniano —. Credo di aver dimostrato di saperlo fare, anche a costo di numerosi processi che affronto a testa alta». I cavalli di battaglia della narrazione leghista ci sono tutti e si sono visti, simbolicamente, nella serata di venerdì quando è stato lanciato lo slogan «Credo» illuminando la Stazione Centrale di Milano (sicurezza), l’Inps (pensioni), l’Agenzia delle Entrate (tasse) e il porto di Lampedusa (immigrazione). Ma c’è anche spazio per l’energia («credo nell’indipendenza energetica fondata sullo sviluppo di tutte le fonti alternative e sul nucleare di nuova generazione, sicuro e pulito»), la politica estera («credo nella storica collocazione internazionale dell’Italia»), la demografia («Credo nella tutela della famiglia, che le culle vuote siano tra i problemi più gravi e che sia prioritario supportare chi è già genitore e chi desidera diventarlo»), la giustizia e la scuola. Quanto al modo in cui sarà condotta la campagna, Salvini conta di ridurre le esternazioni mediatiche, concentrandosi sugli appuntamenti in piazza (a loro volta in numero inferiore rispetto ai trend abituali). Ma soprattutto, punta a un lavoro di squadra, chiamando alla condivisione proprio gli amministratori di cui fa vanto (mossa utile, nel caso di un risultato elettorale non brillante, a spartirsi anche le responsabilità). Per il segretario la sfida è in salita. Anche se si dice convinto che la Lega risulterà il primo partito nella notte del 25 settembre (primato che consentirebbe di indicare il premier), il distacco accumulato nei mesi scorsi rispetto a Fratelli d’Italia pare difficilmente colmabile. Di qui l’appello lanciato a tutte le componenti del partito a battersi pancia a terra sui territori. Ma Salvini ha scelto lo slogan «Credo» anche per il suo afflato religioso. Sono noti i rosari, le icone, i santini che fanno bella mostra nei suoi diversi uffici milanesi e romani (anche il Viminale durante il suo mandato fu trasformato in una sorta di «santuario» civile). In Senato, nell’agosto 2019, nel pieno scontro con il premier Giuseppe Conte, l’allora ministro dell’Interno si affidò «alla protezione del Cuore immacolato di Maria». Ora crede «nella bella politica e nel bello della democrazia». Ma non pone limiti alla Provvidenza. 13 agosto 2022 (modifica il 13 agosto 2022 | 23:34) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-08-13 21:01:00, Nell’«atto di fede laica» citati governatori e sindaci. Centrale l’immigrazione, come ai tempi del Viminale, Cesare Zapperi

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