Un recente report dell’Istat prende in esame la situazione della popolazione giovanile italiana, fornendo molti spunti di riflessione. Il report mette in evidenza come il ventesimo secolo ha assistito a un notevole sviluppo del sistema educativo italiano. A partire dagli anni ’60, si è verificato un costante ampliamento dei percorsi formativi e un conseguente aumento dei livelli di istruzione, specialmente tra le giovani donne.
Nonostante i progressi compiuti, l’Italia continua a mostrare ritardi significativi nel panorama europeo in termini di istruzione. La quota di giovani con istruzione limitata (senza diploma di scuola superiore) è più alta rispetto alla media europea, posizionando l’Italia tra i primi cinque paesi per questo indicatore, con il 16,8% contro il 15,1% della media Ue27.
Il divario educativo nel Mezzogiorno
Nel Mezzogiorno d’Italia, secondo lo studio in questione, persiste un divario educativo significativo rispetto alle altre regioni. Tuttavia, è interessante notare che le generazioni più giovani, come i “millennials” e i “post-millennials,” stanno facendo progressi notevoli rispetto alle generazioni precedenti. Questo si riflette in una diminuzione della quota di persone con bassa istruzione (24,4% contro il 41,5% nella generazione precedente) e in un aumento della partecipazione all’istruzione terziaria, che coinvolge ormai oltre un quarto della coorte di riferimento (27,8% contro 32,9% nel Centro-nord).
L’allungamento dei percorsi formativi
Queste tendenze recenti sembrano essere il risultato dell’allungamento della durata dei percorsi educativi, una tendenza che è iniziata dopo la Seconda Guerra Mondiale. Le nuove generazioni mostrano una maggiore propensione a continuare gli studi anche dopo i 18 anni, aprendo la strada a un aumento dell’accesso all’università, in particolare nel Mezzogiorno, dove si osserva una componente più ampia di studenti con percorsi prolungati oltre i 25 anni (16,1% contro 11,2% nel Centro-nord).
L’Università in Italia
L’iscrizione universitaria in Italia è cresciuta costantemente negli ultimi anni, con un picco nell’anno accademico 2020-2021 (1.839.846, +4,3% rispetto al 2019-2020), sebbene ci sia stato un leggero calo nel 2021-2022 (1.822.141, -1%). Questo aumento è in gran parte dovuto all’accesso alle università telematiche (161.709 iscritti nel 2021-2022 contro 39.623 nel 2010-2011, +308%), mentre le università tradizionali hanno visto una leggera diminuzione degli iscritti (rispettivamente: 1.660.432 e 1.782.195, -6,8%).
La mobilità degli studenti del Sud
È interessante notare che c’è una tendenza alla mobilità degli studenti, specialmente dal Mezzogiorno alle università del Centro-nord. Questo fenomeno coinvolge una quota significativa di studenti sia all’atto dell’iscrizione sia al conseguimento della laurea. Gli uomini sembrano essere leggermente più inclini alla mobilità rispetto alle donne.
L’impatto sull’occupazione
L’accesso all’istruzione superiore offre prospettive di carriera più promettenti, ma nel Mezzogiorno, i laureati affrontano sfide occupazionali più complesse rispetto alle altre regioni. Questo si traduce in una maggiore mobilità lavorativa e spesso in una prospettiva migratoria. La carenza di opportunità lavorative alternative potrebbe essere uno dei motivi principali per cui i giovani del Mezzogiorno scelgono di continuare gli studi.
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