Hollande: «Sinistra unita? Possibile se guidata dal Pd L’Italia resisterà alla crisi»

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L’ex presidente francese: «Gli equilibri europei potrebbero essere a rischio se la coalizione vincente a Roma contesterà le regole Ue»

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

PARIGI – «La fine del governo Draghi mi ha sorpreso, non mi aspettavo che le formazioni di destra che sedevano in seno al governo di Mario Draghi si ritirassero brutalmente una volta conosciuta la défaillance del Movimento Cinque Stelle. Questa nuova crisi mi ha anche ricordato che l’Italia non ha ancora trovato attraverso la sua democrazia le forme partitiche che le permetterebbero di avere una stabilità. Visto dalla Francia, le nostre situazioni sono meno lontane di quanto appaia». François Hollande, presidente della Repubblica francese dal 2012 al 2017, guarda al futuro dell’Italia e dell’Europa con partecipazione e inquietudine. Anche in Francia, dopo le ultime elezioni legislative, la stabilità sembra meno salda di un tempo.

In che cosa l’Italia è diversa?

«In Francia i grandi partiti di governo si sono molto indeboliti, sia la destra classica dei Républicains sia il Partito socialista, che si è rivolto verso la radicalità di Mélenchon. In Italia se il Partito democratico tiene ancora, e questo è un elemento importante per l’avvenire del vostro Paese, la destra invece è disgregata e priva di una leadership chiaramente affermata per dirigerla. Infine, il Movimento Cinque Stelle ha mostrato il volto della divisione, dell’immaturità e dell’irresponsabilità».

Il modello Mélenchon di unione a sinistra è riproducibile in Italia? E perché lei è contrario alla Nupes in Francia?

«Io sono sempre favorevole all’unione della sinistra, a patto che sia condotta e strutturata da un partito di governo, come sarebbe il caso in Italia con il Partito democratico, che lui sì può riuscire a federare tutte le sinistre perché è il più forte. Al contrario, in Francia, il Partito socialista si è accodato agli Insoumis di Mélenchon: il risultato è che l’unione della sinistra francese non riesce ad arrivare al potere, lo abbiamo visto alle ultime elezioni legislative. Gli elettori di centrosinistra aspirano a riforme progressiste, a condizione che siano compatibili con i nostri impegni europei. Non vogliono aggiungere un’altra crisi alla crisi».

Il problema è l’atteggiamento verso l’Europa?

«E’ il vero discrimine: malgrado tutti i difetti che conosciamo e che sono inerenti alla costruzione europea, ma anche tenuto conto delle protezioni offerte dalla Ue e in particolare dalla zona euro, vogliamo lavorare in seno all’Unione europea? Oppure ci lasciamo trascinare in una deriva sovranista e populista?».

Le elezioni del 25 settembre potrebbero essere uno spartiacque per l’Italia e per l’Europa. Dopo essersi riavvicinata alla Francia con il Trattato del Quirinale ed essersi aggiunta nell’asse franco-tedesco, per esempio con il viaggio Draghi-Macron-Scholz a Kiev, pensa che il ruolo dell’Italia sia a rischio, e con esso gli equilibri europei?

«Sì, il rischio esiste. Se la coalizione di destra ed estrema destra vince in Italia, contesterà le regole europee e della zona euro in particolare, e avrà senza dubbio un atteggiamento più ambiguo nei confronti della Russia di Putin. Temo allora che a quel punto l’Italia si pronunci per l’abbandono delle sanzioni nei confronti di Mosca. Una posizione di questo tipo aprirebbe un conflitto in seno all’Unione europea e provocherebbe un allontanamento dell’Italia rispetto alla coppia franco-tedesca, che pure non chiede altro che associare l’Italia a sé. Vorrei ricordare che, quando ero presidente, anche Angela Merkel, Matteo Renzi e io abbiamo lavorato in stretta collaborazione. E poi Mario Draghi, con il sostegno di Enrico Letta, ha cercato di porre l’Italia in questa avanguardia di fatto dei tre principali Paesi della Ue».

Crede possibile che l’Italia si allontani da Francia e Germania e si avvicini piuttosto all’Ungheria di Orban?

«Non voglio drammatizzare. Ma è vero che al Parlamento europeo il partito di Giorgia Meloni sta nello stesso gruppo del partito polacco Diritto e Giustizia, e la Lega di Salvini è alleata con il Rassemblement national di Marine Le Pen. Senza parlare delle posizioni di Silvio Berlusconi, che da tempo è vicino alla Russia di Putin. Una coalizione di questo tipo esprimerebbe una posizione molto diversa da quella della maggioranza dei Paesi europei, e in particolare di Francia e Germania».

Sovranismo e populismo, che sembravano indeboliti, restano radicati in Italia e altrove. Perché, a suo avviso?

«L’estrema destra si nutre di tutte le difficoltà di un Paese, dalla paura della guerra al ritorno dell’inflazione. Ci sono imprese indebolite dalle sanzioni, i consumatori soffrono per l’embargo e per i prezzi elevati dell’energia. I sovranisti e i populisti cercano di sfruttare il malcontento, e di alimentare il ritorno a un nazionalismo che non è di conquista ma di ripiegamento. Assicurano che con loro al potere l’immigrazione e qualsiasi minaccia esterna spariranno, l’Unione europea non interverrà più negli affari interni e il Paese tornerà libero. Ma i risultati della Brexit dovrebbero aprire loro gli occhi. Il Regno Unito è progredito? L’uscita di Boris Johnson mi sembra la migliore risposta».

Che cosa avrebbe voglia di dire agli italiani, prima delle elezioni cruciali del 25 settembre?

«È sempre pericoloso per un francese dare consigli agli italiani, tanto preoccupati dell’indipendenza, e nessun francese accetterebbe una raccomandazione anche amichevole da parte di un dirigente europeo. Vorrei dunque essere estremamente modesto e prudente. Partirei dalla constatazione che l’Italia in questa crisi ha dei punti di forza: intanto un grande partito, il Pd, che ha resistito al tempo a differenza, purtroppo, del Partito socialista in Francia; poi, le performance industriali dell’Italia sono estremamente brillanti e quindi è un Paese più capace di altri di superare difficoltà come inflazione e crisi energetica, come ha mostrato per esempio il viaggio di Draghi in Algeria; infine, nella politica italiana ci sono donne e uomini di qualità. Detto questo, la grande domanda da porre agli italiani, che vale anche per i francesi, è questa: volete essere leader in Europa? O preferite che il vostro Paese sia gestito senza protezione e senza solidarietà, correndo il rischio di conoscere tassi di interesse elevati, una recessione e l’allontanamento dai vostri vicini europei?».

A proposito di tassi di interesse ed economia, pensa che nei prossimi mesi Francia e Italia potrebbero chiedere insieme all’Europa un secondo piano di rilancio?

«È indispensabile, viste le conseguenze dell’inflazione sul potere d’acquisto delle famiglie e gli investimenti necessari alla transizione energetica. Tutti i Paesi, non solo quelli più indebitati come Francia e Italia, hanno bisogno di un sostegno a lungo termine e a basso costo da parte dell’Unione europea. Altrimenti avremo una lunga recessione. Il nuovo piano di rilancio e di sostegno non potrà essere accettato dai nostri amici tedeschi se l’Italia, come del resto la Francia, sarà in fase con questa politica e compirà gli sforzi necessari per mettere ordine nei suoi conti e per impegnarsi nella lotta contro il riscaldamento climatico e per l’indipendenza energetica».



Intanto, il presidente Putin assiste alle difficoltà politiche ed economiche europee e può aspettarsi anche un indebolimento del presidente americano Biden alle elezioni di mid-term. Lei ha conosciuto bene Putin, ha negoziato gli accordi di Minsk con lui, Angela Merkel e l’allora presidente ucraino Petro Poroschenko. La situazione internazionale adesso sta andando a vantaggio di Mosca?


«Putin ha il tempo dalla sua parte. Non ha alcuna pressione all’interno e grazie agli accordi con Cina e altri Paesi può ammortizzare lo choc delle sanzioni. La sua strategia è di occupare più territori possibili in Ucraina e aspettare che europei e americani si stanchino. Sostenere l’Ucraina diventa sempre più costoso. Proprio per questo dobbiamo aiutare ancora di più l’Ucraina e incitare i nostri concittadini a dare prova di coraggio e solidarietà».



Crede che lo slancio di emozione e solidarietà verso l’Ucraina si sia affievolito? Le opinioni pubbliche si stanno stancando?

«L’opinione pubblica rischia di diventare impassibile davanti agli orrori che avvengono in Ucraina, indifferente ai rischi per la propria sicurezza, e impaziente di finirla con le conseguenze del conflitto. Questo è il pericolo principale. Nelle democrazie i governi sono sensibili a quel che i cittadini esprimono, legittimamente del resto. Quindi i dirigenti europei devono essere molto più energici di adesso nel convincere i loro concittadini dell’imperiosa necessità di sostenere l’Ucraina, anche al prezzo di sacrifici. È una questione essenziale per l’equilibrio del mondo. Ci troviamo in una fase cruciale nella quale due grandi Paesi, la Cina e la Russia, mettono alla prova le nostre democrazie. Si tratta di un conflitto tra autocrazie e regimi di libertà. Sta a noi essere coscienti della posta in gioco».

28 luglio 2022 (modifica il 29 luglio 2022 | 00:07)

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, 2022-07-28 22:07:00, L’ex presidente francese: «Gli equilibri europei potrebbero essere a rischio se la coalizione vincente a Roma contesterà le regole Ue», Stefano Montefiori

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