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Guerra in Ucraina: i volontari romani nell’inferno di Bucha per portare aiuti

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di Edoardo Iacolucci

Il viaggio di solidarietà a bordo di piccoli furgoni organizzato dalla onlus «Missioni». Il presidente, Filippo Masetti, project manager di 25 anni: «Quando distribuivamo gli aiuti, in tanti piangevano per la felicità»

I volontari romani nell’inferno di Bucha. Sedici ore alla guida da Roma fino a Baia Mare, in Romania, a 60 chilometri dal confine ucraino. Quattro giorni tra dogana, check point e controlli rigidi per portare vestiti, viveri e medicine anche a Ivano Frankisv’k, Kiev, Borodianka e Rivne. E poi il ritorno nella Capitale.

A raccontare il viaggio di solidarietà per il popolo ucraino è Filippo Masetti, 25 anni, romano. Lavora come project manager e responsabile dei progetti all’estero di «Missioni», una onlus che ha organizzato le operazioni «Cicogna»: portare con piccoli furgoni aiuti di ogni sorta «come la cicogna che porta il bambino, noi lasciamo i materiali che servono a loro», dice Massetti con un sorriso.

La spedizione si è appoggiata ad Albano Allocco, padre dell’Ordine religioso dei Somaschi, che è di base a Baia Mare, in Romania. Qui, grazie al sostegno del Serming di Torino (Servizio missionario giovani fondato da Ernesto Oliviero), ha intrapreso attività di accoglienza per i profughi ucraini, ma non solo. All’iniziativa collabora anche Missioni.

Una settimana fa, il 9 aprile, i volontari hanno raccolto — a Roma e Milano — una gran quantità di beni di prima necessità. Dopo una breve sosta in Romania, sono arrivati direttamente a Kiev. «Le operazioni partono da Baia Mare – spiega Masetti -. Lì padre Albano ha il suo magazzino dal quale partono furgoni con beni di prima necessità direttamente in Ucraina. Da subito come Missioni abbiamo trovato efficace questa idea di arrivare dentro l’Ucraina perché le varie testimonianze raccolte confermano che il l’emergenza è lì». Inizialmente le spedizioni le facevano in giornata, in vari punti del paese, vicino al confine dove associazioni locali hanno punti di raccolta. Poi con l’evolversi della guerra e l’aumentare della conoscenza dei luoghi, «abbiamo deciso di portare noi direttamente gli aiuti fino a Kiev, Bucha e le altre città vicine», precisa il manager.

«Siamo partiti martedì per Ivano Frankisv’k dove hanno bombardato una raffineria qualche gorno fa e lì abbiamo passato la notte accompagnati dalle sirene — ricorda Masetti —. La mattina dopo alle 6 eravamo di nuovo in viaggio, scortati da un mezzo militare che ha risolto numerosi controlli, soprattutto nei dintorni di Kiev». Il clima rispetto alle città più vicine al confine è diverso: «Gli effetti dei bombardamenti sono sconvolgenti: scheletri di mezzi militari un po’ ovunque. Lo scenario è post-apocalittico», commenta. Dopo avere scaricato una parte del materiale la spedizione prosegue verso Bucha e Borodianka: «Lì abbiamo visto paesi interi distrutti e città semideserte – precisa Masetti -. C’erano ovunque segni di combattimenti e distruzione. Io credo che almeno il 70% degli edifici sventrati che ho visto non fosse un obiettivo militare. Tanti palazzi residenziali erano massacrati, semplici case, immagini che restano nel cuore». Come quelle dei civili giustiziati a Bucha per le strade. E i sopravvissuti, nel vederci, da 7-8 persone, in pochi minuti sono usciti dai rifugi e sono diventati 200-300 nel centro di uno di questi villaggi -—aggiunge — quando ci siamo messi a distribuire le derrate alimentari. E tanti piangevano per la felicità…». I volontari romani promettono: «Torneremo sicuramente. Ora che c’è la guerra e anche quando sarà finita».

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17 aprile 2022 (modifica il 17 aprile 2022 | 08:26)

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, 2022-04-17 06:27:00, Il viaggio di solidarietà a bordo di piccoli furgoni organizzato dalla onlus «Missioni». Il presidente, Filippo Masetti, project manager di 25 anni: «Quando distribuivamo gli aiuti, in tanti piangevano per la felicità», Edoardo Iacolucci

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