Europa e Sud, il rebus è doppio

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editoriale Mezzogiorno, 18 settembre 2022 – 12:15 Le divisioni nel complicato centrodestra italiano di Mario Rusciano Per chi crede nella democrazia liberale e nella sovranità degli Stati, è pessima l’operazione d’uno Stato che finanzia leader e partiti d’un altro Stato. L’operazione presuppone uno scambio corruttivo: condizionare la politica dello Stato sovvenzionato nell’interesse dello Stato finanziatore. È poi più inquietante se capita mentre grandi potenze mondiali intrattengono cattivi rapporti a causa della guerra tra Russia e Ucraina. Anche se notoriamente la Russia sovvenziona da tempo partiti e leader di vari paesi per destabilizzarne l’assetto politico. In Italia lo sconforto è maggiore perché la notizia è circolata durante una complicata campagna elettorale. Appena s’è parlato di eventuali finanziamenti occulti da parte della Russia, pur solo presunti, s’accavallano sospetti e richieste di chiarimenti. E prima d’averne – dal Copasir e dai servizi segreti – si moltiplicano reciproche accuse e insulti tra forze politiche. S’è insomma avvelenato il clima elettorale e ulteriormente turbato lo svolgersi d’una combattuta competizione. Eppure in questo scorcio di campagna elettorale non si contano problemi, divisioni e ambiguità. Fortunatamente, allo stato, pare che nessuno dei politici italiani abbia preso soldi da potenze straniere. L’ha confermato financo il presidente del Consiglio, Draghi, direttamente informato dal segretario di Stato Usa. Prendere soldi è logicamente cosa diversa dall’avere rapporti di varia natura (spesso opachi) con la Russia. Come, per esempio, hanno fatto Berlusconi e Grillo in passato e di recente Salvini, tutti appassionati di Putin. Speriamo che dai vari dossier americani, non ancora tutti noti, venga confermata l’integrità morale e la lealtà nazionale di nostri partiti e leader. La vicenda tuttavia fa riflettere ad ampio raggio. Anzitutto sulla grande influenza della geopolitica sulle elezioni italiane, specie nel quadro europeo. Come ignorare, per esempio, la divisione del centrodestra nella votazione al Parlamento europeo sulla condanna di Orban da parte dell’Ue per violazione dei principi dello Stato di diritto? Divisione non marginale: Berlusconi (favorevole alla condanna) da un lato; Meloni e Salvini (contrari) da un altro lato. Prevedibile l’atteggiamento, rispetto all’UE, della destra (in caso di vittoria) su temi d’eccezionale rilievo per i futuri destini dell’Europa, dell’Italia e, soprattutto, del nostro Mezzogiorno, poco o niente amato dalla destra. Meloni e Salvini hanno spiegato la loro posizione ricordando che Orban è stato eletto dal popolo «democraticamente». Dimenticano, chissà se in buona fede, che sono molti – a cominciare da Putin – i dittatori plurivincitori a tempo indeterminato di elezioni ritenute “non libere” secondo i canoni della democrazia liberale. I politologi hanno coniato apposta un neologismo: “democratura”. Cioè “dittatura democratica”: in cui il “capo”, una volta eletto, gestisce il potere in modo autocratico. Laddove la democrazia occidentale esige: “diritti civili e politici”; “divisione dei poteri”; “continua partecipazione” dei cittadini attraverso liberi partiti e dei lavoratori attraverso liberi sindacati. Se dunque Meloni e Salvini s’alleano con Orban, il timore dell’Europa e dell’Italia sul futuro liberal-democratico del continente e del Paese è fondato. C’è il detto popolare «dimmi con chi vai e ti dirò chi sei». Subito Berlusconi – sperando nel ritorno del coro «meno male che Silvio c’è» – ha detto d’essere lui il vero garante della fede europeista del centrodestra. Garanzia però insufficiente perché debole: nei sondaggi FI risulta minoranza nella coalizione di destra. Nemmeno chiaro è di quale Europa può farsi garante. Si ritiene che la consultazione di domenica prossima sia (anche) una sorta di referendum tra due opposte concezioni della democrazia: quella dei Paesi fondatori dell’Unione e quella delle democrature sopraggiunte. L’Italia quale abbraccerà? E quindi in Europa quale prevarrà dato il ruolo centrale dell’Italia? Un’altra riflessione riguarda, s’è detto, il nostro Mezzogiorno. Ricordiamo che, del cospicuo finanziamento all’Italia del Next Generation Eu – inventato dall’Ue proprio per risollevare la condizione delle zone depresse del continente – al Sud è destinato il 40%. Ma se dovesse gestire queste risorse un governo poco amico del Mezzogiorno, intenzionato a rivedere (se possibile) il Pnrr, basterebbe la generica rassicurazione verbale di Salvini? Ha affermato di non voler toccare il patto per il Sud, ma nello stesso tempo ha ribadito: uno dei primi provvedimenti del nuovo governo sarà l’autonomia regionale differenziata. Che, secondo lui, «farà bene anche al Mezzogiorno». Non ha detto però «come» e «perché». La Meloni, furbescamente, sul Mezzogiorno tace o resta nel vago; comunque lo frequenta poco. Ultima altrettanto amara riflessione. La breve e pasticciata campagna elettorale volgente al termine è stata dominata dai discorsi sul susseguirsi incalzante delle emergenze economiche e sociali che giustamente preoccupano cittadini, famiglie e imprese (aumento delle bollette; inflazione ecc.). S’è parlato poco delle riforme necessarie a organizzare finalmente l’Italia sul piano istituzionale e politico. Per nulla tranquillizzanti le riforme del centrodestra: il presidenzialismo, ventilato dalla Meloni, non è adatto al Paese. Lo farebbe precipitare dalla padella nella brace. L’autonomia differenziata, cara a Salvini, divide l’Italia, lede l’eguaglianza dei cittadini ed è perniciosa per il Sud. Perciò l’“Europa dei diritti” è giustamente preoccupata, mentre cinicamente Putin guarda e ride. 18 settembre 2022 | 12:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-09-18 10:24:00, Le divisioni nel complicato centrodestra italiano,

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