Dov’è finita l’opposizione a 5 stelle?

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Mezzogiorno, 7 maggio 2022 – 09:21 di Giancristiano Desiderio Scusate, che fine ha fatto il M5S? Il centrodestra, con gli interventi che si sono susseguiti su queste colonne, ha provato a spiegare le proprie ragioni e ha battuto un colpo. Va dato anche atto a Stefano Caldoro d’avere signorilità e ironia, qualità che non fanno mai male né alla politica né all’uomo. Ma il M5S dove sta? Il silenzio è doro, dice il proverbio. Ma in questo caso è assordante. E già, perché i «grillini» in questi anni di confusione e scontento non hanno incarnato solo la fisiologica opposizione della logica democratica ma, addirittura, l’opposto della politica di potere che identificavano con i partiti tradizionali. Un esempio? Eccolo: era il 2015 e il Movimento era così tempestoso che, a seguito delle indagini della procura di Roma sul presidente Vincenzo De Luca, non esitava ad occupare il Consiglio regionale della Campania, a definire «abusivo» lo stesso De Luca ed a chiederne le dimissioni perché «è oltraggiata la credibilità delle istituzioni». Sette anni dopo — e dopo una grande vittoria alle elezioni politiche del 2018 — il Movimento si è così acquietato che è passato dalle barricate rivoluzionarie all’anticamera del governo con lo stesso «abusivo» De Luca. Così Valeria Ciarambino, capogruppo delle Stelle in Regione, ha dovuto smentire il «matrimonio» con De Luca e l’ingresso in giunta ma ha anche aggiunto che «dopo anni di dura opposizione, fin dai primi giorni di pandemia abbiamo scelto di adottare la linea della responsabilità e del dialogo costruttivo». Insomma, se prima il Pd era un nemico mortale, ora è un amico confidenziale e praticamente un alleato, anche se l’ingresso ufficiale nella squadra di governo ancora non si può fare perché — prendendola un po’ a ridere per non piangere — come diceva Totò «ogni limite ha una pazienza. Il problema delle condizioni di salute della democrazia in Campania inizia proprio qui. Infatti, la scomparsa dell’opposizione del M5S e la nascita di quella che ho definito la marmellata napoletana crea una questione di rappresentanza e di rappresentazione che chi ha in mente di dar corpo e anima a una minoranza organizzata sia in Consiglio regionale sia nella società campana farebbe bene a tenere ben presente. È il caso dell’elettorato dei grillini. Alle ultime regionali il M5S ha fatto registrare una caduta verticale perdendo 508 mila voti rispetto alle Europee e ben 1,2 milioni di voti rispetto alle Politiche, in una regione che proprio con il voto politico si era costituita come una sorta di «roccaforte gialla o grillina». La roccaforte non c’è più, ma l’elettorato sì. E, ciò che più conta, si tratta di un elettorato che è ancora deluso e scontento e che non avrà soddisfazione da alcun reddito di cittadinanza che o ha già incassato o non avrà mai. Dunque, il silenzio dorato del Movimento è figlio diretto della sua trasformazione da grande oppositore del sistema dei partiti tradizionali a nuovo inquilino del Palazzo del governo. E’ una buona notizia, perché la strumentalizzazione del disagio sociale a fini demagogici è sempre un male da evitare. Ma il problema della vita civile della Campania, documentato dall’Istat e non solo, è molto più importante della fine ingloriosa o da confettura di marmellata del M5S che è arrivata sulla tavola di De Luca. Come rappresentare lo scontento della Campania e dargli una rappresentanza credibile per sloggiare De Luca con una nuova classe dirigente? Questo è il problema. 7 maggio 2022 | 09:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-05-07 07:21:00, Mezzogiorno, 7 maggio 2022 – 09:21 di Giancristiano Desiderio Scusate, che fine ha fatto il M5S? Il centrodestra, con gli interventi che si sono susseguiti su queste colonne, ha provato a spiegare le proprie ragioni e ha battuto un colpo. Va dato anche atto a Stefano Caldoro d’avere signorilità e ironia, qualità che non fanno mai male né alla politica né all’uomo. Ma il M5S dove sta? Il silenzio è doro, dice il proverbio. Ma in questo caso è assordante. E già, perché i «grillini» in questi anni di confusione e scontento non hanno incarnato solo la fisiologica opposizione della logica democratica ma, addirittura, l’opposto della politica di potere che identificavano con i partiti tradizionali. Un esempio? Eccolo: era il 2015 e il Movimento era così tempestoso che, a seguito delle indagini della procura di Roma sul presidente Vincenzo De Luca, non esitava ad occupare il Consiglio regionale della Campania, a definire «abusivo» lo stesso De Luca ed a chiederne le dimissioni perché «è oltraggiata la credibilità delle istituzioni». Sette anni dopo — e dopo una grande vittoria alle elezioni politiche del 2018 — il Movimento si è così acquietato che è passato dalle barricate rivoluzionarie all’anticamera del governo con lo stesso «abusivo» De Luca. Così Valeria Ciarambino, capogruppo delle Stelle in Regione, ha dovuto smentire il «matrimonio» con De Luca e l’ingresso in giunta ma ha anche aggiunto che «dopo anni di dura opposizione, fin dai primi giorni di pandemia abbiamo scelto di adottare la linea della responsabilità e del dialogo costruttivo». Insomma, se prima il Pd era un nemico mortale, ora è un amico confidenziale e praticamente un alleato, anche se l’ingresso ufficiale nella squadra di governo ancora non si può fare perché — prendendola un po’ a ridere per non piangere — come diceva Totò «ogni limite ha una pazienza. Il problema delle condizioni di salute della democrazia in Campania inizia proprio qui. Infatti, la scomparsa dell’opposizione del M5S e la nascita di quella che ho definito la marmellata napoletana crea una questione di rappresentanza e di rappresentazione che chi ha in mente di dar corpo e anima a una minoranza organizzata sia in Consiglio regionale sia nella società campana farebbe bene a tenere ben presente. È il caso dell’elettorato dei grillini. Alle ultime regionali il M5S ha fatto registrare una caduta verticale perdendo 508 mila voti rispetto alle Europee e ben 1,2 milioni di voti rispetto alle Politiche, in una regione che proprio con il voto politico si era costituita come una sorta di «roccaforte gialla o grillina». La roccaforte non c’è più, ma l’elettorato sì. E, ciò che più conta, si tratta di un elettorato che è ancora deluso e scontento e che non avrà soddisfazione da alcun reddito di cittadinanza che o ha già incassato o non avrà mai. Dunque, il silenzio dorato del Movimento è figlio diretto della sua trasformazione da grande oppositore del sistema dei partiti tradizionali a nuovo inquilino del Palazzo del governo. E’ una buona notizia, perché la strumentalizzazione del disagio sociale a fini demagogici è sempre un male da evitare. Ma il problema della vita civile della Campania, documentato dall’Istat e non solo, è molto più importante della fine ingloriosa o da confettura di marmellata del M5S che è arrivata sulla tavola di De Luca. Come rappresentare lo scontento della Campania e dargli una rappresentanza credibile per sloggiare De Luca con una nuova classe dirigente? Questo è il problema. 7 maggio 2022 | 09:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA ,

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