Dialetto veneto a scuola: ma davvero vogliamo «risciacquare i panni» del Manzoni in laguna?

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di Marco Ricucci*

La proposta di legge della Lega vista attraverso la lente dei dati sconsolanti dell’Invalsi e della storia della letteratura italiana

Da poco si concluso l’anniversario della morte di Dante e gi qualcuno vorrebbe sostituire la lettura della Divina Commedia con Le baruffe chiozzotte di Carlo Goldoni. E’ balzata agli onori della cronaca, nei giorni scorsi, una proposta di legge, presentata alla Camera da ben 18 deputati leghisti, che mira a includere anche il dialetto veneto tra le lingue delle minoranze tutelate dall’articolo 6 della Costituzione (come succede per le comunit albanesi, germaniche o francofone), recando modifiche a una legge (482/99) che tutela le minoranze linguistiche. Come si legge nel testo normativo, l’obiettivo prevedere l’insegnamento delle lingue regionali nelle scuole di ogni ordine e grado, con una particolare attenzione alla scuola dell’infanzia, affinch il bambino possa parlare la sua lingua materna. La rivendicazione leghista andrebbe, per, contestualizzata pi ampiamente nella crisi attuale della lingua italiana, che un tema pi complesso, non riducibile, certamente, alla folkloristica possibilit di ascoltare, per esempio, il telegiornale in veneto dall’Adige al Piave, in base a un comma della stessa proposta di legge.

Come si legge in un saggio del grande storico Carlo M. Cipolla, Istruzione e sviluppo. Il declino dell’analfabetismo nel mondo occidentale, l’Italia raggiunse negli anni Novanta del Novecento un tasso di alfabetizzati simile a quello della Prussia di inizio Novecento. Il dato va confrontato con quanto emerso nella cronaca recente. Ho pi volte rilevato il decadimento delle competenze di lingua degli studenti italiani, come certificato dalle prove Invalsi e da test internazionali come il Pisa dell’Ocse. Nonostante innumerevoli denunce e sporadici interventi, gli effetti collaterali di una scuola in forte affanno, su tanti fronti, ma nel nostro caso nell’apprendimento della lingua italiana, produce gi i primi inquietanti effetti: un record di bocciati all’ultimo concorso di magistratura, perch gli aspiranti giudici non sapevano scrivere in maniera corretta un testo in lingua italiana . Mentre i rappresentanti del potere esecutivo e legislativo sono eletti dal Popolo cui appartiene la sovranit, la magistratura esercita il terzo potere, selezionato con i concorsi: insomma, a rischio, paradossalmente, proprio la tenuta democratica della Repubblica, se persino i quindicenni di oggi, ma cittadini di domani, faticano a capire un semplice testo scritto.

In questo contesto evocato, l’introduzione del dialetto veneto, in base alla proposta di legge di area leghista, porrebbe problemi non solo didattici, ma anche accademici: che cosa una lingua rispetto a un dialetto? Tralasciamo, per, questo frangente, per percorrere sentieri pi conosciuti, nel ricordare almeno due esempi famosi della storia della letteratura italiana, uno dei reali collanti della nostra madrepatria. Forse a pochi sovviene che uno dei primi a riscrivere in italiano un capolavoro fu proprio Ludovico Ariosto: ci furono ben tre edizioni (o riscritture) dell’Orlando Furioso, la cui modificazione pi evidente, per l’ultima versione del 1532, rappresentata dalla normalizzazione linguistica fondata sulla lezione delle Prose della volgar lingua di Pietro Bembo, autore – veneto – della prima grammatica della lingua italiana; di fatto, Ariosto volle allontanarsi, di proposito, dalla koin quattrocentesca, fondata su lombardismi e latinismi. A ricordare, inoltre, le lezioni delle superiori, Alessandro Manzoni arriv in Toscana, nell’estate del 1827, quando aveva gi realizzato due diverse stesure dei Promessi sposi: la prima, il Fermo e Lucia, era, come ebbe a dire lui stesso, un composto indigesto di frasi un po’ lombarde, un po’ toscane, un po’ francesi, un po’ anche latine; la seconda, invece, con il titolo che tutti conosciamo, ostentava una lingua meno mista, generalmente toscana, ottenuta compulsando libri e vocabolari. Ma il conte, perfezionista, decide di soggiornare a Firenze, per la famosa risciacquatura in Arno, cio per realizzare l’adeguamento del romanzo alla lingua parlata dai fiorentini colti nei primi decenni dell’Ottocento, culminando con l’edizione definitiva dei Promessi sposi (1840-1842). Ma se la proposta leghista andasse in porto, dovremmo risciacquare i panni nella laguna veneta?

22 novembre 2022 (modifica il 22 novembre 2022 | 09:42)

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, 2022-11-22 09:39:00, La proposta di legge della Lega vista attraverso la lente dei dati sconsolanti dell’Invalsi e della storia della letteratura italiana, Marco Ricucci*

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