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«Da Kiev all’Italia: la nostra tournée è anche un atto solidale»

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di Greta Privitera

Gli artisti ucraini della compagnia Circus-Theatre Elysium erano a Bologna quando è scoppiata la guerra. Ora portano la loro Alice in Wonderland da un palco all’altro. E da oggi sono a Milano

Il 24 febbraio Oleksandr Sacharov e la sua compagnia teatrale Circus-Theatre Elysium di Kiev dovrebbero provare nell’albergo che li ospita. Si trovano a San Lazzaro di Savena, un paese fuori Bologna, un posto che conoscono abbastanza bene perché gli fa da base durante i giorni off, quelli in cui non ci sono spettacoli. «Appena svegli, il cellulare ha iniziato a suonare all’impazzata. Ci sono arrivati decine di messaggi», racconta il direttore artistico. Su quei messaggi c’è scritto l’inimmaginabile: «Siamo in guerra». Sacharov e gli altri ventinove tra ballerini e acrobati scoprono tramite WhatsApp che nelle prime ore del mattino, i russi sono entrati da est nelle regioni di Luhansk, Chernihiv e Kharkiv. Che stanno attaccando i porti di Odessa e Mariupol e che Kiev, la loro capitale, è appena stata colpita dai missili. Quando gli chiediamo se il primo febbraio, giorno in cui sono partiti, avessero mai pensato all’eventualità di una guerra, Sacharov si irrigidisce. «Ma se non se lo aspettavano i governi, come potevamo pensarci noi?».

Il sogno spezzato degli artisti-rifugiati

Racconta che quando hanno lasciato Kiev c’era una po’ di paura per il posizionamento dell’esercito russo ai confini, ma nessuno aveva mai parlato di un attacco. Tra tutte le sensazioni, quella che lo sorprende di più è la velocità con cui cambiano pensieri, paure e priorità. «Fino al giorno prima eravamo una compagnia teatrale felice di realizzare il sogno di portare in scena nei teatri più belli d’Italia e d’Europa lo spettacolo su cui lavoravamo da tanto, il nostro Alice in Wonderland, poi, all’improvviso da artisti spensierati siamo diventati artisti-rifugiati».

Come avete passato il 24 febbraio?

«Al telefono con le nostre famiglie. La maggior parte di noi vive a Kiev. Il primo pensiero che abbiamo avuto è stato quello di portare qui mogli, figli, mariti. Avevamo paura potesse succedergli qualcosa».

Sono arrivati?

«Per ora ci sono una decina di famiglie, tra cui mia figlia e mia moglie. Ci sono anche una nonna e dei gatti. Siamo rimasti stupiti dalla velocità degli aiuti. L’Emilia Romagna è stata di grande sostegno».

Cioè?

«I nostri parenti sono stati accolti in un posto che si chiama Corte Ospitale di Rubiera, in provincia di Reggio Emilia, una residenza d’artisti bellissima. Le ballerine e i ballerini della compagnia sono quasi tutti molto giovani e hanno bambini piccoli, il comune e la regione ci stanno aiutando a inserirli nelle scuole, a fare le carte sanitarie, a rendere la nostra vita dignitosa».

«ANDARE IN SCENA CI DISTOGLIE DALLE PREOCCUPAZIONI. APPENA POTREMO, TORNEREMO A CASA. VOGLIAMO VEDERE CHE COSA È SUCCESSO ALLA NOSTRA CITTÀ, AI NOSTRI TEATRI»

Immaginate di poter vivere lontano da Kiev?

«Per quanto ci piaccia l’Italia, appena potremo, torneremo a casa. Vogliamo vedere che cosa è successo alla nostra città, ai nostri teatri. Noi siamo i fortunati, non abbiamo perso nessuno e la notte dormiamo in letti caldi».

Che cosa vi hanno raccontato i familiari arrivati qui?

«Raccontano della guerra vera, dell’esperienza di lasciare casa e non sapere se mai ci si tornerà. Hanno tutti dormito nei bunker, nelle metropolitane, e hanno fatto viaggi lunghissimi per raggiungerci, anche di dieci giorni».

Il tour italiano di ‘Alice in the Wonderland’ si sarebbe dovuto concludere a metà marzo.

«Sì, ma grazie a una rete di teatri siamo riusciti a prolungare le date. Per esempio, dall’8 al 10 aprile saremo all’Arcimboldi di Milano, siamo appena stati al Teatro Regio di Parma, all’Alighieri di Ravenna, al Duse di Bologna, allo Storchi di Modena e in tanti altri. Una tournée che è diventata anche un atto solidale, ma noi non vogliamo beneficienza».

In che senso?

«Siamo artisti, vogliamo vivere di lavoro non di donazioni, quindi speriamo di vendere più biglietti possibile e continuare a divertire e sorprendere il pubblico. Il nostro spettacolo è anche un modo per conoscere l’Ucraina. Alice in the Wonderland è la storia di Alice raccontata da ballerini e acrobati. A Kiev c’è una scuola di circo molto importante, l’arte circense fa parte della nostra cultura».

È difficile tornare in scena con il pensiero della guerra?

«No, anzi, è la nostra salvezza. Andare in scena ci distoglie dalle preoccupazioni perché ci concentriamo sullo spettacolo. Fatichiamo nei giorni off quando passiamo le ore a guardare video sulla guerra via Telegram. L’energia del pubblico ci salva: in un momento come questo, una standing ovation di dieci minuti è la medicina migliore».

Succede?

«Per esempio al Teatro Sociale di Como, o al Comunale di Ferrara, a pochi giorni dell’inizio della guerra».

Che cos’è la cosa che colpisce di più dello spettacolo?

«Piace la dimensione onirica, i video proiettati, la bravura dei ballerini. Ma quello che colpisce di più sono le acrobazie. C’è un momento in cui due acrobate molto giovani, diplomate alla scuola di circo di Kiev, fanno un numero che lascia col fiato sospeso».

È la prima volta che venite in Italia?

«No, c’eravamo già stati nel febbraio del 2020, proprio nel periodo in cui è scoppiato il Covid. Diciamo che qui abbiamo vissuto due momenti molto forti del nostro percorso: nel 2020 siamo scappati via, nel 2022 qui abbiamo trovato rifugio».

8 aprile 2022 (modifica il 8 aprile 2022 | 23:25)

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, 2022-04-08 21:27:00, Gli artisti ucraini della compagnia Circus-Theatre Elysium erano a Bologna quando è scoppiata la guerra. Ora portano la loro Alice in Wonderland da un palco all’altro. E da oggi sono a Milano, Greta Privitera

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