Cosa direbbe Don Milani al Ministro Valditara? Lettera

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Inviata da Francesco Paolo Ettari – Intento nobile quello di voler dare una nuova impronta, in netta discontinuità con le precedenti linee, modificando il nome del ministero in “ dell’istruzione e del merito”, ma siamo certi sia discontinua nella direzione giusta?

In un’istantanea sociale in cui probabilmente Emile Durkheim avrebbe parlato di anomia, assenza di valori, Nietzsche di nichilismo, in cui il disagio giovanile cresce esponenzialmente in varie forme non trascurabili, è produttivo introdurre un termine che, inevitabilmente, invita ad una visione competitiva e giudicante degli allievi, protagonisti di un sistema scolastico? Forse Don Milani avrebbe riportato questa osservazione :”… Se ognuno di voi sapesse che ha da portare innanzi a ogni costo tutti i ragazzi e in tutte le materie, aguzzerebbe l’ingegno per farli funzionare. Io vi pagherei a cottimo (…) non vi dareste pace, perché la scuola che perde Gianni non è degna d’essere chiamata scuola (…) è un ospedale che cura i sani e respinge i malati.” ( Lettera ad una professoressa, 1967)

Forse sarebbe stato bello rispolverare qualche termine a cui è stato dato ampio senso pedagogico come paidèia, intesa come strumento verso l’ ideale a cui l’uomo tende per tutto l’arco della sua vita; educazione, dal latino educo, tiro fuori; bildung, termine utilizzato da Kant che concepiva il senso di educazione e formazione a pieno raggio. Trasmettere a quegli studenti che oggi vivono un senso di smarrimento, pressione, difficoltà di comunicazione, un senso di empatia nel quale avrebbero potuto ritrovare un sentimento di accoglienza, in cui l’aspetto affettivo-motivazionale non fosse nuovamente soffocato da scadenze, termini, numeri, voti, giudizi, e adesso anche merito, bensì coltivato in un’ottica di crescita, scoperta, esplorazione di sé, delle proprie attitudini, potenzialità, capacità, dando anche agli insegnanti la possibilità di insegnare, riqualificando la scuola come agenzia formativa seconda alla famiglia. Le scadenze sono necessarie, i numeri fanno il mondo, i voti sono il punto di arrivo di un percorso, i giudizi fotografano l’andamento generale di uno studente, certo, ma un’insegnante, oggi, può conoscere uno studente nell’arco spazio-temporale che gli viene assegnato? Può leggere un’individualità attraverso una comprensione del testo che sostituisce un tema? Ha modo di far emergere le reali capacità di uno studente (educare) attraverso delle prove Invalsi?

Cosa innesca realmente questo “merito”? Forse una risposta come quella che leggiamo sulle maggiori testate nazionali :” Bonus di 100 euro agli studenti con la media del 9, polemiche contro un istituto” ( Sky tg24) Ecco come viene tradotto il “merito”. Monetizzazione, premio, e a chi non ha gli strumenti per arrivare al nove ma impegna tutto sé stesso in ciò che fa? Ma tralasciando osservazioni e considerazioni di sfondo pedagogico sulla validità o meno di tale iniziativa, mi domando: questi cento euro arriveranno con due anni di ritardo, come le borse di studio che sostituiscono i voucher non pervenuti, a loro volta per fantomatici isee da ricchi? Forse qualcuno dovrebbe prendersi il compito, e poi il “merito”, di ridare un assetto a tutto ciò che comprende nella sua natura i termini educazione, istruzione, formazione, istituzionalizzando nuovamente dei valori che forse abbiamo un po’ trascurato e, perché no, fare tutto ciò partendo da chi, in prima linea, spende le sue giornate a cercare di ridare forma a un qualcosa che forse l’ha persa.

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