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Chi sono i falchi che spingono Putin ad andare fino in fondo in Ucraina (e il mistero dell’arresto di Vladislav Surkov)

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di Fabrizio Dragosei

Le voci non confermate sull’ex consigliere dello zar. Restano i falchi intorno a Putin: dal ceceno Kadyrov all’ex presidente Medvedev fino al «cuoco» Prigozhin

Uno dei più accesi sostenitori della linea dura, della lotta «fino in fondo» con l’Operazione militare speciale è Dmitrij Medvedev, il collaboratore del quale Vladimir Putin si fida di più. È lui, che è stato pure presidente per tenere calda la sedia al Capo quando questi non poteva occuparla per la terza volta di seguito, a guidare la pattuglia dei falchi, anche se tra questi c’è una gara per essere più estremisti di tutti. Convinti così di interpretare il volere del signore del Cremlino. E all’interno del gruppo la competizione è senza esclusione di colpi se è vero che l’ideologo della «democrazia guidata», l’ex ascoltatissimo consigliere di Putin Vladislav Surkov, è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di aver rubato soldi che servivano dopo il 2014 a consolidare il controllo russo sul Donbass. La notizia viene dall’oppositore Ilya Ponomariov che dice di averla avuta da fonte attendibile. Ma non si trovano per ora altre conferme. Surkov sarebbe vittima dei suoi nemici all’interno del ministero della Difesa. La stessa sorte riservata a due alti agenti dei servizi segreti che si erano occupati del caso Ucraina e che nelle scorse settimane sono stati arrestati.

I «falchi»

Acque agitate tra i falchi e attenzione a fiutare il vento, magari per cambiare posizione se il Capo dovesse decidere una strada diversa. Come devono essere pronti a fare tutti, da Ramzan Kadyrov, il padrone della Cecenia, allo speaker della Duma Viacheslav Volodin. Esemplare il caso di Medvedev. Nel 2008 fu fatto eleggere presidente e rimase al Cremlino per quattro anni. All’epoca sembrava essere il rappresentante di punta dei riformisti e dei democratici. Diede la sua prima intervista a Novaya Gazeta: «La stabilità e una vita prospera non possono assolutamente prendere il posto dei diritti e delle libertà politiche», disse. L’anno dopo tenne un durissimo discorso contro le repressioni staliniane. La radio Eco di Mosca (ora chiusa, come la Novaya) lo paragonò a quello che Krusciov tenne nel 1956 e che svelò i crimini del dittatore georgiano. Medvedev riteneva le sanzioni contro l’Iran «inefficaci» ma «con un certo senso». Oggi tuona invece contro l’Occidente, contro l’Ucraina che non ha alcuna ragione di esistere, e contro le sanzioni, «atto di aggressione internazionale, una forma di guerra ibrida». Più coerente sembra essere Kadyrov che ha cambiato posizione una volta sola nella sua vita. Quando da guerrigliero antirusso venne sconfitto pesantemente. Da allora è diventato l’uomo di Putin nel Caucaso ed è sempre stato per la linea dura, anzi durissima. Contro gli oppositori, gli omosessuali, gli occidentali, gli ucraini. Ma tra i fedelissimi ci sono anche coloro che non si pongono il problema di scegliere una linea, di essere a favore o contro. Come Evgenij Prigozhin, noto come «il cuoco di Putin» anche se in realtà i piaceri che ha fatto a Vladimir Vladimirovich sono soprattutto altri. Sua era la famosa «fabbrica dei trolls» per hackerare i siti americani all’epoca dell’elezione di Trump. Sua la Wagner (anche se lui nega) per mandare veterani russi a combattere in tutto il mondo. Adesso «danno una mano» in Ucraina. Senza farsi troppe domande su quello che sia giusto o non sia giusto fare.

12 aprile 2022 (modifica il 12 aprile 2022 | 08:41)

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, 2022-04-12 06:43:00, Le voci non confermate sull’ex consigliere dello zar. Restano i falchi intorno a Putin: dal ceceno Kadyrov all’ex presidente Medvedev fino al «cuoco» Prigozhin, Fabrizio Dragosei

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