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Bielorussia, il doppio binario: la retrovia dei russi, la sfida dei sabotaggi L’aggiornamento

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di Andrea Marinelli, Guido Olimpio e Irene Soave

Uno la porta nel conflitto come retrovia dell’Armata, l’altro le impedisce di partecipare direttamente con le sue forze per timore di spaccature interne. Nel mezzo agiscono gli oppositori di Lukashenko, protagonisti di azioni in favore di Kiev

La Bielorussia si muove su doppio un binario, virtuale e reale. Uno la porta nel conflitto ucraino come retrovia strategica dell’Armata russa. Il secondo le impedisce di partecipare direttamente con le sue forze per timore di spaccature all’interno dei suoi confini. Nel mezzo agiscono gli oppositori di Lukashenko, protagonisti da settimane di azioni di solidarietà in favore di Kiev.

Mosca ha usato il territorio amico come base di partenza delle sue colonne, un massiccio concentramento durato settimane annotati dai satelliti spia. Era la prova più evidente della tempesta in arrivo: mezzi e uomini portati fino alla frontiera usando le ferrovie, la linea logistica preferita — da sempre — dallo Stato Maggiore. Ora lo scenario si ripete. Sono molte le immagini di convogli che contribuiscono alla rotazione di unità che rientrano per un periodo di pausa e ricostruzione, tanti i mezzi avvistati su vagoni e lungo le arterie. Questo sistema fondamentale è stato preso di mira dai resistenti bielorussi: una dozzina i sabotaggi. Ferrovieri, macchinisti, operai hanno condotto gesti di gruppo o individuali per ostacolare il transito dei convogli. Danneggiate centraline, scambi, apparati di segnalazione: un crescendo per rallentare il transito e seminare insicurezza su un network vitale per i generali dello zar.

Sul web sono uscite mappe e foto, notizie e volantini di rivendicazione per dimostrare l’efficacia di questa missione di interdizione. In alcuni casi sarebbero riusciti anche a interrompere il traffico o comunque a innescare problemi per le autorità. «I sabotaggi hanno raggiunto il loro scopo: non si vedono più molti treni sulle linee sabotate, anche dove ci sono state riparazioni», spiega il blogger e attivista Anton Motolko, che aggiorna regolarmente una mappa della «guerra dei treni» sul suo canale Telegram. Le autorità hanno reagito in modo immediato. Sono state formate pattuglie impiegate lungo i percorsi, funzionari armati e dotati di rilevatori di Gps sono stati incaricati di scovare eventuali sabotatori, circa 40 gli arresti. In alcuni punti strategici sono nate postazioni volanti per permettere una reazione rapida. Severi gli avvertimenti: i responsabili di atti ostili sono considerati alla stregua di terroristi. «Dove i posti di blocco russi e bielorussi sono di più, qualche linea ferroviaria è restata integra», prosegue Motolko. «Ad esempio tra Gomel e Yelsk, o nella zona di Koiniki».

A lungo si è discusso di un possibile intervento nel conflitto dell’esercito bielorusso, con il dittatore Lukashenko che si è persino fatto fotografare davanti a una mappa dell’Ucraina mentre illustrava una possibile proiezione verso la Moldavia. Questo scenario non si è mai realizzato anche perché, sostengono gli analisti, il «babbo»come ama farsi chiamareaveva paura del dissenso che già nell’estate del 2020 aveva portato migliaia di persone in piazza per protestare contro la sua rielezione, denunciando brogli. Quelle manifestazioni furono represse con la forza ma ora, secondo il dipartimento di Stato americano, Lukashenko sarebbe così debole da non potersi esporre personalmente al fianco di Putin. «È molto importante ricordare che la Bielorussia non è come la Russia», ha spiegato un anonimo funzionario di Foggy Bottom al sito Defense One. «Lukashenko non può godere di alcuni dei fattori che permettono a Putin di restare al potere».

Secondo gli americani, il contratto sociale fra il dittatore e il popolo si basa sulla stabilità del governo e sul fatto che garantisca la sovranità e l’indipendenza del Paese. Ora che Mosca lo ha trasformato in un parcheggio per le sue truppe, però, quest’immagine non è più convincente come una volta: «Quando ha ammesso che non è lui a decidere quanto resteranno i soldati russi, la sua immagine di uomo forte si è offuscata». Se in Russia c’è un diffuso sostegno per l’operazione speciale in Ucraina, la società bielorussa è fortemente contraria. L’economia di Minsk, inoltre, è strettamente legata a quella di Mosca: entrambe sono state duramente colpite dalle sanzioni. Questa debolezza, tuttavia, non si traduce con un cambio di regime imminente: i principali oppositori di Lukashenko sono in carcere, come Viktor Babariko, oppure in esilio, come Svetlana Tikhanovskaya.

Come in ogni conflitto, però, il fattore tempo potrebbe essere una variabile interessante e aprire varchi in favore di chi tiene testa al regime.

5 aprile 2022 (modifica il 5 aprile 2022 | 21:43)

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, 2022-04-05 19:43:00, Uno la porta nel conflitto come retrovia dell’Armata, l’altro le impedisce di partecipare direttamente con le sue forze per timore di spaccature interne. Nel mezzo agiscono gli oppositori di Lukashenko, protagonisti di azioni in favore di Kiev, Andrea Marinelli, Guido Olimpio e Irene Soave

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