Ape Sociale 2022, in arrivo la prima prima delle tre scadenze, la guida completa

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Prorogata e potenziata la misura conosciuta come Anticipo Pensionistico Sociale, anche nel 2022 sarà importante. E cosa conoscere della misura lo sarà ancora di più.
Anticipo pensionistico sociale, meglio conosciuto e più semplicemente come Ape sociale. Parliamo di una misura che da diversi anni rappresenta uno scivolo che accompagna alla pensione diverse categorie di soggetti.
Una misura recentemente prorogata di un anno (doveva scadere a fine 2021). È stata la legge di Bilancio a confermare l’Ape sociale per un altro anno. E per gli interessati che rispettano le condizioni di utilizzo di questo canale di pensionamento anticipato, presto arriverà la prima delle tre scadenze da tenere a mente per il 2022.
Tutti i lavoratori che entro il 31 dicembre 2022 si trovano a completare almeno 63 anni di età e almeno 30, 32 o 36 anni di contributi, insieme a qualche altro requisito specifico, possono accedere all’Ape sociale. Occorre però un adempimento preventivo rispetto alla vera e propria domanda di pensione.
Occorre infatti presentare all’Inps, mediante i soliti canali telematici, una domanda di riconoscimento del diritto alla pensione, cioè una domanda di riconoscimento delle condizioni di accesso al beneficio offerto dall’Anticipo pensionistico. Una domanda che va fatta su tre scadenze temporali. La domanda con cui si chiede all’Inps di confermare il proprio diritto alla pensione con l’Ape sociale va presentata entro il 31 marzo, entro il 15 luglio ed entro il 30 novembre.
Per chi ha già completato i requisiti la domanda di certificazione del diritto può essere contestuale alla vera e propria domanda di pensione.
Con la legge di Bilancio sono state ampliate le categorie di lavoro gravoso svolgendo le quali, è possibile sfruttare l’Ape sociale. I lavoratori occupati in attività gravose con almeno 36 anni di contributi e con almeno 63 anni di età,  per beneficiare dell’Anticipo pensionistico sociale devono aver svolto una delle tante attività gravose per almeno 6 anni negli ultimi 7 anni di carriera o per almeno 7 negli ultimi 10.L’elenco di queste attività è consultabile sul sito ufficiale dell’Inps.
Per il 2022 quindi, l’Ape sociale non solo è stata rinnovata di 12 mesi, ma anche rafforzata con un aumento delle categorie di persone che vi possono accedere. Per il lavoro gravoso sono necessari almeno 36 anni di contributi versati. Questo vale sia per le prime 15 categorie previste nei primi anni di funzionamento della misura, che per le nuove.
Solo per alcune (edili e ceramisti per esempio), la soglia è stata ridotta a 32 anni.
Chi è andato in pensione con quota 100 piuttosto che con opzione donna o ancora con la nuova quota 102, riceve una pensione vera e propria, un assegno definitivo.
Con l’Ape sociale invece, bisogna parlare di assegno di accompagnamento alla pensione. Infatti la misura garantisce ai beneficiari, un trattamento di durata limitata, fino al raggiungimento delle soglie di accesso alle pensioni ordinarie, siano esse quelle di vecchiaia o quelle anticipate.
L’Ape sociale parte dalla data di uscita, che sia a 63 anni di età o più avanti, e termina una volta raggiunti i 67 anni di età (pensione di vecchiaia ordinaria) o 42,10 anni di contributi (pensione anticipata ordinaria, e per le donne 41,10).
Il fatto che non ci troviamo di fronte ad una classica pensione lo dimostra anche la struttura dell’Ape sociale. Una misura alquanto particolare che si discosta nettamente da tutte le altre.
L’Anticipo pensionistico sociale non prevede la tredicesima mensilità. E poi, non è collegata alla fruizione di prestazioni aggiuntive quali possono essere le maggiorazioni e gli assegni al nucleo familiare. Inoltre, non si tratta di una misura che prevede la reversibilità in caso di decesso prematuro del titolare del trattamento.
Parlare di scivolo quindi, è assolutamente indicato. Al posto di un ente o di una azienda che si accolla l’onere di concedere un assegno di accompagnamento alla pensione dei lavoratori, con l’Ape sociale ci pensa lo Stato.
Se per i lavori gravosi, dalle infermiere ed ostetriche delle sale operatorie e sale parto, alle maestre o agli educatori degli asili nido e delle scuole dell’infanzia, servono 36 anni di contributi, ne bastano di meno per altre categorie. Parliamo di invalidi, caregivers e disoccupati.
Per gli invalidi serve una percentuale di invalidità certificata di almeno il 74%.
Per i caregivers invece è necessario che il parente invalido a cui si presta assistenza, sia a carico del pensionato e residente con lui. Inoltre serve che l’assistenza sia iniziata da almeno 6 mesi rispetto alla data di uscita con l’Ape sociale.
Oltre ai lavori gravosi estesi come platea (basti pensare che anche gli insegnanti della scuola primaria adesso vi rientrano), anche sui disoccupati è intervenuta una novità.
È venuto meno, come previsto dal pacchetto pensioni della legge di Bilancio, il requisito dei 3 mesi di tempo dall’ultima Naspi ricevuta.
La misura strizza l’occhio alle lavoratrici. Infatti per le donne e lavoratrici madri è previsto un taglio del requisito contributivo necessario per accedere alla misura. Un anno di sconto per ogni figlio avuto.
C’è però il limite dei due anni. In pratica, due anni di sconto a partire dal secondo figlio, senza distinzioni tra chi ne ha avuti due, tre o più.
L’ultima cosa da sottolineare riguarda gli importi dell’Ape sociale.
Al completamento dei requisiti i beneficiari riceveranno un assegno mensile, per 12 mesi all’anno, pari alla pensione maturata alla data di uscita con l’Ape sociale. Ma il limite massimo erogabile è pari a 1.500 euro.
E i beneficiari devono cessare, eventualmente, la loro attività lavorativa. Non è possibile cumulare reddito da lavoro con trattamento in regime di Ape sociale, a meno che l’attività lavorativa non sia da lavoro dipendente o da Co.Co.Co con redditi annui fino a 8.000 euro, o da lavoro autonomo con redditi annui fino a 4.800 euro.
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