Antonio Russo, l’uomo che insegna la pace dentro ai bunker

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di Luca Bergamin

Tra il 1930 e il 1940 fu costruito (e mai completato) il Vallo Alpino, che contava oltre 300 bunker solo in Alto Adige, cinque dei quali si trovano a Fortezza. Alcuni sono stati riattivati durante la guerra fredda e ampliati in caso di invasione dall’Est

Le sirene della bomba atomica ancora non suonano ma il timore di udirle è forte a causa della minaccia ordita dalla Russia e della manovre missilistiche della Sud Corea. Eppure dal passato arriva un monito, in particolare dall’Alto Adige dove furono scavati e costruiti un migliaio di bunker, durante la Seconda Guerra Mondiale di cui un centinaio vennero rimessi in grado di funzionare nel periodo della Guerra Fredda, sino agli anni ’90 del secolo scorso. Proprio in questo periodo a sensibilizzare l’opinione pubblica, in particolare gli studenti sull’importanza imprescindibile della pace e i rischi che il genere umano sta correndo a causa di questa escalation militare, provvede la mostra «Bunkerizzato» in corso nella ex struttura militare a pochi chilometri da Bressanone, e ora sede espositiva di Fortezza. In essa viene spiegato in cosa consistette quella linea difensiva, pianificata ma non completata, chiamata il Vallo Alpino, narrate le motivazioni strategico-militari e storico-politiche che portarono alla necessità di scavare nella roccia caverne e postazioni adibite alla difesa.

La guida nei bunker

Tra i più esperti conoscitori dei bunker vi è Antonio Russo ( nella foto di Luca Bergamin ), che ha dedicato molti anni folla sua vita alla riscoperta di tali spazi angusti e celati alla vista nonché alla divulgazione della loro storia. Egli accompagna direttamente sin dentro queste nicchie poste fuori dalla terra e poi mimetizzate con la vegetazione oppure ricavate all’interno di cunicoli ottenuti perforando il suolo o la roccia. «Vogliamo con la mostra alla Fortezza e le visite guidate far capire alle persone che la logica del conflitto armato non può e deve prevalere, spiegando e facendo vedere quali possono essere le conseguenze di un attacco che ci lascerebbe tutti senza possibilità di una sopravvivenza – spiega Russo – Nessuna ragione geopolitica, infatti, può permettere ad alcuno di usare armi distruttive. Certo, potremmo riparare nei bunker, ma non vivremmo a lungo. Alcuni bunker si trovano proprio nei pressi di questa struttura militare, il loro valore ingegneristico è indiscutibile, così come il lavoro compiuto per crearli è stato assai notevole. Quando si temeva un’invasione dall’Est nei decenni successivi alla Seconda Guerra Mondiale prima della svolta verso la distensione messa in atto da Michail Gorbačëv, erano tornati di attualità. Noi cerchiamo di dare loro il giusto posto nella storia, specialmente adesso che la paura di un conflitto mondiale è tanta. Vanno fatti vedere per non doverli usare mai più».

12 ottobre 2022 (modifica il 12 ottobre 2022 | 17:53)

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, 2022-10-13 03:51:00, Tra il 1930 e il 1940 fu costruito (e mai completato) il Vallo Alpino, che contava oltre 300 bunker solo in Alto Adige, cinque dei quali si trovano a Fortezza. Alcuni sono stati riattivati durante la guerra fredda e ampliati in caso di invasione dall’Est, Luca Bergamin

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