“Chiediamo che il nostro Paese consideri il benessere psicologico diritto fondamentale dell’individuo al pari della salute fisica sia con l’introduzione della figura dello psicologo di base, ma soprattutto con una riforma sistemica che decostruisca i pilastri meritocratici”. Così Alessandra De Fazio, presidente del consiglio degli studenti di Unife, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università degli Studi di Ferrara alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “Non siamo più disposti ad accettare senso di inadeguatezza, depressione o perfino suicidi a causa delle condizioni imposte da un sistema malato che baratta la persona per la performance”.
Un discorso molto sentito quello fatto dalla studentessa, che arriva dopo i drammatici casi di cronaca di queste ultime settimane che hanno visto diversi ragazzi togliersi la vita, caduti nel vortice di menzogne in cui si sono ingabbiati da soli. La loro colpa? Non essere in regola con gli esami universitari come avevano raccontato: “Sono un fallimento, non merito di vivere – inizia a leggere De Fazio nel suo discorso -. Queste non sono le parole che titolano l’ennesimo giornale che riporta quotidianamente, accanto alle morti delle nostre compagne, l’esaltazione di una studentessa che riconosce nel sonno un ostacolo per laurearsi nella metà del tempo. Queste parole sono uscite dalla stessa bocca della persona che oggi sta di fronte a voi, queste parole le ha dovute sentire e subire mia madre quando subito dopo il test di medicina ho percepito di non avercela fatta, per la seconda volta”.
E’ l’Istat a metterci di fronte ai numeri che ben fotografano la grandezza del fenomeno. Secondo i dati ogni anno 4mila ragazzi sopra i 15 anni si tolgono la vita. I suicidi nella fascia di età tra 15 e 34 anni sono 468, di questi si contano circa 200 casi tra gli under 24, in altissima percentuale proprio studenti universitari. Tra gli universitari il 33% soffre di ansia, il 27% di depressione. In alcune facoltà particolarmente competitive la situazione è ancora più grave: per esempio, fra gli studenti di medicina l’incidenza della depressione è maggiore da 2 a 5 volte rispetto alla popolazione generale.
E allora è facile iniziare a dire bugie per non ammettere ai propri familiari di “non avercela fatta”. Uno studente su tre mente ai genitori sugli esami dati all’università: lo rileva un’indagine del portale Skuola.net, che nelle scorse settimane ha interpellato 1.100 ragazze e ragazzi attualmente iscritti all’università. La cosa ancora più allarmante è che “in circa la metà dei casi, si parla del 16% del totale, la bugia è la regola” mentre “se venisse scoperto dalla famiglia sul reale stato delle cose, il 25% ritiene di poter essere preda di uno stato di disperazione e la stessa percentuale afferma di poter ipotizzare anche un gesto estremo”. A volte si inizia senza un motivo specifico: uno su 3 inizia con piccole bugie apparentemente innocue per allentare la pressione, salvo poi ritrovarsi in una realtà parallela che, per uno su 10, diventa una sceneggiatura dalla quale è impossibile tornare indietro e che richiede di continuare a mentire. La miccia è innescata dall’idea che qualche passo falso possa deludere chi ha scommesso su di loro. In primis la famiglia: circa 1 “bugiardo” su 4 dice di aver nascosto la realtà dei fatti per tranquillizzare i propri genitori. Circa 1 su 5 lo ha fatto per evitare lo scontro in casa. Mentre uno su 10 è ricorso alla bugia per la vergogna di non essere all’altezza del compito che gli è stato affidato.
“Che esagerazione per un test che si può riprovare l’anno successivo – continua il discorso di De Fazio alla presenza di Mattarella -, ma come possiamo pensare che un percorso universitario debba essere dettato dai nostri tempi mentre siamo bombardati costantemente dal mito della performatività e da una competizione illogica che ci sbatte in faccia il successo degli altri e ci fa tirare un sospiro di sollievo quando qualcuno fallisce al posto nostro. Citando Alessandro Barbero, in altre epoche credevano nelle streghe, noi crediamo nella meritocrazia. Si pensa banalmente che il merito possa essere un criterio equo, sostituto del vecchio privilegio, del quale invece ha ereditato tutto il divario e la disparità”. Poi la critica agli aiuti per gli studenti, giudicati insufficienti: “Le borse di studio sono un ricatto. Se tutte abbiamo lo stesso diritto perché qualcuna dovrebbe essere costretta a tenere tempi più serrati solo perché più povera? Il sistema universitario è classista. È un’istituzione che disconosce la nostra umanità piegandosi ai ricatti del mercato. Le università promuovono le illusioni di garantirci pari strumenti”.
Continua De Fazio: “Ci viene data la possibilità di redimerci dalla nostra condizione di povertà, come se fosse una colpa, a patto di dimostrare di essere meritevoli, conseguendo risultati eccellenti entro tempi periodi di tempo cadenzati e ristretti. Le studentesse e gli studenti non sono il mezzo per sostentare la formazione, il diritto allo studio deve risiedere nell’emancipazione collettiva e deve essere parte integrante e inscindibile del welfare sociale pubblico, gratuito e garantito dallo Stato per tutte”.
“In tutto il mondo – ha detto Mattarella – le Università sono chiamate a elaborare riflessioni adeguate alle condizioni che abbiamo, ai mutamenti che vi sono, agli scenari nuovi. Scenari che fanno comprendere come sono fuori dal tempo e dalla storia comportamenti da potenza del secolo scorso, che conducono ad una guerra di aggressione, ad annettere territori o a competizioni accanite su aspetti marginali”, ha detto Mattarella nel suo discorso”.
“Il nostro contributo come università dev’essere dare concretezza alle intenzioni, soluzioni rapide ed efficaci alle questioni aperte che vi vedono coinvolti direttamente. Ci stiamo concentrando per garantire all’interno delle università un supporto permanente, strutturale per il vostro benessere psicologico“, ha detto invece la ministra per l’Università, Anna Maria Bernini.
Per fare fronte a quello che è un disagio psicologico che chiaramente sta diventando sempre più grave, l’Unione degli Universitari e la Rete degli Studenti Medi ha formulato una proposta di legge, presentata lo scorso 22 marzo alla Camera dei Deputati, insieme ai parlamentari Elisabetta Piccolotti, di Avs, Elisa Pirro del M5S, Rachele Scarpa, promotrice dell’intergruppo parlamentare per la tutela e la promozione della salute mentale, e Nicola Zingaretti del Pd. “Da un anno abbiamo avviato il progetto @chiedimi.come.sto, che ci ha confermato, attraverso una ricerca che ha raccolto 30mila risposte di studenti delle superiori e delle università, che la nostra generazione sta male – scrive su Instagram l’Unione degli universitari -. Chiediamo l’inserimento di sportelli d’ascolto in ogni scuola e in ogni università, affiancati da percorsi di educazione alla salute, al benessere psicologico, all’affettività, insieme al potenziamento dei servizi di assistenza psicologica su tutto il territorio nazionale. Ad oggi non esiste una legge che tuteli davvero il benessere della comunità studentesca all’interno degli spazi che vive ogni giorno. Noi abbiamo un’idea chiara, e oggi l’abbiamo consegnata alla politica come proposta di legge. Approviamola subito!”.
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