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Ucraina, stupri, violenze e rapimenti: le donne come trofei di guerra

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di Marta Serafini

Nei centri accoglienza arrivano cittadine traumatizzate, Human Rights Watch documenta tutte le violazioni. I capelli tagliati alle militari, come nei lager nazisti

«Sono scappata qui a Odessa dal Donetsk dopo il 2014. Io lo so cosa significa. E io, a quelle donne che arrivano da Kherson, non glielo chiedo cosa è successo, è troppo presto ancora». Si spezza la voce di Olga, volontaria del centro aiuti per sfollati della città, che chiede di non pubblicare il suo nome per esteso. Tre minuti di silenzio. Poi, il respiro si calma. «Qui stiamo formando gli psicologi che dovranno supportarle, so bene di cosa hanno bisogno. E ora vanno lasciate in pace». Dal centro di accoglienza, una stanza con un paio di materassi in uno scantinato umido, passano decine di donne ogni giorno. «Dormono qua una notte al massimo, poi troviamo loro una sistemazione migliore. Hanno bisogno di silenzio. Solo dopo verrà il momento di parlare. Ma, adesso no. È troppo presto», dice.

I corpi bruciati

Quando domenica il fotografo Mikhail Palinchak su un’autostrada a 20 chilometri dalla capitale, Kiev, ha immortalato il corpo di un uomo e tre donne nude, tutti parzialmente bruciati, l’orrore degli stupri di guerra è tornato di nuovo all’orizzonte. Quello in Ucraina, purtroppo, non è certo il primo conflitto in cui le donne sono vittime di stupro. Balcani, Iraq, Siria, Afghanistan, Sudan. Gli abusi, oltre ad essere statisticamente più frequenti che in tempo di pace, in guerra diventano un’arma. E l’Ucraina non fa eccezione. Anche se le testimonianze ancora sono poche.

«Sono in tanti a raccontare di donne portate via, ma con i miei occhi questo non l’ho visto. Io sono riuscito a mettere in salvo mia moglie e una figlia, mentre i miei genitori sono rimasti a Kherson con l’altra perché non c’era modo di far uscire anche loro. Non potete immaginare quanto stia soffrendo per questo: non poter fare nulla per loro senza avere nemmeno notizie», racconta Roslan fuggito a Kherson da Odessa.

Human Rights Watch ha intervistato dieci persone, inclusi testimoni, vittime e residenti locali dei territori occupati dalla Russia, di persona o per telefono. Alcuni di loro hanno chiesto di essere identificati solo con il loro nome o con pseudonimi. Il 4 marzo, le forze russe a Bucha, a circa 30 chilometri a nordovest di Kiev, hanno radunato cinque uomini e giustiziato sommariamente uno di loro. Un testimone racconta che li hanno costretti a inginocchiarsi sul ciglio della strada, hanno tirato loro le magliette sopra la testa e hanno sparato a uno di loro alla nuca. «È caduto», ha detto il testimone, «e le donne hanno urlato».

La violenza sessuale

Una donna identificata con il nome di fantasia Olha racconta sempre a Human Rights Watch che un soldato russo l’ha violentata ripetutamente in una scuola nella regione di Kharkiv dove lei e la sua famiglia si erano rifugiati il 13 marzo. Spiega che il militare l’ha stuprata, picchiata e le ha tagliato la faccia, il collo e i capelli con un coltello. Il giorno successivo la donna è fuggita a Kharkiv, dove ha potuto ricevere cure mediche e assistenza. Human Rights Watch ha esaminato due fotografie, che la donna ha condiviso, che mostrano le sue ferite facciali.

Lo stupro e l’aggressione sessuale sono considerati crimini di guerra e una violazione del diritto umanitario internazionale, e sia il procuratore generale dell’Ucraina che la Corte penale internazionale hanno annunciato indagini. Ma questo serve poco a calmare la paura delle donne ucraine. A 15 soldate liberate in uno scambio di prigionieri tra Kiev e Mosca il 1 aprile è stata rasata la testa . Come alle donne tedesche dopo la fine della Seconda Guerra mondiale. Come alle donne ebree dei campi di concentramento. A darne notizia il presidente della Commissione diritti umani del parlamento ucraino, Dmytro Lubinets, che ha diffuso alcune immagini su Facebook. «Lo hanno fatto in segno di umiliazione, arroganza e disprezzo». Dati e prove che il deputato ha intenzione di aggiungere a quelli finora raccolti per presentare il caso all’Aia.

Ma non sono solo i soldati russi da cui le donne ucraine si devono proteggere. «Qui a Odessa la tensione con il coprifuoco è aumentata», spiega Natalia, poliziotta della città. Uomini della guardia civile girano armati e con il volto coperto dal passamontagna. E da qualche giorno il bando sull’alcol è stato abolito. «Le denunce di violenze domestiche sono diminuite. Ma io a mia figlia di 14 anni, in questi giorni, ho proibito di uscire da sola».

4 aprile 2022 (modifica il 4 aprile 2022 | 23:07)

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, 2022-04-04 22:47:00, Nei centri accoglienza arrivano cittadine traumatizzate, Human Rights Watch documenta tutte le violazioni. I capelli tagliati alle militari, come nei lager nazisti , Marta Serafini

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