Studente rimproverato dalla prof. Il padre va a scuola e aggredisce verbalmente la docente. La Cassazione: non è legittima difesa ma giustizia fai da te

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Non può essere considerata legittima difesa l’aggressione verbale di un genitore contro l’insegnante che ne ha rimproverato il figlio a scuola.

Si tratta della pronuncia della Corte di Cassazione, che ribalta i precedenti verdetti del primo grado e di appello che invece davano ragione al genitore in questione.

La vicenda infatti, riportata da Il Sole 24 Ore, riguarda un papà che ha aggredito la professoressa che tre giorni prima si era resa “colpevole” di aver rimproverato il figlio.

Inizialmente sia in primo grado che in appello, i giudici avevano dato ragione al padre, considerando la sua reazione contro la docente una legittima difesa, senza alcun diritto della prof ad essere risarcita per tutti gli improperi ricevuti all’uscita dalle lezioni. Offese sul piano professionale ma che non hanno pesato per i giudici a causa del comportamento dell’insegnante, alla quale il genitore aveva a sua volta chiesto un risarcimento per i danni patrimoniali e morali.

Secondo il Tribunale, il “comportamento nervoso e concitato” dell’uomo si poteva giustificare perché aveva visto “il proprio figlio piangere e prostrato per i rimproveri rivoltigli dall’insegnante“.

Le offese del padre all’insegnante sono scaturite come una reazione, allo scopo di “tutelare il figlio minore dal pericolo che le condotte lesive della sua dignità potessero essere reiterate, con possibile, ulteriore, lesione del suo onore”.

Inoltre, secondo i giudici, anche in appello, è stato confermato anche il reato di abuso di mezzi di correzione con condanna della prof a risarcire i danni.

Tuttavia, per la Suprema Corte di Cassazione, i fatti non devono essere interpretati in tal senso, sancendo che l’aggressione verbale del genitore non può essere considerata legittima difesa.

A maggior ragione, spiegano i giudici, non può essere considerata legittima difesa in quanto non si tratta di reazione a caldo, immediata e spontanea, ma in un certo qual senso premeditata, dato che l’episodio è accaduto 3 giorni dopo il rimprovero dell’insegnante allo studente.

Infatti, per la Suprema corte l’uomo “si era coscientemente e consapevolmente determinato a recarsi appositamente presso l’istituto scolastico al deliberato fine di insolentire l’insegnante, in attuazione di una forma comportamentale qualificabile non certo in termini “di legittima difesa” – come ritenuto dal giudice di merito in spregio ai più elementari principi posti a fondamento dell’esimente in parola – bensì caratterizzata inequivocamente da una sorta di inammissibile ricorso ad un inammissibile modello di “giustizia fai da te”, come sempre più frequentemente è tristemente dato riscontrare nei rapporti d’oggi tra genitori ed insegnanti“.

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