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Se i professori vanno in tv e finiscono nel meccanismo dei talk

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di Aldo Grasso

Nei talk è bandita ogni complessità, regna la radicalizzazione, la rissa è l’alimento degli ascolti

La Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) farebbe bene a invitare i docenti incardinati a tenersi lontano dai talk show televisivi (un rettore sicuramente si opporrà, quello dell’università per stranieri). Di solito, questi professori, così corteggiati dai conduttori per dar lustro ai peggiori bar di Caracas, fanno una pessima figura e intaccano l’immagine dell’università di appartenenza. È successo persino nei momenti più delicati della pandemia, con alcuni accademici del settore che hanno dato il peggio di sé. Sta succedendo ora con una guerra in corso. Che i docenti vadano in tv a spezzare il pane del loro sapere è sacrosanto, basta che frequentino le trasmissioni giuste: per esempio, quelle di Rai Storia, quelle di #maestri, quelle di divulgazione. Il resto non fa per loro.

Lo strano connubio tra accademia e tv è iniziato molti anni fa quando, per sopperire alla mancanza di docenti, alcune università hanno cominciato a chiamare, come professori a contratto, gente di spettacolo che garantisse loro «visibilità» e notorietà. Se non vado errato, nell’ambito delle comunicazioni, è stata La Sapienza di Roma a chiamare per prima Maurizio Costanzo, l’inventore dei «casi umani». Nella sua presunzione e nel suo desiderio di apparire, il professore di ruolo non s’interroga sulle trasmissioni ospitanti, venendo meno a un sacro principio ermeneutico: è il contesto a determinare il testo. Non s’interroga cioè sui motivi per cui è stato invitato e così finisce prigioniero dei meccanismi infernali del talk, dove è bandita ogni complessità, dove regna la radicalizzazione, dove la rissa è l’alimento degli ascolti. Così, spesso, vengono a nudo la pochezza di certi docenti, le inclinazioni caratteriali, il narcisismo incontenibile, la disinformazione. A scapito del buon nome delle università.

P.S. Il discorso è generale, vale per tutti i talk, non solo per quello di Bianca Berlinguer.

28 marzo 2022 (modifica il 28 marzo 2022 | 22:07)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-03-28 20:09:00,

di Aldo Grasso

Nei talk è bandita ogni complessità, regna la radicalizzazione, la rissa è l’alimento degli ascolti

La Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) farebbe bene a invitare i docenti incardinati a tenersi lontano dai talk show televisivi (un rettore sicuramente si opporrà, quello dell’università per stranieri). Di solito, questi professori, così corteggiati dai conduttori per dar lustro ai peggiori bar di Caracas, fanno una pessima figura e intaccano l’immagine dell’università di appartenenza. È successo persino nei momenti più delicati della pandemia, con alcuni accademici del settore che hanno dato il peggio di sé. Sta succedendo ora con una guerra in corso. Che i docenti vadano in tv a spezzare il pane del loro sapere è sacrosanto, basta che frequentino le trasmissioni giuste: per esempio, quelle di Rai Storia, quelle di #maestri, quelle di divulgazione. Il resto non fa per loro.

Lo strano connubio tra accademia e tv è iniziato molti anni fa quando, per sopperire alla mancanza di docenti, alcune università hanno cominciato a chiamare, come professori a contratto, gente di spettacolo che garantisse loro «visibilità» e notorietà. Se non vado errato, nell’ambito delle comunicazioni, è stata La Sapienza di Roma a chiamare per prima Maurizio Costanzo, l’inventore dei «casi umani». Nella sua presunzione e nel suo desiderio di apparire, il professore di ruolo non s’interroga sulle trasmissioni ospitanti, venendo meno a un sacro principio ermeneutico: è il contesto a determinare il testo. Non s’interroga cioè sui motivi per cui è stato invitato e così finisce prigioniero dei meccanismi infernali del talk, dove è bandita ogni complessità, dove regna la radicalizzazione, dove la rissa è l’alimento degli ascolti. Così, spesso, vengono a nudo la pochezza di certi docenti, le inclinazioni caratteriali, il narcisismo incontenibile, la disinformazione. A scapito del buon nome delle università.

P.S. Il discorso è generale, vale per tutti i talk, non solo per quello di Bianca Berlinguer.

28 marzo 2022 (modifica il 28 marzo 2022 | 22:07)

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