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Russia, la grande fuga delle banche. Ecco i rischi per Unicredit e Intesa

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finanza e sanzioni

di Fabrizio Massaro16 mar 2022

Russia, la grande fuga delle banche: i rischi per Unicredit e Intesa Sanpaolo

Le banche europee voltano le spalle alla Russia, strette tra le sanzioni imposte a Mosca dall’Occidente e la grave crisi economica che sta esplodendo nel Paese dopo la guerra scatenata da Vladimir Putin contro l’Ucraina. Intesa Sanpaolo e Unicredit sono le due banche italiane presenti e tra le europee più esposte alla Russia insieme con la francese Société Générale e l’austriaca Raiffeisen. Tutte stanno valutando di lasciare le attività nel Paese, anche perché incombe il rischio di una nazionalizzazione da parte del governo russo: una mossa, da parte di Mosca, che potrebbe avvenire sia come contro-sanzione sia per salvare gli istituti di credito locali che non possono più accedere ai capitali delle case-madri europee. Ogni situazione è comunque diversa tra banca e banca.

Martedì 15 il ceo di Unicredit, Andrea Orcel, è stato esplicito: «Non si possono prendere conclusioni nel giro di una notte», ha detto a una conferenza organizzata da Morgan Stanley. «Dobbiamo considerare seriamente l’impatto e le conseguenze e la complessità del distacco completo di una banca dal Paese». Insomma, si stanno facendo i conti ma nessuna decisione è stata ancora presa. Ci sono da considerare anche i destini dei quattromila dipendenti delle 79 filiali in Russia e «le 1.500 aziende clienti, di cui 1.250 sono europee, che stanno cercando di staccarsi dal Paese». Unicredit ha già spiegato che i prestiti concessi in Russia sono pari a 7,5 miliardi di euro e che nella peggiore delle ipotesi la perdita sarà di 1,9 miliardi. Un danno assorbibile, che — ha assicurato il banchiere — non cambia i piani della banca milanese.

Anche Intesa Sanpaolo ha aggiornato con una comunicazione al mercato l’esposizione verso la Russia, complessivamente pari a 5,1 miliardi di euro: quella verso controparti russe attualmente inserite nelle liste dei soggetti a cui si applicano sanzioni è pari a 0,2 miliardi, mentre quella totale verso Russia e Ucraina «in corso di valutazione analitica ai fini del miglior presidio dell’evoluzione prospettica del profilo di rischio» — sottolinea una nota della banca guidata da Carlo Messina — corrisponde ai crediti a clientela e banche delle controllate locali pari a circa 1,1 miliardi di euro e del resto del Gruppo pari a circa 4 miliardi di euro. Anche Intesa Sanpaolo sta valutando le prossime mosse: «La nostra presenza in Russia è oggetto di valutazioni strategiche», ha dichiarato pochi giorni fa un portavoce del gruppo. In Russia, Intesa Sanpaolo è presente con un istituto locale da 28 filiali e 976 dipendenti ed è anche l’unica banca italiana in Ucraina con Pravex Bank (45 filiali, 780 dipendenti e attività per 0,3 miliardi di euro). I crediti a clientela russa sono pari a circa l’ 1% di quelli totali a clientela del gruppo, e di essi oltre due terzi riguardano «primari gruppi industriali, contraddistinti da consolidati rapporti commerciali con clienti appartenenti alle principali filiere internazionali e da una quota rilevante dei proventi derivante da export di materie prime, con scadenze per la quasi totalità entro il 2027 e quindi entro l’orizzonte temporale di riferimento del piano energetico lanciato dalla Commissione Europea con “RepowerEu” e richiamato dalla Dichiarazione di Versailles», ha comunicato la banca in una nota.

Ogni giorno che passa la Russia viene sempre più isolata finanziariamente dal resto del mondo, anche indipendentemente dalle sanzioni. Tra gli istituti europei, Deutsche Bank ha già comunicato la decisione di uscire dal Paese, così come hanno fatto i giganti americani Goldman Sachs e Jp Morgan. Tuttavia, più che alle singole banche il mercato guarda all’effetto complessivo che provocherà il dover liquidare in pochi giorni operazioni complesse su crediti, titoli, derivati. Il timore è quello di un effetto a catena con perdite che si propagano all’intero sistema finanziario globale.

Ieri il presidente della Vigilanza Bce, Andrea Enria, ha definito «contenute» le esposizioni dirette delle banche, che «sembrano gestibili» anche in scenari estremi di abbandono del Paese grazie alla solidità patrimoniale delle banche. Appare invece a rischio il capitale investito nelle controllate locali. Enria ha anche evidenziato gli effetti indiretti, «sui quali sappiamo poco e che potrebbero essere sorprendenti. Dobbiamo essere molto attenti». Nessuno di questi canali indiretti di trasmissione delle crisi appare comunque «fino ad ora destabilizzante». Il rischio vero, ha spiegato, può derivare piuttosto dagli attacchi informatici degli hacker russi alle banche europee: «Resta una minaccia concreta» anche se «fino ad ora non si sono verificati eventi significativi».

A parte Unicredit e Intesa Sanpaolo «le altre banche italiane hanno esposizioni marginalissime, non rilevanti in termini significativi», ha spiegato mercoledì 16 il presidente dell’Abi Antonio Patuelli incontrando la stampa a Bruxelles. Anche Patuelli conferma che è « impossibile» dare una stima dell’esposizione indiretta delle banche italiane: «Non ce l’ha nessuno e non la può avere nessuno, anche perché ciascuna impresa sta cercando di porre in essere dei provvedimenti di emergenza» ad esempio sul lato del risparmio energetico o dell’approvvigionamento delle materie prime. Tuttavia per evitare gli impatti a livello macroeconomico, l’Abi ritiene importante che le autorità politiche e monetarie della Ue facciano leva contemporaneamente sulla politica di bilancio, sulla politica monetaria e sulle scelte regolamentari per far fronte agli effetti economici della guerra in Ucraina, che si aggiungono a quelli già pesanti emersi dopo oltre due anni di crisi pandemica.


L’Abi e la Federazione bancaria europea sono preoccupate per gli aspetti regolamentari fissati dall’Eba e chiedono più flessibilità per i piani di ammortamento dei prestiti, ampliando la soglia per classificare la posizione del debitore come deteriorata. Il dg Abi Giovanni Sabatini ha spiegato che, mentre durante la pandemia il blocco delle attività economica aveva creato immediate esigenze di liquidità, la situazione attuale crea un problema di forte aumento dei costi di produzione e di redditività per le imprese e ciò rende più difficile il pagamento degli oneri finanziari pregressi. «Di conseguenza si rende necessario agevolare le ristrutturazioni dei finanziamenti in essere allungando il piano di ammortamento dei prestiti per poter diluire l’orizzonte temporale degli oneri per le imprese». In sostanza di chiede «più flessibilità nella leva regolamentare». Nel caso in cui viene allungato il piano di ammortamento e il costo per la banca di tale agevolazione supera la soglia dell’1% la posizione del debitore viene classificata in una posizione di deterioramento. Il mondo bancario propone di alzare tale soglia al 5%.

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, 2022-03-17 16:32:00, Le due banche italiane, tra le più esposte a Mosca, valutano di lasciare il Paese come hanno già fatto Deutsche Bank, Goldman Sachs e Jp Morgan. La Vigilanza Bce: effetti indiretti ma non sembrano destabilizzanti. L’Abi: rivedere le regole bancarie per aiutare le imprese, Fabrizio Massaro

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