Ravil Maganov, vice presidente di Lukoil, è morto dopo essere caduto dalla finestra di un ospedale

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di Fabrizio Dragosei e Davide Casati

Ravil Maganov è precipitato da una finestra al sesto piano di un ospedale di Mosca: è il presidente del Consiglio di amministrazione di Lukoil, la seconda società di produzione petrolifera della Russia

Ravil Maganov, presidente del Consiglio di amministrazione di Lukoil, è morto giovedì a Mosca dopo essere precipitato dalla finestra del Central Clinical Hospital (TsKB) della capitale russa, l’ospedale dei vip (dove era stato ricoverato anche Mikhail Gorbaciov).

Maganov aveva 67 anni ed era anche vicepresidente della società petrolifera, la seconda più importante in Russia.

In un comunicato, Lukoil ha confermato la morte di Maganov sostenendo che il manager è deceduto «dopo una grave malattia» — ma senza pronunciarsi circa le circostanze della morte.

«Siamo profondamente rattristati nell’annunciare che Ravil Maganov, presidente del Consiglio di Amministrazione di Pjsc Lukoil, è morto dopo una grave malattia. Ravil Ulfatovich ha dato un contributo inestimabile non solo allo sviluppo della Società, ma all’intera industria petrolifera e del gas russa. Le molte migliaia di dipendenti di Lukoil sono profondamente rattristate per questa dolorosa perdita, e esprimono le loro sincere condoglianze alla sua famiglia».

Non è al momento chiaro quale fosse la «grave malattia» di cui avrebbe sofferto Maganov. Mash, sito con buone fonti nelle forze dell’ordine russe, sostiene che il manager fosse in cura per problemi al cuore, e che gli fosse stata diagnosticata una forma di depressione. L’agenzia russa Tass, citando una fonte anonima, parla di un infarto, e spiega che Maganov avrebbe assunto antidepressivi. Secondo Mash, Maganov sarebbe precipitato dal sesto piano dell’ospedale.

Quella di Maganov è, in ogni caso, forse la più eccellente delle eccellenti e misteriose morti di importanti personaggi russi avvenute in questi ultimi mesi. Un suicidio apparente, che la società che guidava ha — come abbiamo visto — legato alla possibile gravità delle sue condizioni: ma, guarda caso, Lukoil aveva criticato l’Operazione militare speciale in Ucraina.

Lo scorso marzo, il board di Lukoil — presieduto proprio da Maganov — aveva chiesto in un comunicato «la rapida fine del conflitto armato» in Ucraina, e aveva espresso «sincera vicinanza a tutte le vittime». «Supportiamo, con forza, la ricerca di un cessate il fuoco duraturo e una risoluzione dei problemi tramite negoziazioni serie e sforzi diplomatici», continuava il comunicato. «Lukoil,in tutte le sue attività, aspira a contribuire alla pace, alle relazioni internazionali, ai legami umanitari». Lukoil aveva dunque — sia pur timidamente — fatto capire che quello che stava accadendo non era una cosa giusta. Poco, molto poco: ma comunque una linea non in sintonia con quello che il Cremlino sostiene. Basti ricordare che Mosca continua a non definire quella in corso una «guerra», ma semplicemente una «operazione militare speciale».

Maganov era il braccio destro di Vagit Alekperov, l’ex viceministro dell’energia di epoca sovietica che negli anni seguiti allo scioglimento dell’Urss, durante le privatizzazioni selvagge, era riuscito a mettere su il suo impero personale. Ad aprile Alekperov aveva lasciato la guida di Lukoil dopo essere stato colpito dalle sanzioni occidentali.

La morte di Maganov susciterebbe solo qualche perplessità se non arrivasse dopo una serie quasi infinita di suicidi e incidenti più o meno oscuri che erano iniziati già prima di febbraio ma che si sono poi intensificati. Tutte coincidenze? Sembra francamente strano.

Si inizia con Leonid Shulman, capo del servizio trasporti di Gazprominvest, sussidiaria del colosso del gas, nel gennaio di quest’anno. Fu trovato suicida nella vasca da bagno. Subito dopo, a febbraio, Aleksandr Tyuliakov, alto dirigente di Gazprom. Sempre a febbraio Mikhail Watford, uomo d’affari russo di origine ucraina. Quindi Vasily Melnikov, altro businessman morto misteriosamente. Ad aprile Vladislav Avayev, ex vicepresidente di Gazprombank, ucciso con moglie e figlia. E ancora: Sergey Protasenya, pure lui ucciso assieme alla moglie e la figlia, questa volta in Spagna. Era un importante manager di Novatek, la più grande compagnia privata che si occupa dell’esportazione di gas.

A maggio è morto Andrej Krukovskij, manager della stazione di sci di proprietà di Gazprom a Sochi, caduto mentre percorreva un sentiero. Sempre a maggio è scomparso anche Aleksandr Subbotin, altro manager di Lukoil, deceduto per insufficienza cardiaca in una casa nei pressi di Mosca mentre, secondo alcune fonti, era impegnato in riti voodoo. E a luglio è toccato a Yurij Voronov, capo di Astra-shipping, una azienda che lavora per Gazprom. Si sarebbe sparato un colpo in testa nella villa che aveva nei pressi di San Pietroburgo.

A due settimane fa risale un’altra caduta dall’alto. Quella del finanziere Dan Rapoport di origine lettone che aveva fatto fortuna in Russia e che è stato un vivace critico del governo di Putin. Rapoport è precipitato da un palazzo a Washington la notte del 14 agosto. Al momento della morte, portava un cappello e infradito arancioni, aveva con sé 2.620 dollari in contanti, ma non aveva il portafoglio né una carta di credito. Le circostanze del decesso erano state definite «estremamente sospette» da Bill Browder, ex finanziere americano con base a Mosca, divenuto uno dei principali alfieri delle sanzioni contro la Russia di Putin dopo l’uccisione del suo avvocato russo, Sergei Magnitsky.

1 settembre 2022 (modifica il 1 settembre 2022 | 15:07)

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, 2022-09-01 13:37:00, Ravil Maganov è precipitato da una finestra al sesto piano di un ospedale di Mosca: è il presidente del Consiglio di amministrazione di Lukoil, la seconda società di produzione petrolifera della Russia, Fabrizio Dragosei e Davide Casati

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