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Pubblicità Milano, frode e riciclaggio: la «zona grigia» degli affari e i trucchi dei manager sull’Iva

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di Luigi Ferrarella

Inchiesta a Milano, arrestati quattro dirigenti di società pubblicitarie. Gli accertamenti partiti da un audit interno del gruppo Clear Channel, che ha denunciato le condotte di Paolo Dosi all’Agenzia delle Entrate

Il mercato della pubblicità, con la fluidità che caratterizza il comprare e vendere spazi e contenuti sempre più creativi, si conferma terreno scivoloso sul piano tributario e penale: quattro manager sono stati posti agli arresti domiciliari, e 28 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Guardia di Finanza di Milano, in una inchiesta della Procura che ipotizza frode fiscale e riciclaggio attorno a un meccanismo pensato per lucrare la differenza tra un’Iva detraibile al 22% e un’Iva esigibile al 4%. Tra gli arrestati la carriera più in vista l’ha avuta Paolo Dosi, sino al 2018 (quando fu allontanato dall’azienda) amministratore unico della concessionaria Clear Channel Jolly Pubblicità spa, non solo colosso della cartellonistica pubblicitaria (facente parte della multinazionale presente in 31 Paesi), ma anche aggiudicataria in esclusiva della comunicazione sul servizio comunale di bike sharing a Milano e Verona, e protagonista dei totem pubblicitari in strada a Napoli, Roma e Firenze, o in 5 aeroporti tra cui Venezia.

L’audit interna del gruppo Clear Channel

Dalle carte emerge che a far iniziare l’indagine è stato un audit interno proprio del gruppo Clear Channel, «che ha portato a sfiduciare l’amministratore Dosi e a denunciare le sue condotte all’Agenzia delle Entrate». I fatti contestati vanno dal 2016 all’inizio 2018, tanto che la gip Lorenza Pasquinelli nelle 300 pagine di ordinanza addita l’oltre anno e mezzo trascorso da quando il pm Paolo Storari chiese gli arresti, «lasso di tempo non imputabile alla Procura e nemmeno alla scrivente» subentrata nel fascicolo: probabile riferimento al fatto che un precedente gip, assegnatario in prima battuta della misura, l’avesse esaminata a lungo senza però deciderla prima di passare ad altro incarico.

I manager arrestati

Agli arresti domiciliari (anziché al carcere come chiedeva il pm) la gip Pasquinelli ha posto anche Marco Verna e Paolo D’Amico, amministratori di Joy srl (e il primo di Media Market srl), e Giorgio Fallica amministratore di fatto di App Media Group spa e di diritto di Defi Italia spa, mentre i sequestri sono stati eseguiti per circa 20 milioni a carico di App Media Group, per circa 5,5 milioni a carico di Gruppo Editoriale Jedi srl, per oltre 1 milione a carico di Joy srl, e per il resto a carico di alcuni indagati. Di una quinta persona è stato respinto l’arresto. «Siamo molto sorpresi da una misura cautelare che sembra arrivare fuori tempo massimo — commenta l’avvocato di Dosi, Marcello Elia —, visto che riguarda fatti che risalgono ad almeno 5 anni fa e per i quali Dosi non ha avuto alcun vantaggio né economico né di altro tipo. Senza contare — aggiunge la difesa — che sulla rilevanza penale di queste vicende tributarie ci sarà molto da discutere».

L’intercettazione di Paolo Dosi

A sostegno del meccanismo che ritiene di avere individuato, l’accusa valorizza un’intercettazione nella quale Dosi stesso «ammette l’illegittimità dell’utilizzo di differenti aliquote Iva (4% e 22%) per la fatturazione di prestazioni di egual natura, confermando che il tutto sia stato precostituito al fine di reperire risorse finanziarie per la realizzazione di un preordinato “progetto industriale”». Dosi lì parla infatti di «un’area grigia nell’ambito delle imposte, diciamo così delle aliquote fiscali, per cui questo elemento qui aveva una sua centralità nel nostro modello…nel loro modello…eh questo può essere vero. C’era un progetto di…industriale, ma se volevi farlo girare, avevi bisogno anche di avere alcune risorse che…saltavano fuori da quel discorso lì, ecco». E per la gip non è convincente la memoria difensiva nella quale Dosi «ha ritenuto di insistere semplicemente sull’avvenuta condivisione delle scelte per Clear Channel coi vertici della multinazionale, così non smentendo gli assunti investigativi ma semplicemente cercando di estendere il novero dei responsabili». Al contrario la gip rimarca che, «dopo essere stato estromesso dalla Clear Channel, Dosi ha intrapreso nuove attività imprenditoriali costituendo la società Nxto srl attraverso la quale è rientrato appieno nel business» di prima, «continuando a ricevere l’aiuto di Verna». Sul quale si indaga per chiarire il riferimento in alcune intercettazioni all’acquisto di tre appartamenti a Panama.

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13 aprile 2022 (modifica il 13 aprile 2022 | 08:19)

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, 2022-04-13 06:26:00, Inchiesta a Milano, arrestati quattro dirigenti di società pubblicitarie. Gli accertamenti partiti da un audit interno del gruppo Clear Channel, che ha denunciato le condotte di Paolo Dosi all’Agenzia delle Entrate, Luigi Ferrarella

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