Prato, condannata a 6 anni e 5 mesi per violenza sessuale la donna che fece un figlio con l’allievo 14enne

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di Marco Gasperetti

Il pg aveva chiesto 6 anni e nove mesi. Assolto il marito condannato in primo grado per essersi attribuito la paternità del neonato. La difesa: «Quel ragazzo era consenziente»

FIRENZE — Quel ragazzino, che non aveva ancora compiuto 14 anni, doveva essere un allievo al quale impartire ripetizioni d’inglese. E invece la sua insegnante improvvisata diventò un’improbabile amante, usò contro di lui violenza sessuale per induzione, e da quei rapporti proibiti nacque un bambino. Cinque anni dopo un’operatrice sanitaria, che aveva un impiego in una residenza per anziani, è stata riconosciuta colpevole, dopo la condanna in primo grado del tribunale di Prato, anche dalla Corte d’Appello di Firenze. Il giudice Anna Maria Sacco ha condannato la donna a 6 anni e 5 mesi. Assolto invece il marito dell’operatrice sanitaria che in primo grado era stato condannato a 1 anno e mezzo perché accusato di aver mentito attribuendosi la paternità biologica di quel neonato.

Nella requisitoria il procuratore generale Pietro Ferrante aveva chiesto 6 anni e 9 mesi di carcere per la donna (tre mesi in più rispetto al giudizio di primo grado) e la conferma della pena comminata dal tribunale di Prato per il marito (1 anno e 6 mesi). La difesa, sostenta dagli avvocati Mattia Alfano e Massimo Nistri, si è invece battuta per l’innocenza della donna sostenendo che non solo il rapporto era consenziente, ma era avvenuto quando il ragazzino, al quale impartiva lezioni di inglese, aveva compiuto 14 anni e dunque era già per la legge personalità giuridica. Il giovane allievo però in una testimonianza aveva detto che i primi rapporti erano iniziati quando lui ancora aveva 13 anni. Dichiarazioni che i legali della donna hanno sempre giudicate contraddittorie e prive di riscontri oggettivi. L’avvocato Alfano ha anche sottolineato come il ragazzino «non fosse affatto un fanciulletto imberbe, perché la sessualizzazione è oggi molto anticipata» e che la sua assistita cercava soltanto affettività. «Certo, sbagliata, malata, eticamente condannabile, ma affettività», ha sottolineato il legale.

Sia la procura generale che la parte civile hanno invece ribadito le ripercussioni psicologiche su quel ragazzo, poco più che bambino. «La sua vita è stata travolta così come quella della sua famiglia, vero è che nelle more i genitori si sono separati. – ha sottolineato l’avvocato della parte civile -. Quel figlio per il 14enne è sarà un macigno, ma anche la terribile vicenda vissuta lo sarà per sempre». Anche perché, secondo l’accusa, non fu una violenza singola «ma il ragazzino visse per 20 mesi nell’angoscia un’esperienza sessuale non confacente alla sua età».

In primo grado il tribunale di Prato aveva condannato la donna e il marito rispettivamente a 6 anni e 6 mesi e a 1 anno e mezzo di carcere. Nelle motivazioni della sentenza il giudice aveva scritto che l’imputata era incapace di porre un freno ai suoi appetiti sessuali, a «quell’insana passione per un adolescente. Una donna incentrata sul proprio ego nel totale dispregio degli interessi di un giovanetto, una donna che non ha speso una parola per riconoscere il male arrecato al ragazzo».

L’accusa (pm Lorenzo Nistri) aveva chiesto 7 anni di carcere per la donna e 2 per il marito. L’operatrice sanitaria (per un anno agli arresti ai domiciliari e poi seguita da uno psicologo), mamma anche di un altro figlio avuto dal marito, aveva raccontato al pm di essersi davvero innamorata di quel ragazzino. «Ho perso la testa, ma non l’ho sfiorato sino a quando non ha compiuto 14 anni», aveva detto. E al gip aveva giurato che per lei quella non era una storia solo di sesso e a quell’allievo al quale impartiva lezioni di inglese, figlio di amici di famiglia che frequentava la sua stessa palestra, voleva bene davvero.

I magistrati inquirenti avevano però accertato un’altra verità. Secondo l’accusa, infatti, la donna avrebbe costretto il ragazzino ad avere una relazione con lei. «Se mi lasci mi uccido», gli avrebbe scritto. E ancor prima lo avrebbe minacciato di rivelare il loro segreto e di mostrare a tutti quel bambino che li somigliava moltissimo. Che quella signora avesse un’ossessione per l’allievo di inglese lo testimoniano anche le carte dell’inchiesta. Nelle quali si descrive una scena di gelosia quando l’adolescente esce con un’amica di scuola. «Ora so per certo che ami una persona – aveva scritto via chat al ragazzo – e quindi non capisco se ami questa ragazza cosa tu ci faccia da me». E poi gli aveva rimproverato di andare da lei solo per avere rapporti sessuali. Lui gli aveva risposto di essere all’esasperazione, ma lei aveva ribattuto di essere stanca e aveva minacciato di uccidersi. «Mi sa che stavolta prendo coraggio devo solo trovare un modo quasi indolore». E la sera, dicendo ancora di amarlo tantissimo, aveva rivelato di aver trovato una soluzione: «Mi sparo aria in vena».

17 maggio 2022 (modifica il 17 maggio 2022 | 14:37)

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, 2022-05-17 12:38:00, Il pg aveva chiesto 6 anni e nove mesi. Assolto il marito condannato in primo grado per essersi attribuito la paternità del neonato. La difesa: «Quel ragazzo era consenziente», Marco Gasperetti

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