Covid Zero in Cina: polizia in strada, arresti, barriere. Pechino vuole azzerare la rabbia

di Guido Santevecchi

Dopo i cortei per la politica Covid Zero, promesse restrizioni sanitarie «più precise»

Non riuscendo a realizzare il sogno Covid Zero, il Partito-Stato di Xi Jinping in queste ore si sta dedicando all’azzeramento delle proteste. A Pechino e Shanghai la polizia ieri notte era fuori in forze, per prevenire nuove manifestazioni dopo quelle del fine settimana, quando la folla esasperata aveva osato invocare le dimissioni di Xi.

Gli agenti hanno intercettato numerose persone in zone dove sospettavano che si potessero radunare i contestatori: hanno controllato che sui loro telefonini non fossero state scaricate le app occidentali, Instagram, Twitter e Telegram che possono essere utilizzate per lanciare immagini e scambiarsi messaggi per organizzare manifestazioni. Sono state fatte cancellare dagli smartphone foto che mostravano la disobbedienza civile del fine settimana.

A Shanghai ci sono stati arresti a decine tra i «soliti sospetti» del dissenso e la Wulumuqi Road teatro delle grida «Xi dimettiti» è stata isolata con barriere. A Pechino si è visto un concentramento di polizia al ponte Sitong, dove a ottobre un manifestante solitario aveva srotolato due manifesti con scritte contro le vessazioni della politica Covid Zero, il Partito comunista e Xi: le stesse frasi che sono state urlate domenica da centinaia di persone a Shanghai. È la prova che nonostante la caccia incessante della censura per «ripulire» i social, è impossibile dominare completamente il web, anche quello «con caratteristiche cinesi».

La polizia ha dovuto lavorare anche a Hong Kong, dove una cinquantina di giovani si sono riuniti in centro, hanno scandito «Niente paura, niente oblio, niente perdono» e hanno sventolato fogli di carta bianchi, diventati il simbolo della protesta che cerca di sfuggire alla censura.

Nessuna cronaca ieri sulla stampa cinese per la vampata di proteste che ha coinvolto una decina di città e una cinquantina di campus universitari. Il portavoce del ministero degli Esteri ha accusato «forze mosse da motivi nascosti» per aver raccontato sul web che dieci persone sono morte giovedì in un incendio a Urumqi, perché i vigili del fuoco sono stati ostacolati dalle barriere del lockdown e anche le uscite di sicurezza erano chiuse. È questa tragedia che ha ispirato la sfida di Shanghai.

Le autorità giocano in difesa: annunciano che a Pechino non saranno più piazzate reti e barriere all’ingresso dei comprensori residenziali dove vengono scoperti casi di contagio da coronavirus. Per quasi tre anni ormai, tutta la zona «a rischio focolaio» è stata regolarmente sigillata, la gente chiusa in casa. Per giorni, per settimane, fino a nuovo ordine. Ora è stato promesso un approccio «più mirato e preciso» nell’isolamento quando emergono casi di positività.

Il Quotidiano del Popolo insiste a propagandare la linea Covid Zero: «I fatti hanno pienamente provato che prevenzione e controllo hanno superato ogni test». I numeri dei contagi sono rimasti bassi, anche oggi sono intorno ai 40 mila al giorno, ma è evidente che i lockdown hanno danneggiato gravemente l’economica della Cina facendo saltare i piani di crescita del governo; hanno stremato la gente che vive al ritmo dei tamponi quotidiani, nella speranza di risultare sempre negativa e che nessun vicino di casa o conoscente sia positivo: perché in questo caso si diventa «contatto stretto» e si finisce in isolamento (non fiduciario ma sorvegliato).

I governi di Washington e Londra, l’Alto commissariato Onu per i diritti umani chiedono alla Cina di rispettare la protesta pacifica. Ma non c’è da illudersi: Xi Jinping non permetterà che la sua linea sia messa in discussione.

28 novembre 2022 (modifica il 28 novembre 2022 | 22:51)

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, 2022-11-28 23:59:00, Dopo i cortei per la politica Covid Zero, promesse restrizioni sanitarie «più precise», Guido Santevecchi

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