Palù: «Quarta dose utile anche per over 60, protegge. Poche quelle fatte finora»

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di Margherita De Bac

Il virologo sull’ipotesi di allargarla ai 60enni: «Dopo quest’età il rischio di ricovero aumenta. Però ormai sappiamo che non evita le reinfezioni»

La quarta dose va fatta?

«Certo, va fatta senza riserve», ne sostiene l’utilità Giorgio Palù, presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa).

Perché?

«Protegge dalla malattia grave e, anche se solo parzialmente, dall’infezione. Il problema è che appena il 19% degli over 80, cui è raccomandata, l’hanno ricevuta. Percentuale bassissima, un quinto della popolazione che ne avrebbe bisogno. I più esposti alle conseguenze severe del Covid». (leggi qui a chi è raccomandata la quarta dose)

Come mai continuano a esitare nonostante l’importanza cruciale della quarta dose sia un tormentone?

«L’esitazione è motivata dalla consapevolezza che ci si può reinfettare una seconda volta pur essendosi vaccinati con tre dosi. Chi ha contratto il virus BA.1 può replicare con BA.5. Inoltre molti temporeggiano, aspettano il nuovo vaccino. L’attuale è disegnato su un virus che ha circolato due anni e mezzo fa, il prototipo Wuhan».

Un fenomeno tutto italiano, l’esitanza?

«No, succede in tutta Europa. In Germania è anche peggio».

Faccia l’avvocato della quarta dose.

«Protegge dall’ infezione al 50%, ma quasi nove volte su dieci evita ricovero in ospedale ed esiti mortali».

Si sta decidendo di offrire il secondo richiamo anche ai 60enni. Che ne dice?

«È una misura precauzionale suggerita da Ema ed Ecdc, istituzioni europee preoccupate dall’aumento rapido del tasso di incidenza della sottovariante BA.5
. In Francia ci sono 200 mila contagi al giorno, in Germania 150 mila. La finalità è proteggere le fasce di età a partire dalle quali la letalità cresce. L’Italia ancora non ha fatta propria questa indicazione» ( Leggi qui ultimo bollettino)

Chi ha avuto tre dosi e ha preso il Covid deve cautelarsi con la quarta?

«Dal punto di vista virologico è come avesse avuto una quarta dose: ha un’immunità ibrida che è più forte di quella artificiale in quanto è venuto a contatto col virus intero anziché con una sua parte, la proteina Spike, contenuta nel vaccino. Su questo bisognerebbe dare indicazioni precise. In teoria si potrebbe evitare un secondo richiamo».

Avremo davvero il nuovo vaccino a ottobre?

«Gli studi delle aziende Pfizer e Moderna sono a buon punto
. La sperimentazione clinica ha dimostrato che i nuovi vaccini a mRna (che codificano la proteina S di BA.1 e Wuhan) inducono risposte anticorpali nettamente superiori rispetto all’attuale e neutralizzanti significativi anche contro BA.5. Credo possa essere considerato un richiamo adeguato. Scordiamoci per il momento un vaccino che prevenga l’infezione».

Perché?

«Finché il Sars-CoV-2 non smette di mutare e di eludere la difesa del sistema immunitario, rassegniamoci. Finirà che ogni anno dovremo fare la profilassi con un nuovo vaccino aggiornato in base al ceppo circolante in quella stagione senza che le agenzie regolatorie debbano necessariamente valutare l’esito di una sperimentazione clinica. Succede già per l’antinfluenzale».

È spuntata una nuova sottovariante, BA.2.75. Ci risiamo?

«È comparsa molto recentemente in India, assomiglia a BA.2, una delle sottovarianti di Omicron
, possiede oltre 60 mutazioni e due di esse situate nella proteina Spike (necessaria per agganciare le cellule umane) le consentono di sfuggire alle difese dei nostri anticorpi».

Prenderà la leadership?

«Non abbiamo dati per prevedere se avrà il sopravvento, se sia più virulenta, né se davvero sia caratterizzata da un indice di contagio superiore. Pochi ancora i casi. Prima identificazione in India».

Che significa il rapido avvicendarsi di nuovi ceppi?

«Che questo virus, assecondando un processo evolutivo di tipo darwiniano, cerca di diventare più trasmissibile acquisendo mutazioni che glielo consentano anche a scapito dell’aggressività. Il processo di mutazione è tanto più efficiente quanto più a lungo il virus persiste in un organismo immunodepresso. In Africa, Brasile, India vivono molte persone in condizioni di salute precaria e immunodepresse per malattie croniche come tubercolosi e Aids».

8 luglio 2022 (modifica il 8 luglio 2022 | 22:57)

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, 2022-07-08 21:41:00, Il virologo sull’ipotesi di allargarla ai 60enni: «Dopo quest’età il rischio di ricovero aumenta. Però ormai sappiamo che non evita le reinfezioni», Margherita De Bac

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