Monica Vitti e la sua malattia: che cos’è e come si manifesta la «demenza a corpi di Lewy»

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Una patologia non rara che ha caratteristiche diverse dall’Alzheimer, con cui spesso viene confusa. Chi ne soffre ha disturbi di memoria «fluttuanti» e visioni, in una seconda fase anche tremori

Il marito di Monica Vitti, Roberto Russo, ha raccontato a Walter Veltroni sul Corriere gli anni passati con l’attrice e la convivenza con la malattia di lei, la «demenza a corpi di Lewy», una forma di demenza spesso confusa con l’Alzheimer, ma che ha caratteristiche molto diverse. «Non è una malattia rara — chiarisce Sandro Iannaccone, primario dell’Unità di Riabilitazione Disturbi Neurologici Cognitivi-Motori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano —, è la terza causa di demenza: dopo l’Alzheimer e la forma vascolare, c’è appunto la malattia di Lewy. Se si tiene conto che i pazienti affetti da demenza in Italia sono 1 milione, e di questi circa 500.000 sono Alzheimer, stiamo parlando di una malattia che coinvolge più di 100.000 persone».

Quali sono le caratteristiche della demenza a corpi di Lewy?

«Spesso non viene diagnosticata o viene confusa con l’Alzheimer (con cui ha caratteristiche molto diverse), oppure con una forma di Parkinson grave con demenza. La malattia è caratterizzata da un deficit cognitivo (di memoria, orientamento e confusione) che però è fluttuante e in questo è molto diversa dall’Alzheimer, perché l’Alzheimer è un lento e progressivo decadimento, mentre in questa forma ci sono momenti di confusione e momenti di lucidità in cui il paziente è normale e non ha nulla. Un’altra caratteristica ancora più rilevante è un’intolleranza ai sedativi maggiori utilizzati per le altre demenze, cioè farmaci cosiddetti neurolettici che servono ad allucinazioni e delirio (spesso presenti anche nella forma di Lewy) che, se assunti, fanno peggiorare improvvisamente e drasticamente questi malati».

Come si arriva alla diagnosi corretta?

«Ci sono criteri precisi: la presenza di un deficit cognitivo fluttuante; la presenza di allucinosi, che sono immagini o persone che il paziente vede, ma se ci pensa bene capisce che non sono reali (nel caso della allucinazioni il paziente pensa siano vere); altro criterio per la diagnosi è la presenza di disturbi del sonno, per cui il paziente è come se facesse dei sogni vivendoli (si agita, urla, può cadere dal letto, partecipa, reagisce se colpito); infine, in una seconda fase, intervengono anche i sintomi parkinsoniani, che nell’Alzheimer non ci sono».

Quali sono i campanelli d’allarme?

«I segnali sono in genere disturbi di confusione o disturbi di memoria alternati a lucidità, la maggior parte dei pazienti però sottovaluta, sono i familiari ad accorgersi che qualcosa non va. Una spia d’allarme è quando questi disturbi di memoria vanno e vengono e sono accompagnati da disturbi del sonno con incubi notturni».

Molte persone lamentano disturbi di memoria con il passare degli anni. Quando si tratta di segnali preoccupanti, come distinguerli?

«Il disturbo di memoria è preoccupante quando interferisce con le attività quotidiane: la maggior parte delle persone ha disturbi soggettivi di memoria, poi in realtà si riesce a fare tutto normalmente, che sia andare a fare la spesa e fare i conti, l’attività lavorativa, saper utilizzare il cellulare… quando questi disturbi di memoria interferiscono con l’attività quotidiana, allora sono un segnale da prendere sul serio».

Qual è l’aspettativa di vita per questa patologia?

«In genere 5 anni di media, però dipende molto se viene diagnosticata in tempo e viene curata con i farmaci che ci sono, evitando quelli che fanno male. In una situazione familiare di accudimento può durare tanti anni (nel caso di Monica Vitti sono stati 20 anni, ndr). La morte sopraggiunge (per tutte le demenze) perché il paziente non riesce più a essere autosufficiente, viene allettato, deperisce e va incontro alle infezioni (di solito quelle polmonari) che portano al decesso, ma stiamo parlando davvero delle ultime fasi di malattia».

Quali sono le cure possibili?

«Ci sono i farmaci che aumentano le capacità cognitive, quelli per il Parkinson, per le allucinosi: è una terapia complessa perché il paziente ha più sintomi. I farmaci a disposizione infatti curano i sintomi e permettono l’allungamento della malattia, ma non esistono ad oggi terapie in grado di guarire o far tornare indietro il paziente a uno stadio precedente».

19 giugno 2022 (modifica il 19 giugno 2022 | 14:33)

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, 2022-06-19 12:37:00, Una patologia non rara che ha caratteristiche diverse dall’Alzheimer, con cui spesso viene confusa. Chi ne soffre ha disturbi di memoria «fluttuanti» e visioni, in una seconda fase anche tremori, Silvia Turin

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