Marina Ovsyannikova, la polizia russa arresta la giornalista del cartello «No alla guerra»

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di Marco Imarisio

Venerdì è apparsa di fronte al Cremlino con un altro cartello: «Putin è un assassino, e i suoi soldati sono dei fascisti. Hanno ammazzato 352 bambini». Una sfida troppo evidente per essere ignorata

Quando era andata in Ucraina per conto di un giornale tedesco, era stata accolta malissimo . Dicevano che faceva il doppio gioco, che era una marionetta al soldo del Cremlino. Anche nella sua Mosca correvano voci sulla sua presunta ambiguità, alimentate anche dai messaggi ondivaghi che pubblicava sul suo account di Telegram. Forse da ieri c’è qualche dubbio in meno sulla sua sincerità. Marina Ovsyannikova , la giornalista dell’emittente statale e filogovernativa Primo Canale, che lo scorso 14 marzo era apparsa in diretta durante il telegiornale con un cartello sul quale mischiando russo e inglese era scritto «Ferma la guerra, non credere alla propaganda, qui ti stanno mentendo», è stata arrestata.

Le era già successo quella stessa sera, e il suo rilascio avvenuto dopo pochi giorni era stato il fattore scatenante dei sospetti sul suo conto. Era stata punita con una multa equivalente a cinquecento euro. Neppure troppo pesante, quasi simbolica. Questa volta, le autorità non hanno potuto esimersi. Venerdì era apparsa sulla sponda della Moscova, di fronte al Cremlino, con un altro cartello in mano, ancora più esplicito del precedente. «Putin è un assassino, e i suoi soldati sono dei fascisti. Hanno ammazzato 352 bambini. Quanti altri ne volete uccidere prima di fermarvi?» La sfida era troppo evidente per essere ignorata, troppo vicina al simbolo del potere russo.

Ovsyannikova era rientrata a Mosca da una settimana, per seguire la causa di affidamento dei suoi due figli. L’ex marito, anch’egli giornalista, dopo aver condannato la sua protesta in diretta che aveva attirato l’attenzione del mondo intero, aveva infatti chiesto al tribunale l’affidamento dei ragazzi, di undici e diciassette anni, sostenendo che Marina era ormai diventata un «agente straniero» e aveva scelto di lavorare all’estero. Proprio l’essere madre di due minorenni era stata la ragione giuridica che aveva giustificato la sua mancata incarcerazione. Ma non era stata sufficiente a proteggerla dalle teorie del complotto, che parlavano di una messinscena concordata con il Cremlino per mostrare come il dissenso sia possibile e consentito, e avevano trovato terreno fertile in alcune sue dichiarazioni contro le sanzioni occidentali.

La giornalista, nata a Odessa nel 1978 ma cresciuta nella Russia meridionale, aveva invece continuato a protestare contro la guerra in Ucraina, in solitudine. Era anche convinta che in qualche modo la resa dei conti sarebbe prima o poi arrivata. Non sbagliava. Negli ultimi giorni il suo canale Telegram aveva lanciato un nuovo slogan che non lasciava presagire nulla di buono. «Gde Marina?» Dov’è Marina? Poi sono apparse le foto che mostravano alcuni agenti che la portavano via. Neppure quelle immagini le avevano risparmiato ironie sui vestiti di lusso e sul suo presunto doppio gioco. Ieri, un altro messaggio. «È stata arrestata e le informazioni sulla sua posizione sono ignote». Sono le stesse parole che vennero utilizzate anche a marzo. Ma questa volta è assai probabile che la fine della storia sia ben diversa, purtroppo.

18 luglio 2022 (modifica il 18 luglio 2022 | 01:48)

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, 2022-07-17 23:53:00, Venerdì è apparsa di fronte al Cremlino con un altro cartello: «Putin è un assassino, e i suoi soldati sono dei fascisti. Hanno ammazzato 352 bambini». Una sfida troppo evidente per essere ignorata, Marco Imarisio

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