Lamezia, la marijuana fruttava ai pusher 7 euro al grammo di guadagno

Non solo la cocaina, ma anche la marijuana rappresentava un business fruttuoso per la rete di presunti pusher lametini colpita nei giorni scorsi da un’operazione della Dda di Catanzaro. Tanto che ne erano coinvolti anche i parenti più stretti di coloro che sono accusati di essere a capo dell’organizzazione. Lo dimostra un episodio riportato nell’ordinanza del gip che ha disposto misure cautelari per 23 dei 99 indagati.
Nel maggio del 2018 Simone Bonali (tra i 6 finiti in carcere, figlio di Domenico e cognato di Antonio Pagliuso, i due presunti capi) chiamava la madre da sotto il balcone dell’abitazione di famiglia chiedendole di dargli qualcosa. «La donna, senza esitare, lanciava un involucro al figlio – ricostruisce il gip – che, dopo averlo raccolto, entrava nel magazzino in compagnia di Giuseppe Saladino (indagato a piede libero, ndr); quest’ultimo, nel vedere la scena, si lasciava andare ad un commento eloquente (“ah… l’avete corrotta, pure a lei, avete corrotto!”)».
Leggi l’articolo completo sull’edizione cartacea di Gazzetta del Sud – Catanzaro
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