La nostra ansia

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Moltissimi si riconosceranno nell’autoritratto interiore che l’attrice bolognese Matilda De Angelis ha affidato alle pagine di Instagram. Quel macigno sul petto che ti impedisce quasi di respirare. La perdita di senso e di desiderio. La paura di uscire di casa o di tornarci, perché qualunque movimento può farti cadere dal filo su cui ti reggi in equilibrio precario. Nessuno sarà così superficiale da bollare quest’ansia esistenziale come una fisima.

Il fatto che i mali dell’anima siano invisibili non significa che siano meno autentici di quelli del corpo, ai quali peraltro si collegano.

Una quota naturale d’ansia fa parte della condizione umana, ma ultimamente vi abbiamo aggiunto un carico ulteriore. La pandemia e la guerra, certo, ma ancora di più la fine del posto fisso, delle tutele sociali e della dimensione comunitaria, rimpiazzata da tante solitudini iperconnesse.

Tutto congiura a trasformare il sano impulso alla competitività in un mostro ansiogeno che porta a vedere pericoli e complotti anche dove non ci sono, ad acuire la smania di controllo e a farci sentire sempre fuori posto e mai all’altezza delle aspettative, nostre e altrui.

L’idea devastante di quest’epoca ipocrita è che si debba essere privi di zone d’ombra. Mentre quelle zone esistono e vanno accettate, dato che è proprio la loro non accettazione a generare ansia.

Cara Matilda, ti saluto con le parole immortali di Jung: «Lo scopo della vita non è diventare perfetti, ma completi».



Il Caffè di Gramellini vi aspetta qui, da martedì a sabato. Chi è abbonato al Corriere ha a disposizione anche «PrimaOra», la newsletter che permette di iniziare al meglio la giornata.
La si può leggere qui.

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14 luglio 2022, 07:06 – modifica il 14 luglio 2022 | 10:56

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-07-14 12:44:00,

Moltissimi si riconosceranno nell’autoritratto interiore che l’attrice bolognese Matilda De Angelis ha affidato alle pagine di Instagram. Quel macigno sul petto che ti impedisce quasi di respirare. La perdita di senso e di desiderio. La paura di uscire di casa o di tornarci, perché qualunque movimento può farti cadere dal filo su cui ti reggi in equilibrio precario. Nessuno sarà così superficiale da bollare quest’ansia esistenziale come una fisima.

Il fatto che i mali dell’anima siano invisibili non significa che siano meno autentici di quelli del corpo, ai quali peraltro si collegano.

Una quota naturale d’ansia fa parte della condizione umana, ma ultimamente vi abbiamo aggiunto un carico ulteriore. La pandemia e la guerra, certo, ma ancora di più la fine del posto fisso, delle tutele sociali e della dimensione comunitaria, rimpiazzata da tante solitudini iperconnesse.

Tutto congiura a trasformare il sano impulso alla competitività in un mostro ansiogeno che porta a vedere pericoli e complotti anche dove non ci sono, ad acuire la smania di controllo e a farci sentire sempre fuori posto e mai all’altezza delle aspettative, nostre e altrui.

L’idea devastante di quest’epoca ipocrita è che si debba essere privi di zone d’ombra. Mentre quelle zone esistono e vanno accettate, dato che è proprio la loro non accettazione a generare ansia.

Cara Matilda, ti saluto con le parole immortali di Jung: «Lo scopo della vita non è diventare perfetti, ma completi».



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14 luglio 2022, 07:06 – modifica il 14 luglio 2022 | 10:56

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, Massimo Gramellini

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