«La Design Week un palcoscenico per tutti E segna la nostra identità»

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di Claudio Bozza

L’assessore alla Cultura di Milano Tommaso Sacchi: «Che emozione aver conosciuto Enzo Mari nella sua casa-studio»

«Questa edizione del Salone è vitale, perché sancisce il ritorno di Milano sulla scena internazionale». Tommaso Sacchi, assessore alla Cultura della giunta Sala, dopo il crollo causato della pandemia, confida molto in questa «week» come volano economico: «Il livello dei risultati ci darà la misura del ritorno alla vita di una città come Milano», perché «il Salone è l’unico evento tematico italiano che riesce a catalizzare tutto lo spettro della produzione creativa contemporanea intorno a un solo tema, in questo caso il design». Attorno all’esposizione «sono protagonisti: la musica, la danza con Roberto Bolle che sarà la star il 5 giugno alla Scala e poi ci sono arte contemporanea e fotografia; senza contare un indotto enorme: dagli hotel ai ristoranti».

Il Salone ha anche una valenza sociologica?

«La diffusione dei festival ha trasformato spesso le città italiane in parchi a tema temporanei, fino al punto di rendere un pezzo importante dell’identità urbana una declinazione del tema stesso del festival. Mi spiego meglio: con questa struttura, che io definisco “permeabilità dei piani terra”, gli eventi sono calati negli spazi della vita quotidiana, quindi vi partecipano di riflesso anche i cittadini non direttamente interessati al Salone».

Possiamo dire che il Salone, nel tempo, diventando più «democratico» ha moltiplicato il proprio potenziale?

«Sicuramente. Perché, fino alla metà degli anni ’80, installare uno stand all’interno della Fiera Campionaria risultava troppo oneroso per i giovani designer o le giovani imprese. Ora, invece, grazie appunto ai “piani terra”, si è alimentata una rete espositiva che è cresciuta nel tempo, sollecitando nuove produzioni che sapevano di potersi procurare una vetrina durante questa settimana. Non è più una manifestazione di nicchia, ora è un palcoscenico per tutti».

Un modello anche per altre città, italiane e non solo?

«Direi: un circolo virtuoso che è diventato anche una festa, prima per la città, poi per tutti gli appassionati che da ogni parte del mondo vengono a scoprire non solo i grandi marchi, ma anche tutte le variegate espressioni di quella esplosione di creatività che ha sempre trovato a Milano uno spazio vitale».

Quali sono i personaggi del design che l’hanno maggiormente colpita?

«Devo a Stefano Boeri la fortuna di aver incontrato Enzo Mari (e Lea Vergine) nella sua casa vicino alla basilica di Sant’Ambrogio. Mari stava preparando quella che sarebbe stata una mostra iconica che rimarrà nella storia di Milano. Entrare nella loro casa-studio e ritrovare il prototipo della sedia in autoprogettazione, il puzzle dei 16 animali o la meravigliosa mela rossa su fondo bianco diventata una icona – così semplice e perfetta- del lavoro di Mari mi ha molto emozionato. Da quel giorno seguo da vicino e con un altro occhio il design italiano».

Le tappe obbligate per l’assessore alla cultura di Milano?

«Girare per Milano durante il Fuorisalone è un’esperienza che arricchisce tutti: dai produttori, grandi e piccoli, all’indotto commerciale, agli artisti e ai visitatori appassionati. Durante la Settimana del Mobile si possono ritrovare nelle grandi istituzioni dedicate al Design gli oggetti che hanno accompagnato la storia sociale ed economica del nostro Paese. E poi consiglio a tutti di visitare la mostra di Aldo Rossi al Museo del 900 e quella dedicata a Joe Colombo in GAM. Anche i musei civici parteciperanno infatti a questa grande festa».

Ci racconti dei suoi pezzi storici preferiti?

«Penso ad alcuni oggetti iconici che amo molto come la lampada Arco dei Fratelli Castiglioni, che ancora arreda e illumina la sala della casa in cui sono cresciuto, che ogni tanto rivedo con orgoglio nel bellissimo Museo del Design di Triennale; oppure alla Lettera 22, Compasso d’Oro nel 1954, sulla quale da bambino vedevo scrivere mio nonno e che proprio nei giorni scorsi ho rivisto all’ADI Museum».

Cosa si aspetta di scoprire durante questa edizione?

«In fiera si possono scoprire le innovazioni sull’abitare che rendono la vita di ciascuno di noi più semplice, più bella e sempre più sostenibile. La città diventa un palcoscenico di creatività applicata alla nostra quotidianità, dovunque si trovano spunti per migliorare la nostra vita. Perché, in origine e in fondo, il design è proprio questo: l’intelligenza e la creatività applicati all’oggetto per renderlo più utile, funzionale, bello».

Ci racconterà anche in che direzione andrà questa «rinascita»?

«L’intelligenza collettiva cresce e si trasforma in base alle esigenze della nostra società, agli scenari globali, alla contaminazione dei gusti e delle culture diverse da noi; e così il design diventa anche lo specchio dei nostri problemi e delle nostre aspirazioni, e il Fuorisalone uno spettacolo mai uguale a se stesso che ogni anno cambia forma e pelle, offrendoci lo straordinario spettacolo di quello che siamo e di ciò che, domani, vogliamo diventare».

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6 giugno 2022 (modifica il 6 giugno 2022 | 10:14)

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