Insegnare lempatia, la Rete Nazionale delle scuole dellEmpatia e la didattica delle emozioni. INTERVISTA ad Anna Maria Carbone: con Uda Conoscere e conoscersi comunicare emozioni

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L’idea portante della “Rete Nazionale delle scuole dell’Empatia” e della “Didattica delle emozioni” è quella di introdurre in tutte le scuole italiane (speriamo non solo in quelle) un format educativo di nuova generazione, validato e con evidenze scientifiche ragguardevoli (anche di tipo biologico), finalizzato a promuovere benessere negli alunni, attivando competenze empatiche e cooperative, attraverso una Rete dedicata: la Rete Nazionale delle scuole dell’Empatia. Si è pensato di inaugurare e poi diffondere una Rete Nazionale delle Scuole dell’Empatia, un circuito di scuole che potessero accogliere e condividere i principi dell’educazione emotiva, utilizzare il metodo della Didattica delle Emozioni®, formarsi. Presso la Sala del Consiglio dell’Amministrazione Comunale della città di Viterbo, è stato siglato l’accordo tra i primi sette Istituti Comprensivi della città, con capofila l’IC Silvio Canevari, diretto dal Dirigente scolastico Paolo Fatiganti.

La Rete de “Le Scuole dell’Empatia”

Il Comune di Viterbo, divenuto consapevole dell’opportunità per tutte le scuole italiane, si è fatto promotore del progetto della Rete de “Le Scuole dell’Empatia”, firmando appunto un protocollo di adesione. Ai primi sette Istituti Comprensivi di Viterbo, oltre ad altre realtà scolastiche importanti di Todi, Roma, Pordenone e altre ancora si è aggiunto l’Istituto Comprensivo Grosseto 4, con l’intento di diffondere l’iniziativa anche negli altri Istituti Comprensivi e scuole d’infanzia comunali del Comune di Grosseto. La Dirigente scolastica dell’ IC Grossero 4, Anna Maria Carbone, che ha sostenuto la sperimentazione della Didattica delle Emozioni® fin dai suoi primi passi sperimentali nelle scuole della Comunità montana delle Colline dell’Albegna (Gr), collabora da tempo al Progetto Avatar, finalizzato a promuovere la salute degli adolescenti in ambito scolastico. Sostenuto dal Dottor Alessandro Pingitore e la Dottoressa Mastorci, esperti dell’Istituto di Fisiologia del CNR di Pisa e dalla Dottoressa Marta Pozzi dell’ ASFO di Pordenone, il Progetto Avatar si occupa del benessere degli adolescenti attraverso percorsi di gruppo e personalizzati costruiti dalle scuole sulla base del profilo individuale ottenuto dall’analisi dello stile di vita, del contesto sociale, dello stato emotivo e delle abilità mentali di ciascuno.

La Didattica delle Emozioni® e le classe delle scuole Avatar

La Didattica delle Emozioni® si è dimostrata molto proficua anche in alcuni contesti classe delle scuole Avatar tanto da sostenere ulteriori connessioni e disseminazioni. A settembre parte nei sette Istituti Comprensivi della città di Viterbo che hanno aderito alla Rete Nazionale delle Scuole dell’Empatia (www.scuoleempatia.it) una particolare formazione dei docenti per applicare il metodo della Didattica delle Emozioni® nelle rispettive sezioni e nelle rispettive classi. Hanno aderito alla proposta formativa circa 450 docenti. Sull’argomento abbiamo voluto confrontarci con la professoressa Anna Maria Carbone, dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo “Grosseto 4”, da anni impegnata su più fronti per fare delle scuole che ha diretto e dirige delle vere fucine nel campo dell’innovazione.

Professoressa Carbone in che cosa consiste il metodo della “Didattica delle emozioni” e quale è, in pratica, la sua sperimentazione?

«La Didattica delle Emozioni® consiste in un metodo di promozione della salute e di prevenzione precoce del disagio giovanile ideato da Rosanna Schiralli e Ulisse Mariani, psicologi e ricercatori nel campo della psicologia dello sviluppo da più di trent’anni. Il metodo è stato nel tempo sottoposto a numerosi studi e verifiche svolte in Italia (nelle scuole della provincia di Viterbo, nelle scuole della Comunità montana delle Colline dell’Albegna (Gr), con capofila l’I.C. di Manciano, diretto fino all’anno scolastico 2020/21 dalla Dirigente scolastica Anna Maria Carbone) e in molti Paesi dell’Unione Europea, proprio per rendere il metodo decisamente valido e supportato da chiare evidenze scientifiche. Gli studi svolti nelle varie sperimentazioni hanno coinvolto migliaia di alunni tra i 3 e i 16 anni e centinaia di docenti. Recentemente, sono stati ulteriormente approfonditi altri importanti parametri. Il metodo è stato infatti sottoposto ad un ulteriore passaggio di studio: sono state sottoposte a verifica, per la prima volta al mondo, specifiche modificazioni psicobiologiche negli alunni reclutati in un programma di educazione emotiva per misurare i livelli di benessere attraverso la misurazione di alcuni markers biologici».

Preside, possiamo affermare che la “Didattica delle Emozioni” è uno dei migliori metodi di prevenzione precoce del disagio giovanile?

«Sì. La ricerca effettuata dall’Associazione Emotional Training Center di Viterbo in collaborazione con l’Università de L’Aquila, l’Ateneo S. Raffaele di Milano, l’Ateneo Federico II di Napoli e il Centro Internazionale di Biotecnologie Avanzate di Napoli hanno provveduto alle analisi biologiche e genetiche e con la Società scientifica Sipnei di Roma che ha coordinato il progetto. Si è verificato se il metodo di educazione emotiva, applicato per un intero anno scolastico, potesse modificare alcuni precisi parametri psicobiologici (variazione dei livelli di cortisolo). I risultati, come si potrà vedere più avanti, sono stati così rilevanti da rendere la Didattica delle Emozioni® il metodo di prevenzione precoce del disagio giovanile più valido e scientifico attualmente utilizzabile nelle scuole».

Nuovi disagi, nuovi interventi. L’intelligenza emotiva, preside, può essere un fattore di protezione?

«Condotte aggressive, depressive, caduta della motivazione e del desiderio, dipendenze, nichilismo, incapacità di costruire relazioni significative appaiono gli aspetti salienti dei nuovi disagi delle giovani generazioni. Nel tentativo di arginare questo malessere, spesso non riconosciuto dai giovani stessi, fin dai primi anni ‘80 sono state realizzate operazioni di prevenzione: pratiche finalizzate dapprima a informare sui rischi, successivamente a promuovere benessere prevalentemente tra la popolazione scolastica. Risultando completamente fallimentare la prima azione (informare), gli sforzi si sono gradualmente concentrati sul promuovere benessere (stili di vita, life skills, peer education) tra i giovani e i giovanissimi.

Tuttavia, le condotte disadattate dei giovani hanno continuato a dilagare nonostante lo sforzo delle politiche sociali messe in atto, talvolta dai costi economici altissimi. alla pubblicazione delle prime ricerche sull’Intelligenza Emotiva (Goleman, 1990), molte scuole e organizzazioni educative hanno iniziato a utilizzare programmi basati su questo costrutto all’interno dei loro curricoli didattici, ma la diffusione è ancora oggi scarsa anche se ormai se ne sta parlando sempre di più.

La scoperta dei neuroni specchio, vere e proprie strutture neurobiologiche dell’empatia, e la possibilità di allenarli e potenziarli (come in fondo la gran parte delle funzioni del cervello) ha reso ancor più rilevante ed urgente focalizzare le giuste pratiche educative foriere di benessere, autonomia, autostima e capacità di costruire relazioni significative con gli altri. Una grande quantità di ricerche scientifiche, in campo educativo e psicologico ha stabilito che sistematici interventi di educazione volti a favorire lo sviluppo dell’Intelligenza Emotiva nelle scuole migliorano in modo significativo: le abilità e gli atteggiamenti socio-emotive degli allievi; le relazioni (aumento di comportamenti pro-sociali, riduzione dei comportamenti conflittuali): i comportamenti virtuosi, i livelli di stress e la salute; il successo formativo».

Dirigente Carbone, voi proponete un potenziamento delle abilità emotive, giusto?

«Il potenziamento delle abilità emotive è attualmente considerato la strada migliore per promuovere benessere e implementare fattori protettivi.
Tra le abilità da sviluppare l’OMS, nel corso degli ultimi anni, ne ha individuate alcune particolarmente importanti: il riconoscimento, la discriminazione e la condivisione delle emozioni degli altri (empatia); la gestione delle proprie emozioni (autoregolazione); la modulazione dello stress per raggiungere obiettivi concreti (autoefficacia); il senso di possedere una personale cabina di regia interna (autostima)».

Dal 2006 al 2019 il metodo della Didattica delle Emozioni® è stato validato attraverso quattro successive ricerche. In che cosa consiste Preside Carbone?

«La graduale introiezione di queste abilità fornirà infatti il soggetto dei più adeguati filtri per gestire le pulsioni interne, trasformandole di volta in volta in emozioni modulabili e appunto gestibili. La continua funzione della regolazione emotiva consoliderà nei giovani una sorta di cabina di regia interna (locus of control) in modo che possano affrontare con successo e padronanza livelli anche elevati di stress, di conflitto e di frustrazione.

Dal 2006 al 2019 il metodo della Didattica delle Emozioni® è stato validato attraverso quattro successive ricerche: un primo studio pilota su circa 300 alunni; due ricerche con campioni di alunni molto rilevanti (più di 1600) svolte in due provincie italiane (Viterbo e Grosseto); una ricerca svolta parallelamente in diversi Paesi della UE (Gran Bretagna, Austria, Romania, Ungheria, Italia) e in Turchia con un campione di quasi 700 alunni. I risultati ottenuti ai test e alle griglie di osservazione sono stati sempre molto buoni e sovrapponibili.

Da qui l’esigenza (ma anche la curiosità e la speranza) di capire se quelle modificazioni comportamentali così evidenti potessero avere dei riscontri psicobiologici. School Empathy Project è stato il programma di ricerca che ha coinvolto atenei universitari e società scientifiche italiane nella ricerca di evidenze di efficacia psicobiologiche in bambini reclutati in un programma di potenziamento delle competenze emotive in classe».

Preside, è necessario costruire fattori di protezione individuali e di empatia?

«Le competenze riguardano la capacità di individuare, gestire e modulare il proprio mondo emotivo e sentire, con buona approssimazione, le emozioni e gli stati d’animo dell’Altro. Si tratta dunque di costruire fattori di protezione individuali (riconoscendo e gestendo le emozioni in modo adeguato infatti si è più competenti nell’affrontare e risolvere le pulsioni che tendono invece al tutto e subito) e di costruire l’empatia, la competenza di sentire quello che l’Altro sente, foriera di condotte cooperative, di sintonizzazione e di condivisione. In effetti, i risultati ottenuti circa eventuali variazioni psicobiologiche nei bambini dei gruppi sperimentali sono molto interessanti: appare evidente un notevole diminuzione dei livelli di cortisolo (l’ormone dello stress), mentre il gruppo di controllo (in una didattica normale) evidenzia addirittura un discreto aumento.

Tale diminuzione ha presumibilmente influito sulle condotte dei bambini, con l’emergere di più efficaci ed adattive competenze e ad una migliore gestione del proprio mondo emotivo. L’abbassamento dei livelli di cortisolo nei bambini reclutati in un programma di educazione emotiva costituisce una evidenza di grande valore. L’educazione emotiva a scuola rende dunque gli alunni più sani, più sereni, collaborativi, empatici e il loro cervello, con meno concentrazioni di cortisolo, si sviluppa con più armonia e in modo più adattivo (maggiori competenze emotive, capacità di affrontare le frustrazioni, maggiore empatia, più senso di appartenenza alla scuola, maggior profitto).Inoltre, con livelli di cortisolo contenuti, il sistema immunitario appare più efficace».

Preside Carbone, si tratta di un metodo focalizzato sulla relazione educativa?

«Se non è facile intervenire ad ampio spettro sulle famiglie e sui genitori per motivi oggettivi, appare invece più gestibile l’ambito scolastico. Sulla base delle prime sperimentazioni, si è dunque pensato e realizzato, un metodo focalizzato sulla relazione educativa: su quelle interazioni e su quei preziosi scambi tra alunni e docente in grado di costruire in classe autonomia ed autostima, motivazione e desiderio di esplorare, senso di appartenenza e condotte cooperative, prevenendo con efficacia disagio, malessere e disadattamento futuro.

I docenti potranno, dunque, attivare nelle loro classi un metodo con le seguenti caratteristiche: utilizzo immediato; versatile da poter essere utilizzato in tutte le scuole e con tutti gli alunni; facile e piacevole da utilizzare in classe; nessuna interferenza con il programma scolastico; nessun surplus di lavoro per gli insegnanti; essere efficace e capace di raggiungere gli obiettivi dichiarati; costi di realizzazione tendenti a zero; possibilità di essere appreso mediante una formazione dei docenti breve e scorrevole».

L’Uda “Conoscere e conoscersi – comunicare emozioni”

In allegato la pregevole Uda realizzata dai docenti della scuola secondaria dell’Istituto Comprensivo N° 5 “Santa Lucia”, diretto dal dirigente scolastico Dott.ssa Nicoletta Dalle Vedove, dal titolo “Conoscere e conoscersi – comunicare emozioni”.

UdA-SC.-secondaria -CONOSCERE E CONOSCERSI – COMUNICARE EMOZIONI

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