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Il prigioniero liberato dai russi: «Mi hanno torturato, ora torno al fronte»

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di Marta Serafini, inviata a OdessaArtiom, 23 anni, soldato semplice ucraino, da due anni e mezzo nell’esercito di Kiev, è stato catturato nella regione di Kherson e ha passato 18 giorni nella mani del nemico: «Mi hanno spaccato un dito del piede» «Sono stati i kazaki a fare il lavoro sporco. Erano loro che ci picchiavano». Artiom — il nome è di fantasia per proteggere la sua identità — ha 23 anni. Soldato semplice ucraino, da due anni e mezzo nell’esercito di Kiev. È stato catturato nella regione di Kherson. Diciotto giorni nelle mani dei russi. E poi scambiato, pochi giorni fa. «Mi hanno torturato, hanno minacciato di tagliarmi un dito. E mi hanno spaccato un dito del piede», racconta. Invia su Telegram le immagini. Sul mignolo un solco da parte a parte, che è stato ricucito. Sull’unghia dell’alluce, un’ombra nera e un livido che interessa tutto l’arto. Ora è al sicuro in un ospedale militare ucraino. «Ma non scrivete dove mi trovo, tra pochi giorni sono di nuovo al fronte, rischio di essere giustiziato». Tossisce mentre parla. «Sto fumando troppo», dice. Per quasi venti giorni è stato rinchiuso in una cella. Bendato. Insieme ad altri due compagni. Gli chiediamo se sia stato violentato. «Le donne le tenevano da un’altra parte», risponde. «Non volevano informazioni particolari, sapevano già le risposte. Ci torturavano tanto per…». Artiom racconta per telefono di un compagno cui hanno sparato al ginocchio. «Poi i russi venivano a medicarci. Loro facevano la parte dei buoni». Ma c’è chi — secondo Artiom — è stato ucciso «perché ha provato a scappare». Non può dire oltre. «Quando ci hanno scambiato, mi hanno fatto firmare un foglio, non mettetemi in pericolo», chiede. Ora aspetta di essere richiamato per tornare in prima linea. «Non ho paura, voglio farlo». Della prigionia ricorda a tratti. «Ci davano da mangiare. All’inizio solo zuppa liquida, l’ultima settimana ci mettevano anche le patate». Non dice dove è stato catturato. «Scrivete solo nella regione di Kherson». Kherson, la città occupata dai russi fin dall’inizio dell’invasione. Kherson da cui scappano tutti. Kherson che soffre mentre le dicono che presto sarà annessa alla Crimea. «Costringono gli uomini della città ad andare a combattere con i russi. Poi ordinano alla popolazione di stare in casa. Anche quando hanno pubblicato le immagini delle manifestazioni pro Russia, prima hanno vietato tassativamente a tutti di uscire. Lo fanno perché non vogliono che nessuno veda». Artiom, in 18 giorni, più volte ha pensato di non farcela. «Dopo le percosse, ho perso i sensi in diverse occasioni. Quando mi riprendevo, chiedevo ai russi di poter chiamare la mia fidanzata per salutarla. Pensavo di star per morire. Ma non me l’hanno mai permesso». Via il telefono, via i documenti, via tutti gli effetti personali, quando Artiom e i suoi compagni sono stati presi, sono stati spogliati di tutto. «Avevamo dei materassi, e qualche giacca per coprirci», racconta ancora. Kherson, dove si consuma la furia di una guerra iniziata più di due mesi fa. «I russi cercano di convincere la popolazione che sono dalla loro parte. Distribuiscono cibo e cercano di sembrare buoni». Artiom che si prepara a tornare in prima linea dopo 18 giorni nelle mani del nemico. «E c’è ancora chi dall’Europa mi dice che non ci crede, che è solo propaganda. E io mi arrabbio. Urlo: guardate cosa mi hanno fatto». 25 aprile 2022 (modifica il 25 aprile 2022 | 21:28) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-04-25 19:29:00, Artiom, 23 anni, soldato semplice ucraino, da due anni e mezzo nell’esercito di Kiev, è stato catturato nella regione di Kherson e ha passato 18 giorni nella mani del nemico: «Mi hanno spaccato un dito del piede», Marta Serafini, inviata a Odessa

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