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Il massacro di Borodyanka, i racconti: sepolti vivi nelle cantine, morti come topi

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di Lorenzo Cremonesi

La città era stata catturata dai russi all’inizio della guerra, nell’avanzata verso Kiev. E adesso è stata liberata, emergono le storie drammatiche dei civili

DAL NOSTRO INVIATO

BORODYANKA «I russi hanno paura e quando sono spaventati diventano cattivi, crudeli, minacciano, uccidono e non hanno rispetto per la vita. Ci hanno impedito di salvare i nostri amici che chiedevano aiuto per giorni da sotto le macerie». Incontriamo la sedicenne Victoria Kasmirenko davanti alla sua casa di legno, una delle poche rimaste in piedi in questa città di rovine. Parla bene italiano. «Ogni anno vengo in vacanza da una famiglia di amici in Puglia». Non vuole esagerare, precisa più volte, solo dire al mondo che cosa è successo qui davanti a casa sua: «I soldati russi erano tutti molto giovani. Avevano piazzato il posto di blocco proprio di fronte alla nostra porta, ci parlavamo tutti i giorni. Era chiaro che erano terrorizzati. Giovani reclute che pensavano di dover fare delle esercitazioni militari a Karsoyak, in Bielorussia, e dalla mattina alla sera si sono trovati a combattere qui da noi». Lei non li giustifica. Anzi: «Noi a loro non avevamo fatto nulla. Ma continuavano a minacciarci senza motivo. Mio padre mi teneva chiusa in casa, temeva violenze sessuali, come sappiamo sono capitate qui attorno».

Borodyanka viene catturata subito dalle colonne russe in avanzata verso Kiev. Il 25 febbraio si combatte nelle periferie. Bruciano i palazzi più alti, le strade si riempiono di crateri di granate e macerie. Il traffico è paralizzato, i russi sparano a bruciapelo contro le auto di chi scappa, come testimoniano le carcasse abbandonate e poi schiacciate dai carri armati. «I pochi civili rimasti in città si sono nascosti come noi nelle cantine. Qui vicino stava anche Youra Kholavko, che ha 45 anni, assieme alla moglie Alona. Li conosciamo molto bene, mia mamma Ludmilla era sua amica sin dai tempi in cui erano compagne di scuola. Il 27 febbraio ci hanno telefonato, chiedevano aiuto, dicevano che una cannonata aveva abbattuto il loro palazzo e loro con altre quattro o cinque persone erano rimasti intrappolati in cantina. Sepolti vivi. Noi siamo corsi fuori, ma i russi non ci hanno lasciato andare. Per oltre una settimana ogni tanto chiamavano, erano disperati, morivano di fame e sete. La morte del topo. Ma i russi non ci hanno mai permesso di aiutarli. Adesso i pompieri tireranno fuori i loro cadaveri», dice piangendo di fronte alle macerie, che vengono scavate con cautela dalle squadre di soccorso. Una storia tragica tra le tante. Non è difficile raccoglierne in questi centri urbani distrutti.

Il calcolo delle vittime di queste sei settimane di guerra resta ancora elusivo. Ora che le strade diventano più agibili grazie al fatto che le unità russe che stavano nella regione di Kiev sono uscite dal Paese, ed è possibile raggiungere località sino a ieri paralizzate dal conflitto, emergono ovunque realtà di violenze e orrori che vanno capite e quantificate. Secondo gli abitanti a Borodyanka, i cadaveri sotto le macerie o sparsi nei campi potrebbero essere centinaia. Ci sono villaggi che non sono stati ancora visitati dalle squadre di soccorso. Secondo il sindaco di Hostomel, Taras Dumenko, mancherebbero all’appello 400 suoi cittadini, una quindicina bambini. «Potrebbero essere morti, ma alcuni anche rapiti», dice Dumenko, che sostituisce il sindaco eletto, assassinato dai russi all’inizio della guerra.

7 aprile 2022 (modifica il 7 aprile 2022 | 07:05)

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, 2022-04-07 05:19:00, La città era stata catturata dai russi all’inizio della guerra, nell’avanzata verso Kiev. E adesso è stata liberata, emergono le storie drammatiche dei civili , Lorenzo Cremonesi

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