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Guerre convenzionali  e guerre criminali

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Caro Aldo,

leggo l’editoriale di Dacia Maraini sui falsi miti di guerra e il commento di Vincenzo Camporini sull’impiego dei droni e l’etica. Quando sento parlare di regole in una guerra mi sembra sempre una grande ipocrisia. Non possiamo paragonarla a uno sport. La guerra è un delitto, a prescindere, per di più nel caso di un’aggressione, un’invasione, come quella russa in Ucraina. In un omicidio possiamo disquisire se l’assassino abbia usato un’arma lecita oppure no? Secondo me non è possibile, un assassino è un assassino, non ha regole. La polizia che lo dovrà catturare avrà dei limiti e delle regole da seguire; lui, purtroppo, no. Lei cosa ne pensa?

Renato Zennaro, Venezia

Caro Renato,

Non sono d’accordo. Le guerre, almeno in tempi moderni, non sono tutte uguali. Nell’Antico Regime non si combattevano i popoli, e neppure gli Stati, ma le dinastie, spesso imparentate tra loro. Le battaglie a volte erano grandi manovre tattiche, che talora si concludevano dopo poche cannonate, quando la parte che aveva manovrato peggio e si trovava in posizione svantaggiosa si ritirava. Solo con la Rivoluzione francese la guerra diventa un fatto di popolo e di ideologia. Si affrontano non solo due eserciti, ma due idee di civiltà e di società. I nemici della Rivoluzione francese difendevano la propria identità e i propri privilegi; e i rivoluzionari non ebbero nessuna pietà nell’affermare la propria fede e i propri valori. In Vandea si comportarono con i controrivoluzionari in modo non dissimile da quello con cui i crociati avevano sterminato gli albigesi, poco meno di sei secoli prima. La prima guerra mondiale conobbe atrocità mai viste: fu una guerra industriale, da milioni di morti, in cui fu usato anche il gas, purtroppo impiegato come arma letale anche dagli italiani in Abissinia. Ma la seconda guerra mondiale ebbe una carica ideologica che la prima non aveva conosciuto, da cui derivarono stragi indiscriminate tra la popolazione civile, soprattutto nell’Europa orientale, a opera delle SS tedesche e dei loro collaboratori, tra i cui macabri compiti c’era anche l’eliminazione fisica degli ebrei. La storia non si ripete mai due volte e il passato non torna mai. E la guerra è sempre orribile. Però in questi giorni si sono viste in Ucraina scene di crudeltà che richiamano le guerre nell’ex Jugoslavia, e che non hanno nulla di eroico, nulla di cavalleresco, e molto di criminale.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

Storia

«I profughi potrebbero ripopolare i nostri borghi»

Le guerre e le crisi rappresentano, sì, un grosso problema. Ma è anche vero che possono risultare utili a stimolare idee originali. Il dramma dei poveri profughi ucraini è sotto gli occhi di tutti. In Italia, dovrebbero esserne arrivati circa 70.000. Da tempo si parla dei nostri borghi, grande risorsa del Paese, ma in molti casi in via di spopolamento, a causa di molti fattori, analizzati anche da chi scrive. Il Governo se ne è accorto, e sta provando ad affrontare il problema. Allora provo a lanciare un’ idea: perché non pensare di destinare un po’ di profughi nei piccoli paesi interni semi vuoti? Mi si dirà che le case sovente non risultano abitabili. Certo. Ma visto che son previste risorse per favorire la rinascita dei borghi, perché non pensare a programmi di recupero, anche urbanistico, di alcune realtà? Ai quali programmi potrebbero partecipare anche i profughi medesimi. Che so, magari attivandosi come muratori per 60 giorni , contribuendo così a ricostruire una casetta dove poi alloggiare gratis per due anni. I piccoli centri potrebbero così accogliere un po’ di persone desiderose di vivere e di far bene, dopo i drammi legati all’esilio. Esistono problemi da risolvere, come far la spesa e riscaldare casa. Ma considerato che per accogliere 70 mila profughi comunque sono necessarie moltissime risorse, credo che esistano le basi per portare questa idea su qualche tavolo decisionale e per farla diventare realtà.

Salvo Iavaronewww.salvoiavarone.it

INVIATECI LE VOSTRE LETTERE

Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

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MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO

Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai. 

Invia l’offerta

GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA

Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

Segnala il caso

VENERDI -L’AMORE

Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

Racconta la storia

SABATO -L’ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

Invia la lettera

DOMENICA – LA STORIA

Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

Invia il racconto

LA FOTO DEL LETTORE

Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

Inviateci le vostre foto su Instagram all’account @corriere

, 2022-04-22 22:03:00,

Caro Aldo,

leggo l’editoriale di Dacia Maraini sui falsi miti di guerra e il commento di Vincenzo Camporini sull’impiego dei droni e l’etica. Quando sento parlare di regole in una guerra mi sembra sempre una grande ipocrisia. Non possiamo paragonarla a uno sport. La guerra è un delitto, a prescindere, per di più nel caso di un’aggressione, un’invasione, come quella russa in Ucraina. In un omicidio possiamo disquisire se l’assassino abbia usato un’arma lecita oppure no? Secondo me non è possibile, un assassino è un assassino, non ha regole. La polizia che lo dovrà catturare avrà dei limiti e delle regole da seguire; lui, purtroppo, no. Lei cosa ne pensa?

Renato Zennaro, Venezia

Caro Renato,

Non sono d’accordo. Le guerre, almeno in tempi moderni, non sono tutte uguali. Nell’Antico Regime non si combattevano i popoli, e neppure gli Stati, ma le dinastie, spesso imparentate tra loro. Le battaglie a volte erano grandi manovre tattiche, che talora si concludevano dopo poche cannonate, quando la parte che aveva manovrato peggio e si trovava in posizione svantaggiosa si ritirava. Solo con la Rivoluzione francese la guerra diventa un fatto di popolo e di ideologia. Si affrontano non solo due eserciti, ma due idee di civiltà e di società. I nemici della Rivoluzione francese difendevano la propria identità e i propri privilegi; e i rivoluzionari non ebbero nessuna pietà nell’affermare la propria fede e i propri valori. In Vandea si comportarono con i controrivoluzionari in modo non dissimile da quello con cui i crociati avevano sterminato gli albigesi, poco meno di sei secoli prima. La prima guerra mondiale conobbe atrocità mai viste: fu una guerra industriale, da milioni di morti, in cui fu usato anche il gas, purtroppo impiegato come arma letale anche dagli italiani in Abissinia. Ma la seconda guerra mondiale ebbe una carica ideologica che la prima non aveva conosciuto, da cui derivarono stragi indiscriminate tra la popolazione civile, soprattutto nell’Europa orientale, a opera delle SS tedesche e dei loro collaboratori, tra i cui macabri compiti c’era anche l’eliminazione fisica degli ebrei. La storia non si ripete mai due volte e il passato non torna mai. E la guerra è sempre orribile. Però in questi giorni si sono viste in Ucraina scene di crudeltà che richiamano le guerre nell’ex Jugoslavia, e che non hanno nulla di eroico, nulla di cavalleresco, e molto di criminale.

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Storia

«I profughi potrebbero ripopolare i nostri borghi»

Le guerre e le crisi rappresentano, sì, un grosso problema. Ma è anche vero che possono risultare utili a stimolare idee originali. Il dramma dei poveri profughi ucraini è sotto gli occhi di tutti. In Italia, dovrebbero esserne arrivati circa 70.000. Da tempo si parla dei nostri borghi, grande risorsa del Paese, ma in molti casi in via di spopolamento, a causa di molti fattori, analizzati anche da chi scrive. Il Governo se ne è accorto, e sta provando ad affrontare il problema. Allora provo a lanciare un’ idea: perché non pensare di destinare un po’ di profughi nei piccoli paesi interni semi vuoti? Mi si dirà che le case sovente non risultano abitabili. Certo. Ma visto che son previste risorse per favorire la rinascita dei borghi, perché non pensare a programmi di recupero, anche urbanistico, di alcune realtà? Ai quali programmi potrebbero partecipare anche i profughi medesimi. Che so, magari attivandosi come muratori per 60 giorni , contribuendo così a ricostruire una casetta dove poi alloggiare gratis per due anni. I piccoli centri potrebbero così accogliere un po’ di persone desiderose di vivere e di far bene, dopo i drammi legati all’esilio. Esistono problemi da risolvere, come far la spesa e riscaldare casa. Ma considerato che per accogliere 70 mila profughi comunque sono necessarie moltissime risorse, credo che esistano le basi per portare questa idea su qualche tavolo decisionale e per farla diventare realtà.

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Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

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Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

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Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

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Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

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Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

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, Aldo Cazzullo

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