Gli sfollati di Kherson temono la deportazione: «Un altro imbroglio russo»

Rabbia per il piano di Mosca. Belgorod, colpita centrale elettrica

DAL NOSTRO INVIATO
ZAPORIZHZHIA — Progetto umanitario per salvare la gente dalle bombe o trasferimento forzato dei civili? È polemica aperta tra Mosca e Kiev sulla proposta di spostare in Russia una parte cospicua della popolazione residente nel Kherson occupato e sempre più investito dall’offensiva ucraina nel settore meridionale.

«A noi sembra l’ennesimo imbroglio russo che alla prova dei fatti non porterà a nulla, ma che intanto serve a perseguitare la maggioranza della nostra gente decisa a resistere all’invasione e al tentativo di Putin di annetterci», raccontano gli sfollati del Kherson incontrati nei centri di assistenza qui a Zaporizhzhia.

Per il momento i contorni del piano restano incerti. L’unico elemento evidente è che, a solo due settimane dalla scelta di Putin di annettere la regione del Kherson (oltre a quelle di Zaporizhzhia, Donetsk e Lugansk) alla «madre Russia», le autorità di Mosca paiono non più in grado di garantire l’incolumità dei loro «nuovi cittadini», mentre l’esercito ucraino continua a posizionarsi per liberare nuove province.

Secondo il massimo esperto militare ucraino, Oleh Zhdanov, i russi sarebbero sempre meno certi di poter tenere il controllo sulla città di Kherson, l’arrivo di nuove batterie americane lanciamissili Himars nel settore pare stia rapidamente cambiando i rapporti di forza. A testimonianza delle accresciute capacità offensive ucraine si aggiunge anche il bombardamento ieri contro una stazione elettrica nei pressi della città di Belgorod, importante centro logistico militare nella Russia meridionale.

«Non sappiamo come i russi possano mettere in atto il trasferimento della popolazione. I passaggi sul Dnipro sono sempre più insicuri a causa dei continui bombardamenti ucraini: hanno messo fuori uso i ponti, prendono di mira chiatte e pontoni. I russi mostrano evidenti difficoltà nel portare rinforzi ai loro soldati, figuriamoci se hanno i mezzi e le capacità di organizzare un esodo ordinato di decine di migliaia di civili», osserva tra i tanti il 38enne Kostia Buglai, imprenditore nel campo dell’irrigazione agricola, che sta cercando di portare qui i due anziani genitori.

Intanto però i primi sfollati stanno arrivando nella regione di Rostov, mentre l’esercito russo ha quasi bloccato del tutto il passaggio verso Zaporizhzhia. La mossa era stata annunciata due giorni fa quando Vladimir Saldo, il governatore filorusso del Kherson, aveva lanciato un appello chiedendo aiuto per mettere in salvo i residenti nelle zone sempre più interessate dai bombardamenti ucraini. «Noi non spariamo sulle nostre popolazioni», replicano i comandi di Kiev, che accusano il governatore di essere «un traditore collaborazionista al soldo degli invasori».

La sua è una figura molto nota. Saldo era stato sindaco di Kherson dal 2002 al 2012 e molto vicino al partito pro-russo dell’ex presidente Viktor Yanukovich. Tornato tra i banchi dell’opposizione al consiglio municipale, in marzo era stato accusato dal partito del presidente Volodymyr Zelensky di avere attivamente facilitato l’avanzata del nemico e persino contribuito a boicottare i piani militari per la difesa della città, che prevedevano di fare saltare i ponti sul Dnipro. Quei ponti erano però rimasti intatti e, subito dopo la presa di Kherson, Mosca aveva promosso Saldo a capo della nuova amministrazione. Da allora la sempre più aggressiva guerriglia partigiana ucraina ha provato diverse volte ad assassinarlo, tanto che prima del referendum di fine settembre era brevemente fuggito a Rostov.

I pochissimi sfollati giunti nelle ultime ore qui a Zaporizhzhia testimoniano del caos in netto peggioramento. «I soldati russi paiono spaventati. Anche quando sono in libera uscita ormai girano in gruppi numerosi e con i mitra pronti a sparare. I rombi delle cannonate si avvicinano ai centri urbani. Le recenti avanzate ucraine stanno convincendo anche chi si era rassegnato a collaborare che questa occupazione potrebbe essere soltanto temporanea, nonostante la propaganda russa continui a sostenere il contrario», dicono Alexandra (33 anni) e Vladimir (39) Romanov. Loro figlia Diana ha 10 anni e avrebbe dovuto ricominciare a frequentare la scuola il primo settembre. «Ma nessuno di noi vuole che i nostri bambini seguano i programmi scolastici imposti dal ministero dell’Educazione di Mosca. Così le classi sono vuote e la scuola di Diana ha chiuso. Sino a quando siamo rimasti, lei e i suoi compagni seguivano da casa le lezioni per remoto che l’amministrazione ucraina ha organizzato appositamente per gli studenti nelle regioni occupate».

14 ottobre 2022 (modifica il 14 ottobre 2022 | 22:37)

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, 2022-10-14 22:01:00, Rabbia per il piano di Mosca. Belgorod, colpita centrale elettrica, Lorenzo Cremonesi

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