Diminuiscono del 10% le chiamate al centro antiviolenza

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È stato pubblicato il nuovo rapporto Istat sui Sistemi di protezione per le donne vittime di violenza (per gli anni 2021 e 2022). Sulla base di quanto pubblicato sono oltre 21mila le donne che hanno affrontato un percorso di uscita dalla violenza nel 2021: il 40% delle donne si è rivolta ai parenti per cercare aiuto, il 30% alle forze dell’ordine, mentre il 19,3% ha fatto ricorso al pronto soccorso e all’ospedale. 

Sono marcate le  differenze regionali: si ricorre al pronto soccorso/ospedale più di frequente in Lombardia, Basilicata e Umbria. Nel Lazio, invece, è più alta la percentuale di donne che si rivolgono anche ad altri servizi specializzati (13,5% delle donne del Lazio, a fronte di un 5% a livello nazionale). 

In Sicilia sono di più le donne che hanno contattato il 1522, ovvero l’help line promossa dal Dipartimento per le Pari Opportunità. (18% contro un dato nazionale pari al 6%), mentre in Basilicata è dell’86% la percentuale di donne che prima di andare al Cav si rivolge alle forze dell’Ordine (contro un 30% del totale nazionale) e al Pronto Soccorso/Ospedale (57% contro il 19% a livello nazionale). In Puglia è maggiore la quota delle donne che si sono recate ai servizi sociali (28% contro un dato nazionale del 15%). Significativa la quota di donne che si rivolge a figure professionali, come gli avvocati e gli psicologi) nelle Marche (29%; 12% a livello nazionale) e in Liguria (18%, rispetto al 9% a livello nazionale). 

Le donne con titoli di studio bassi e senza autonomia economica, invece, sono intercettate più facilmente da questi servizi. 

Il ricorso ai servizi specializzati o i professionisti (avvocati, psicologi) è invece più frequente nelle donne italiane con un diploma o una laurea, economicamente autonome, in genere più grandi di età, che acquisiscono informazioni e poi, prevalentemente in modo autonomo, si recano al Cav per iniziare il loro percorso di uscita dalla violenza. 

“l mondo della scuola, i consultori, il medico di medicina generale o il pediatra e le istituzioni religiose – continua il report – intercettano soltanto una quota residuale di donne, ma all’interno della rete possono comunque svolgere un ruolo importante non solo migliorando la capacità di individuazione del fenomeno ma veicolando anche il più possibile le informazioni sui servizi specializzati presenti sui loro territori”.

Nel 2022 si registra un calo del 10% delle chiamate valide al 1522 rispetto al 2021 (da 36.036 a 32.430), dovuto alla pandemia e dei lockdown. Il numero delle chiamate nel 2022, anche se in calo rispetto all’anno precedente, risulta comunque molto più elevato rispetto ai periodi pre-pandemia (nel 2019: era pari a 21.290, registrando quindi un aumento del 52,3%) e inizio-pandemia (nel 2020 31.688; +2,3%). In diminuzione anche le chiamate da parte delle vittime tra il 2021 e il 2022 (11.909; -26,6%)”.

Nel 2022 le vittime segnalate al 1522 sono donne nel 97,7% dei casi (11.632 sul totale delle 11.909 vittime). 

“Il 38,3% ha un’età compresa tra i 35 e i 54 anni e il 15,7% tra i 25 e i 34 anni. Nell’80,9% dei casi sono italiane e nel 53% dei casi hanno figli”. 

La violenza riportata è soprattutto la violenza psicologica (77,8%), seguita dalle minacce (54,5%) e dalla violenza fisica (52,3%). Nel 66,9% dei casi vengono segnalate più tipologie di violenze subite dalle vittime. 

La violenza riportata alle operatrici del 1522 è soprattutto una violenza nella coppia: il 50% da partner attuali, il 19% da ex partner e lo 0,7% da partner occasionali.  Dalle informazioni raccolte dalle operatrici del 1522 risulta che la maggior parte delle vittime donne dichiara di non aver denunciato la violenza subita (8.056, 69,3%) per paura della reazione del violento (20% dei casi), o per non compromettere il contesto familiare (18,5% dei casi). Ma persiste una parte consistente (7,1% dei casi) che non procede alla denuncia perché non ha un posto sicuro dove andare 

In Italia, nel 2021, risultano attivi in Italia 373 Centri antiviolenza, un’offerta pari a 0,06 Centri ogni 10mila abitanti e a 0,12 Centri ogni 10mila donne. 

 Per quanto riguarda le case rifugio, invece, nel 2021 risultavano attive 431 case, pari a 0,14 Case ogni 10mila donne e 1,85 Case ogni 10mila donne vittime di violenza. “Nelle regioni del Nord-ovest si trova il 40,4% delle Case rifugio, il 22,7% nel Nord-est, il 13,5% al Sud, il 12,3% nelle Isole e l’11,1% nel Centro. Rispetto alla popolazione femminile del territorio, l’offerta delle Case rifugio è maggiore al Nord-ovest (0,21 Case ogni 10mila donne) e più bassa al Centro e al Sud (0,08)”. 

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