Il diktat di Zein, la figlia di Assad: Attenti, non aiutate in quelle zone

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di Francesco BattistiniSui social la 19enne figlia dei dittatore chiede di escludere le aree in mano agli oppositori. Le bombe dopo il sisma nelle aree dei ribelli. I soccorsi internazionali bloccati Le scosse, i morti, il buio, il gelo, la fame, la paura. E Assad. Delle sette piaghe di Siria, l’ultima la peggiore. Due minuti di terremoto son riusciti a finire il lavoro di dodici anni di guerra, seppellendo i pi sfortunati che gi vivevano sigillati nei campi profughi e nelle citt di cartone, ma il regime di Bashar al-Assad sa bene come peggiorare il peggio: poche ore dopo il sisma, quando ancora si levavano colonne di polvere dalle case distrutte, mentre a mani nude si scavava per tirare fuori cadaveri e feriti, l’esercito siriano ha bombardato. Raid e cannonate su Marea, 25 km a nord di Aleppo. Un attacco davvero insensibile e atroce, denuncia il governo inglese: Bombardamenti del tutto inaccettabili — dice il ministro degli Esteri, James Clevergy —, il metodo di comportamento d’un regime che ben conosciamo. E che usa ogni mezzo: sul profilo Instagram di zzzeiiinnn, che poi sarebbe Zein al-Assad, 19 anni, ecco il bombardamento social della seconda figlia del dittatore. La ragazzina ha sempre vissuto a Londra con mamma Asma, costose scuole e una passione per il cachemire, e in un post trova il modo di mettere sul chi va l i suoi follower, citando un link di raccolta fondi per i terremotati d’Idlib, una delle citt pi colpite (e per controllate dai ribelli): Per favore — scrive Zein —, attenti a quelli a cui donate. Questo un gruppo che sostiene terroristi a Idlib. Le donazioni non andranno ad Aleppo, a Latakia o a Hama (che sono invece in zone sotto il governo di Assad). Nessuna piet. N per i morti, n per i vivi. La distruzione siriana resta nel cono d’ombra. D’un regime che rifiuta gli aiuti, perch diretti in regioni dell’opposizione. D’una Turchia nel caos che ha chiuso le frontiere e, in questo momento, non pu pensare a far passare i soccorsi diretti nel paese vicino. D’una comunit internazionale paralizzata dalle sanzioni imposte ad Assad, incapace d’entrare in un’emergenza catastrofica. Ci sono almeno 250 villaggi rasi al suolo, decine di campi profughi devastati, 400 localit colpite, in ginocchio Aleppo, Hama, Latakia, Idlib. C’ una cittadina, Harem, che conta un morto ogni venti abitanti. E Jeindreis, 25 mila persone e pi di mille vittime. Nessuno ci va, a parte il nunzio apostolico Mario Zenari, Sant’Egidio e qualche missionario, o i volontari della Mezzaluna rossa, tutti concordi nel chiedere una sola cosa: sospendere le sanzioni, consentire i soccorsi a chiunque, lealisti e oppositori, arabi e curdi, musulmani e cristiani. Le zone ribelli, le pi colpite — 5 milioni di persone, met delle quali gi sfollate durante la guerra —, soffocano in un puzzle di microaree controllate ora dalle milizie filoturche, ora dai soldati di Assad, ora da gruppi jihadisti o che rispondono agl’iraniani. Non arriva nulla: l’unico valico aperto al mondo era quello di Bab al-Hana, al confine turco, ma pieno di macerie e da due giorni chiuso anche quello, causa neve. Per di pi, la Turchia non consente che passino aiuti non catalogati, non etichettati, non registrati. Ha gioco facile il dittatore, cos, quando maramaldeggia facendo dire dal suo ambasciatore all’Onu, Bassam Sabbagh, che tutti gli aiuti verranno distribuiti, ma dovranno prima passare per Damasco. O propone per bocca del ministro degli Esteri, Faisal Mekdad, di togliere le sanzioni. Americani e inglesi, francesi e tedeschi non vogliono che Assad tocchi un solo camion d’aiuti. Non c’ un’ambasciata occidentale, in Siria, e anche il governo italiano sta cercando di bypassare i divieti d’aiuto ricorrendo a gruppi privati. La diaspora spedisce dollari da Usa, Europa, Australia. Ma usare questi soldi impossibile, dice l’ong Molham, che ha pure raccolto su Instagram un milione e mezzo di euro: Se non si sta con Assad, non si fa nulla. Nove siriani su dieci erano sotto la soglia di povert, prima di luned. Ora, chiss. 7 febbraio 2023 (modifica il 7 febbraio 2023 | 23:36) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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